Giovedì, 30 Giugno 2016 15:16

Turismo a L'Aquila: ma non era strategico? Il dramma dell'accoglienza

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Era il 2012 quando all'Aquila si accese un intenso, a tratti aspro, dibattito pubblico intorno alla ricerca "L'Aquila 2030: una strategia di sviluppo economico", presentata da Antonio Calafati, ex coordinatore del corso di Urban studies al Gran Sasso Science Institute, economista urbano e già consulente di Fabrizio Barca ai tempi in cui quest'ultimo era ministro della Coesione territoriale.

Lo studio di Calafati, basato su una attività di ricerca interdisciplinare, nel campo dello sviluppo economico dei sistemi territoriali, affermava piuttosto perentoriamente che lo sviluppo del tessuto economico della città-territorio aquilana non si dovrebbe basare sul turismo, ma dovrebbe puntare essenzialmente su politiche di sviluppo intorno al concetto di città di conoscenza (università, alta formazione, etc.).

Se ne parlò per settimane, con il sindaco Massimo Cialente che ebbe un grande scontro con Calafati, e diversi interventi della politica che criticarono la conclusione "contro il turismo" dell'accademico di origine marchigiana. Intervenne persino un monsignore - Orlando Antonini, lo stesso che da sempre "spinge" per la questione di Porta Barete - a "redarguirlo", non si sa bene a che titolo [leggi l'articolo]. Da allora sono passati tre anni, e fiumi di soldi per una presunta "ricostruzione economica e sociale" che, attualmente, sembra solo aver allargato vistosamente la forbice sociale tra nuovi milionari e classi medie, sempre più vicine all'indigenza.

Ma l'amministrazione, che allora battè il pugno sul tavolo perché "L'Aquila dev'essere una città a vocazione turistica", come sta agendo, oggi, per smentire con i fatti le teorie di Calafati? Senza pianificazione, senza fondi, senza strategie e, se possibile, in modo ancora peggiore rispetto a qualche anno fa.

Senza addentrarci in ragionamenti troppo complessi in tema di sviluppo e progresso del turismo, consideriamo la semplice accoglienza "istituzionale", ossia i punti per il reperimento delle informazioni, posizionati in tutto il territorio italiano, e spesso anche in paesi e cittadine ben più piccole e potenzialmente meno attraenti del capoluogo abruzzese.

iatL'ufficio Informazioni e accoglienza turistica (Iat) della Regione Abruzzo, fino a qualche mese fa confinato - per usare un eufemismo - in un container nel parcheggio dello stadio di Acquasanta (foto a sinistra), si è trasferito da poche settimane in un palazzo ricostruito su Corso Vittorio Emanuele, aperto dal lunedì al venerdì e (incredibilmente) chiuso nel fine settimana. E inoltre, nessuno pare sapere della sua esistenza.  Forse nemmeno la stessa Regione, visto che nell'elenco degli uffici abruzzesi su abruzzoturismo.it viene ancora indicato ad Acquasanta.

Come si pretende che lo sappia il turista? Forse se lo staranno chiedendo anche le centinaia di pensionati in questi giorni all'Aquila per la festa del sindacato di categoria, o se lo chiederà chi arriverà in città la prossima settimana per il Festival della Partecipazione.

Ancora peggio va al Welcome point di piazza Duomo: costruito nell'era di Biagio Tempesta, come innesto moderno a contorno del defunto terminal di Collemaggio, ha vissuto anni di attività altalenanti. Nell'ultimo biennio è stato aperto solo i fine settimana (con esclusione della settimana della Perdonanza) a causa del contributo esiguo che il Comune rilascia al Touring Club, che riesce a fatica ad aprirlo. In questa stagione - ultimo giorno di giugno - ancora non si sa se riuscirà ad inaugurare a luglio, anche se, a quanto si apprende, è probabile che riaprirà i battenti nelle prossime settimane, con modalità analoghe a quelle dei due anni passati.

"Vogliamo la riapertura del Welcome point - ha auspicato l'assessore comunale con delega al turismo, Giovanni Cocciante - ma tutto è ancora legato al precario bilancio comunale. Contiamo di riaprirlo nel corso delle prossime settimane".

Ma un'amministrazione che ha fatto una imponente levata di scudi quando qualcuno - a prescindere che abbia o meno ragione - ha osato dire che L'Aquila non abbia una vocazione turistica, non dovrebbe coerentemente destinare risorse economiche importanti in un settore che, almeno per bocca della classe dirigente, è strategico per lo sviluppo futuro della città e del suo territorio?

Come si fa a parlare di "innovazione" del Distretto turistico del Gran Sasso, quando la città capoluogo di regione non riesce neanche a mantenere aperto un ufficio informazioni?

Ultima modifica il Giovedì, 30 Giugno 2016 16:56

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