Mercoledì, 15 Giugno 2016 18:12

'Darsi Parola', la scuola di politica dei centri antiviolenza quest'anno a L'Aquila

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Si terrà a L'Aquila dal 17 al 19 giugno prossimo, presso il Dipartimeno di Scienze umane, il terzo seminario nazionale della scuola di politica "Darsi parola" a cui parteciperanno circa 150 donne dei centri antiviolenza di tutta Italia legati alle Donne in Rete contro la Violenza (D.I.Re)

"L'abbiamo chiamata scuola - spiega Orietta Paciucci del Centro Antiviolenza aquilano e membra del Consiglio regionale di Dire - perché questa è una formazione permanente per le operatrici dei centri anti violenza che cercano di fuggire dalla violenza degli uomini. Operatrici che sono figure professionali qualificate ad hoc e vengono da un percorso femminile e femminista, che vuol dire fare politica per e con le donne".

"La scuola inoltre - ha proseguito Paciucci - serve a rafforzare il tratto comune dei centri antiviolenza per definire un'identità e una prassi comune nell'accoglienza e per formare le più giovani a quella che è la politica delle donne. In questo momento ne abbiamo bisogno perché al di là dello sbandierato interesse dei media dopo gli ennesimi fatti di cronaca, le Istituzioni non stanno compiendo azioni tese a scardinare il problema".

"Saranno giornate di formazione importanti - sottolinea Lina Faccia del Centro antiviolenza aquilano - che serviranno anche a tracciare una differenza tra noi e tante altre strutture che si improvvisano. In più, la scelta dell'Aquila è un riconoscimento al nostro centro".

"La metodologia dell'accoglienza, non è codificata dentro manuali - continua l'avvocata Simona Giannangeli - non c'è una carta specializzante a tal proposito. Serve piuttosto a segnare, in maniera critica, la formazione di un'operatrice che significa porsi senza alcuna vocazione davanti ad un'altra donna come lei, a partire dal corpo che ognuna abita. Come operatrici si parte da questo, altrimenti l'approccio sarebbe assistenziale e non politico".

Nell'aquilano sono solo nove i posti riservati a donne in case rifugio, un numero davvero esiguo e per lo più destinato alla protezione dei minori e quindi a sole donne madri. Una mancanza di risorse e strutture che diventa frustrante per i centri antiviolenza, a volte costretti ad improvvisare finendo per esporsi a rischi ancora più grossi.

Lo stesso "codice rosa" recepito dalla Regione e introdotto nei pronto soccorso per chi è vittima di violenza, è una misura incompleta: "Se da un lato si cerca di indurre la donna a denunciare la violenza da parte del suo compagno, dall'altro, sul territorio, non la si mette realmente in condizione di farlo, dato che mancano strutture come le case di prime accogilenza".

Insomma dal punto di vista del Centro antiviolenza, le risorse messe a disposizione dalle istituzioni per combattere la violenza sulle donne, come le politiche messe in campo, risultano ancora del tutto insufficienti, al di là delle manifestazioni di sconcerto e cordoglio che stanno accompagnando le ultime vittime e, tra le altre, Sara Di Pietrantonio, uccisa e bruciata a Roma dal suo ex compagno.

 

Ultima modifica il Mercoledì, 15 Giugno 2016 19:11

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