Lo scorso aprile un parere del Consiglio di Stato ha dato via libera al decreto sulla riorganizzazione delle società partecipate, uno dei decreti attuativi della riforma della Pubblica Amministrazione firmata dal ministro Madia.
Il provvedimento dovrebbe razionalizzare la giungla delle 8 mila aziende pubbliche controllate dallo Stato e dagli enti locali. Quelle partecipate direttamente da un’Amministrazione locale (Comune, Provincia, Regione, ecc.) sono oltre 3 mila.
Questo, almeno, è il conteggio effettuato da OpenPartecipate, un’applicazione studiata per rendere maggiormente fruibili le informazioni dei soggetti partecipati locali, così come rilevati dal Sistema Conti Pubblici Territoriali.
L'applicazione censisce la galassia delle partecipate attive nel 2013 nelle regioni italiane, con le eccezioni di Lombardia, Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Trento, che hanno scelto di non rendere pubblici i dati.
Uno sguardo di insieme
I valori medi delle 3267 aziende partecipate locali dicono che la maggior parte di esse è di media dimensione, ove per dimensione si intende il valore totale della spesa finanziaria di cassa al netto del rimborso di prestiti.
Rispetto a una media nazionale di 17,4 milioni di euro, in cima alla classifica ci sono i colossi emiliani Hera (4,8 miliardi di euro) e Iren (3,6 miliardi), seguite dalla romana Acea (3,5 miliardi), tutte aziende multiservizi.
Sempre i valori medi dicono che le partecipate degli enti locali hanno una scarsa propensione agli investimenti: le spese in conto capitale rappresentano appena il 7,6% delle spese totali. Ben più alta, invece, è la percentuale delle spese riservata al personale, che si attesta su una media del 26,6%. Cifra consistente ma più bassa del valore soglia del 30%, sotto il quale si può parlare di “spesa ridotta”.
I dati non sembrano suffragare l'immagine diffusa delle partecipate locali come meri “stipendifici”, anche se a volte lo stereotipo è più che giustificato. Come nel caso dell'Ente forestale della Sardegna, che spende per il personale oltre l'80% delle proprie risorse, 174 milioni di euro, destinando un magro 3% agli investimenti.
Un'altra isola, la Sicilia, detiene invece il record di ente locale con il maggior numero di partecipazioni: oltre 60, seguita da Campania (55) e Veneto (43).
Quest'ultima è anche la Regione con il più alto numero di partecipate (423), seguita da Emilia Romagna (354), Piemonte (300) e Toscana (293).
L'Abruzzo
In Abruzzo le società partecipate sono 140, numero piuttosto alto in rapporto alla popolazione: il Lazio, che ha oltre il triplo degli abitanti, ne ha dieci di meno, 130.
La dimensione media delle partecipate abruzzesi è abbastanza piccola, 5,9 milioni di euro: la più grande è Arpa (ora confluita in Tua) con 96,5 milioni di euro, le più piccole l'Istituto per la storia della resistenza e Majella spa, rispettivamente con 7,6 e 3,5 mila euro.
Gli enti che detengono più partecipazioni sono la Regione Abruzzo (37), il Comune dell'Aquila (10) poi quelli di Pescara e Chieti (entrambi con 8).
Per quanto riguarda la ripartizione delle spese, in media le partecipate abruzzesi destinano agli investimenti appena il 7,1% delle proprie spese. Di contro risulta nella media nazionale la spesa per il personale: 28,8%.
In alcune società, tuttavia, tale valore supera, anche abbondantemente, il 60%, il valore soglia oltre il quale la spesa per questa voce di bilancio può definirsi elevata.
Il record negativo spetta al Ciapi (ente di formazione con sede a Chieti, peraltro in crisi da tempo), che destina al pagamento degli stipendi ben l'82,3% delle proprie spese. Seguono la Notaresco sociale (77,5%), l'Agena (71,7%) e il Sed, il Servizio elaborazione dati del Comune dell'Aquila (71,7%). Tra le aziende che sforano il 60% anche l'Arta (66,1% a fronte di un 10,7% destinato agli investimenti) e il Tsa. Quest'ultimo ha un volume di spesa complessiva di 1,6 milioni, il 60,3% delle quali se ne va per pagare gli stipendi del personale mentre appena lo 0,1% per gli investimenti.
Se invece guardiamo a questi ultimi, è l'Ato 6 di Chieti l'azienda con la più alta percentuale di spese in conto capitale (67,7% su un totale di 1,3 milioni), seguita dall'Arit, l'Agenzia regionale per l'informativa e la telematica (65% su 6 milioni) e dall'Ater Teramo (53% su 7,4 milioni).
Comune dell'Aquila
Sono 10, come detto, le società controllate o partecipate dal Comune dell'Aquila: Gran Sasso Acqua, Ama, Asm, Afm, Csa, Centro turistico Gran Sasso, Sed, Tsa, Atam e Fondazione premio Michetti.
La più grande è l'Asm, con 23,4 milioni di spesa, solo il 3% dei quali, però, è impiegato per gli investimenti, a fronte del 33% per il personale. Seguono la Gran Sasso Acqua (15 milioni, 16,9% di investimenti e 27% di spese per il personale) e l'Ama (11 milioni).
L'Ama ha una quota di spesa riservata agli investimenti ancora più bassa di quella dell'Asm: l'azienda dei trasporti aquilana destina appena l'1% delle proprie risorse alle spese in conto capitale mentre ne spende quasi la metà (47%) per pagare gli stipendi dei propri dipendenti.
Nessuna sorpresa, se le cifre sono queste, che le due aziende abbiano un parco macchine obsoleto, che gli autobus dell'Ama siano vecchi e inquinanti e che l'Asm non abbia mezzi a sufficienza per assicurare un servizio di raccolta differenziata efficiente e capillare.
Situazione non troppo diversa per il Centro turistico del Gran Sasso: su 3,2 milioni solo il 7% viene usato per gli investimenti a fronte del 33,9% che serve per pagare gli stipendi.