Venerdì, 29 Luglio 2016 10:44

Referendum costituzionale, Esposito: "Se vince il No meglio nuove elezioni"

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Mi sento di escludere che prima del referendum costituzionale si possa arrivare a una modifica dell'Italicum. Se dovesse vincere il no? Credo che, quando un governo nato per fare le riforme, sottopone queste ultime ai cittadini e i cittadini le bocciano, il presidente del Consiglio debba prenderne atto. In caso di dimissioni del governo secondo me dovrebbe esserci il voto”.

A parlare è l'onorevole Stefano Esposito, senatore del Partito democratico, vicepresidente della commissione Lavori pubblici e comunicazioni ed ex assessore ai Trasporti a Roma nella giunta di Ignazio Marino.

Esposito ha partecipato, qualche giorno fa, a un incontro sulla riforma costituzionale - organizzato da Rifare l'Italia Abruzzo (associazione che fa capo al ministro della Giustizia Andrea Orlando) - tenutosi all'Aquila nella sala consiliare del Comune.

Da qualche settimana, più precisamente dalle elezioni amministrative – che hanno lanciato un segnale abbastanza chiaro – l'atteggiamento del Pd e dello stesso Renzi nei confronti del referendum confermativo del prossimo autunno sembra essere cambiato.

La linea, ora, come ha scritto anche Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera, è quella del “basso profilo”. Il premier e il partito hanno abbassato i toni, la volontà è quella di avvicinarsi all'appuntamento elettorale del prossimo autunno parlando e ragionando il più possibile dei contenuti della riforma, andando nel merito delle questioni evitando di personalizzare il voto.

La minoranza dem, tuttavia, continua a chiedere una correzione dell'Italicum. Ma, secondo il senatore Esposito, una revisione della legge elettorale non sembra essere calendarizzabile. Prima di tutto per una questione di tempi – dopo la pausa di agosto la priorità sarà anzitutto l'approvazione della legge di Stabilità – e, in secondo luogo, anche per motivi di opportunità politica.

“Trovo discutibile” afferma Esposito “che si ragioni sulla modifica della legge elettorale per paura della vittoria di un partito. Bisogna avere rispetto e fiducia nelle scelte degli elettori, non si mette mano alla legge elettorale perché si ha timore che i 5 Stelle possano vincere. Il Movimento 5 Stelle è un avversario ma è un soggetto democratico. Non si cambiano le leggi elettorali per impedire a qualcuno di governare”.

Secondo Esposito il combinato disposto Italicum – ddl Boschi non creerebbe affatto i presupposti per una deriva autoritaria del sistema, come sostengono gli oppositori della riforma: “Con quest'ultima” spiega Esposito “rimarremmo sempre nel campo della democrazia parlamentare. E' una riforma che non tocca i poteri del presidente della Repubblica e che rafforza la possibilità per il Governo di attuare il programma, semplificando l'iter legislativo. Oggi abbiamo leggi che rimbalzano tra Camera e Senato anche per un anno o mezzo. C'è un eccesso di conservazione nel pensare che le cose vadano bene così. La capacità di legiferare del parlamento non corrisponde più alla velocità che che preso il mondo ha preso”.

La qualità della produzione legislativa, a dire il vero, dipende anche e soprattutto dal grado di competenza e preparazione dei parlamentari, oggi in crisi di legittimazione e credibilità.

“Questo è sicuramente uno dei temi che l'attuale classe politica deve affrontare” afferma Esposito “La scarsa fiducia nei politici è dovuta in parte alla difficoltà di uscire da una crisi che colpisce duramente i cittadini ormai da nove anni. Le persone non vedono più nella politica il soggetto in grado di dare delle risposte. Detto questo, noi siamo lo specchio delle classi dirigenti del Paese. In parlamento ci sono anche molte persone capaci e competenti. E' il sistema ad essere complesso nella sua gestione. Ora una legge per arrivare in parlamento deve prima ottenere la bollinatura da parte della Ragioneria dello Stato. Se una legge non ha copertura finanziaria, anche se è una buona legge, non viene approvata. Questo è uno stravolgimento della Costituzione”.

Cosa accadrà se dovesse vincere il no? Si andrà a nuove elezioni oppure a un governo tecnico di breve durata?

“Penso che non bisogna personalizzare il risultato del referendum” afferma Esposito “Credo che quando un governo nasce per fare le riforme e le sottopone ai cittadini, se i cittadini le bocciano il presidente del Consiglio debba prenderne atto. Io non appartengo alla categoria dei parlamentari che credono che le larghe intese siano la soluzione giusta. Credo invece che di fronte alle dimissioni del governo debba esserci il voto”.

In caso di bocciatura del referendum, per il Pd, già rimasto scottato dall'esito delle elezioni amministrative, non sarà più rinviabile quella riorganizzazione interna invocata a più riprese dalla minoranza.

Hanno fatto molto rumore le dimissioni di Fabrizio Barca dalla commissione che avrebbe dovuto riformare il partito. “Nel Pd le appartenenze e le fedeltà valgono più delle competenze e delle idee” ha detto l'ex ministro, che ha gettato la spugna parlando di “partito irriformabile”.

“Barca dice delle cose che condivido” chiosa Esposito “E' venuta meno la lealtà. Non condivido, però, la scelta di abbandonare partendo dal presupposto che sia tutto irriformabile. Io credo invece che sia riformabile ma credo anche che bisogna avere il coraggio di tornare a chiamare le cose con il loro nome e di tornare a fare una battaglia politica nelle cose in cui si crede, non con una logica di fedeltà a questo o quello ma di lealtà alla casa”.

Michele Fina: "Questa riforma doveva essere fatta molti anni fa"

“Dopo le amministrative si è caricato il referendum di questioni che esulano dal referendum stesso. Bisogna fare lo sforzo di tornare al merito delle proposte che dovremo votare”.

A dirlo, nel corso dell'incontro della scorsa settimana, è stato Michele Fina, ex segretario provinciale del Pd dell'Aquila, ora collaboratore del Guardasigilli Andrea Orlando al ministero della Giustizia.

“Questi incontri” ha detto Fina “servono proprio a raccogliere punti critici di persone che hanno magari la loro convinzione o la stanno formando però sono disposte a guardare anche le problematiche della propria posizione. Credo che questo aiuti da una parte a capire qual è il merito della riforma e dall'atra a comprendere quali sono le implicazioni politiche, non quelle politiciste, del voto referendario, le conseguenze che esso avrà per il Paese. Che cosa sarà, insomma, l'Italia dopo il voto”.

Anche Fina, come Esposito, pur non essendo contrario, in linea di principio, a una riapertura della discussione sull'Italicum, è dell'opinione che una revisione della legge elettorale fatta prima del referendum potrebbe essere vista unicamente come un tentativo di ostacolare o impedire un'ipotetica vittoria dei Cinque Stelle alle politiche: “Le Costituzioni sono durevoli, mentre le leggi elettorali sono sempre in discussione, perché debbono modellarsi ai sistemi politici. Non mi spaventa che si sia riaperta una discussione sulla legge elettorale. I dibattiti sulle leggi elettorali non si possono mai chiudere perché non c'è una legge elettorale perfetta. Detto questo, non condivido una discussione che tenda a premiare una forza politica o a punirla in ragione delle sua forza elettorale”.

L'Italicum abbinato alla riforma costituzionale, secondo Fina, non creerebbe squilibri: “La riforma non tocca i poteri del presidente del Consiglio e del Governo, anzi dà al parlamento alcuni strumenti di controllo e di certezza nel processo legislativo che saranno sostitutivi delle tante deroghe che dobbiamo usare adesso per governare, come il ricorso ai decreti legge o ai voti di fiducia. Forzature che dovrebbero essere delle eccezioni ma sono diventate invece la regola proprio perché il sistema non funziona più”.

E in caso di vittorio del No, cosa accadrà?

“E' vero che Renzi ha detto che si dimette” afferma Fina “ma parlare delle sorti del governo ora significa violare le prerogative del presidente della Repubblica. Certo, una vittoria del No sarebbe una bocciatura ad un esame che questo paese e la politica ha rinviato per molti anni. Questa riforma, infatti, si sarebbe dovuta fare già molti anni fa. Ora si fa in concomitanza con il governo Renzi, ma non si fa perché c'è Renzi al governo. Quando venne rieletto Napolitano, nel 2013, tutta la politica prese un impegno, quello di fare alcune riforme. Venir meno a quell'impegno metterebbe in dubbio la credibilità di tutto il sistema. Se passa questa riforma, si potranno tenere elezioni politiche e non è detto che le vinca Renzi. Se la riforma non viene approvata rinvieremo ancora un esame che dovevamo tenere molti anni fa. Si deve ragionare sulle implicazioni che il voto ha per il Paese, come si è fatto in Inghilterra con la Brexit il giorno dopo il referendum. Più che ragionare sulle sorti di Cameron, gli inglesi hanno scoperto che Brexit era una cosa che li riguardava tutti e non riguardava solo il leader che governava in quel momento”.

Ultima modifica il Venerdì, 29 Luglio 2016 11:53

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