Venerdì, 22 Marzo 2013 17:00

Casapound vs. Anppia, per Aleandri vittoria a metà

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Si è svolta stamane l'udienza conclusiva nel processo per diffamazione che ha visto coinvolto sul banco degli imputati Alberto Aleandri, commerciante noto in città e tra i fondatori dell'ANPPIA (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti) di L'Aquila.

I fatti risalgono a circa due anni fa. Il 12 febbraio 2011 la sezione aquilana di Casapound organizzò una manifestazione in memoria delle vittime delle foibe. Nei giorni precedenti apparvero su tutto il percorso della manifestazione locandine firmate dall'ANPPIA in cui – tra le altre cose – era scritto «Il raduno neo-nazista di Casapound all'Aquila è un'offesa per i 309 martiri del terremoto».

Nei giorni successivi Casapound si affrettò a condannare a mezzo stampa il contenuto di quei manifesti e successivamente si diresse in procura per una querela contro ignoti. Aleandri fu successivamente identificato dalla Procura di L'Aquila come probabile autore materiale dei manifesti. Oggi, però, è stato assolto dall'accusa di aver affisso i manifesti oggetto del processo perché “il fatto non sussiste”, ma è stato condannato alla pena pecuniaria di mille euro per aver riportato quel manifesto sul suo profilo Facebook e contestualmente aver dato dei “neo-fascisti” agli esponenti di Casapound. Un verdetto "a metà", dunque, le cui le motivazioni usciranno nei prossimi giorni.

Al di là del dibattimento processuale, un dato di fatto è la forte propensione alla denuncia di Casapound Italia, partito che si è candidato anche alle ultime elezioni politiche (raccogliendo lo 0,14%). A L'Aquila infatti non è la prima volta che il gruppo di estrema destra querela esponenti dell'associazionismo e della politica locale: è già successo infatti ai danni di Francesco Marola, Fabio Pelini ed Enrico Perilli, esponenti di Rifondazione Comunista, denunciati da Casapound per alcune frasi diffuse in un comunicato stampa del Prc.

Permangono dubbi nei riguardi di una sentenza che da un lato assolve Alberto Aleandri e dall'altro lo condanna per aver dato via Facebook dei “neo-fascisti” a esponenti di un partito che si definiscono essi stessi “fascisti del terzo millennio”.

Durante la sua arringa l'avvocato di Aleandri, Simona Giannangeli, ha ricordato come diverse sentenze della Corte di Cassazione abbiano sottolineato come sia legittimo dare del “fascista” a esponenti di partiti dell'estrema destra. In particolare, la sentenza 19449 dell'8 gennaio 2010 afferma che «sussiste l’esimente dell’esercizio del diritto di critica storica e politica» nel caso in cui si utilizzino «le espressioni “nazifascisti” e “neonazisti”, in quanto, alla luce dei dati storici e dell’assetto normativo vigente durante il ventennio fascista […] la qualità di “fascista” non può essere depurata dalla qualità di razzista e ritenersi incontaminata dall’accostamento al nazismo».

Ultima modifica il Lunedì, 25 Marzo 2013 18:04

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