Domenica, 06 Novembre 2016 20:38

Elezioni 2017: aspettando il referendum poche idee e pure confuse

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Poche idee e pure confuse, a 6 mesi dalle elezioni amministrative.

Il quadro politico è 'congelato', dovessimo definirlo con una parola, segno che, in questi anni, oltre l'attività amministrativa, nessuno è stato in grado di costruire un percorso davvero lineare e credibile: non il Partito Democratico, imbrigliato dalle spaccature interne e da una battaglia che è valoriale oltre che generazionale; non la sinistra, che ha finito per perdere identità stando in coalizione pur mantenendo un atteggiamento critico su alcune questioni cruciali; neanche le esperienze civiche, che pure avevano portato una ventata di novità in Consiglio comunale e che sembrano aver perso, però, la spinta 'dal basso' che l'aveva caratterizzate nel 2012; figurarsi il centrodestra, che mai ha ritrovato unità in questi anni mostrando anzi atteggiamenti persino remissivi in alcuni momenti, per non dire del Movimento 5 Stelle, dilaniato da polemiche e divisioni tra meet up.

Certo, il referendum confermativo sulla riforma Costituzionale del 4 dicembre prossimo è appuntamento che, oramai, sottende a significati politici, sociali e persino economici talmente profondi che, vinca il Si oppure il No, finirà per sparigliare comunque le carte sul tavolo della politica nazionale e, di conseguenza, al livello locale. Ma non può ridursi tutto a questo.

Si naviga a vista, in realtà.

L'abbiamo scritto spesso: il PD è l'unico partito davvero strutturato, in città. In questi anni, la rinnovata classe dirigente è riuscita a rifondarlo, coinvolgendo tanti giovani. Con il livello istituzionale, però, il confronto non è stato mai semplice, anzi. E la 'battaglia generazionale', che non è soltanto una questione anagrafica evidentemente, ha fatto il resto. Così, il Pd non ha saputo dar vita ad un percorso politico chiaro, condiviso, fatto di un programma definito, capace di individuare, naturalmente, le personalità giuste per dare continuità, nel necessario rinnovamento, al decennio di governo Cialente. 'Progetto L'Aquila' è rimasto sulla carta, e il Partito Democratico appare, piuttosto, come un contenitore di 'poteri' fatto di correnti interne d'interesse particolare.

E' stato detto, e ripetuto: l'unico in grado di compattare il Partito e così la coalizione, al momento, sembra Giovanni Lolli, ma non è di certo un segnale di buona salute dover ricorrere al vice presidente della Giunta regionale, che a giugno prossimo compirà 67 anni, rinunciando tra l'altro ad una postazione importante sullo scacchiere politico regionale. Tuttavia, alternative non se ne vedono: puntare su Pierpaolo Pietrucci significherebbe, di nuovo, rinunciare ad un riferimento importante all'Emiciclo, all'unico consigliere aquilano, e non è detto che, attorno al suo nome, il Partito si ritroverebbe compatto. Altre vie, sembrano difficilmente percorribili. A meno che dovesse vincere il No, al referendum del 4 dicembre prossimo: a quel punto, non si potrebbe certo escludere una discesa in campo di Stefania Pezzopane.

Oltre i nomi, comunque, si tratterà di trovare un difficile equilibrio tra interessi diversi, tra le aspettative dei giovani dirigenti del Partito che chiedono spazio e responsabilità, e di chi, fino ad oggi, ha operato 'dentro' la macchina istituzionale e non vuole essere 'rottamato'. Altro che percorso politico condiviso, altro che programma chiaro per il futuro della città.

Non va meglio in seno al centrodestra cittadino che, finita l'esperienza amministrativa di Biagio Tempesta, non ha saputo più ritrovare l'unità politica. Forza Italia, cinque anni fa, sostenne la candidatura di Pierluigi Properzi che, ottenuto un risultato più che deludente, dal giorno dopo, piuttosto che guidare l'opposizione, in Consiglio comunale ha giocato una 'partita' tutta sua, assumendo anche posizioni ambigue in alcuni momenti della vita politica istituzionale. Ora, il partito sta provando a ri-pensarsi: è stato nominato un comitato comunale di 60 persone, chiamato a scrivere da zero un programma politico credibile e ad individuare, poi, chi dovrebbe metterlo in pratica. Come? Attraverso un sondaggio telefonico, di quelli che piacciono tanto a Silvio Berlusconi: chi verrà sottoposto a giudizio di circa 1000 aquilani, però, non è affatto chiaro. Di nuovo, non certo un segnale di buona salute. Tanto è vero che, sulla stampa, sono ri-apparsi i soliti volti noti, oltre a personalità esterne alla vita politica attiva che, ad ogni appuntamento elettorale, tornano di moda - si pensi a Roberto Marotta - ma che ricoprono talmente tanti incarichi, che hanno talmente tanti interessi, da lasciar pensare che mai accetterebbero una candidatura a sindaco.

Da Pontida, i salviniani hanno messo sul tavolo il nome di Luigi D'Eramo, il primo ad uscire allo scoperto, ma è difficile credere si possa trovare una convergenza sul suo nome, a meno che non si decida di passare dalle primarie che, tuttavia, sono indigeste a Forza Italia. Così come è difficile immaginare un accordo sull'altra candidatura già indicata, quella di Pierluigi Biondi, sostenuto da Fratelli d'Italia/An e Casapound.

E dunque? Paradossalmente, resta l'esperienza civica messa in campo, cinque anni fa, da Giorgio De Matteis che è ancora ago della bilancia in seno al centrodestra - e infatti sta 'snobbando' le riunioni, l'ultima sabato mattina - così come Cialente, dentro al Pd e alla coalizione di centrosinistra. Il sindaco uscente 'inquieta' i sonni del suo partito: non ha alcuna intenzione di farsi da parte, gode ancora di un seguito importante e non è un mistero stia pensando ad una lista civica per ottenere, così, in caso di vittoria del centrosinistra, un assessorato o, addirittura, la poltrona di vice sindaco, in attesa di un incarico di respiro nazionale o regionale. Anche De Matteis sta giocando da battitore libero, e anche lui agita i pensieri delle forze di centrodestra. Altro - l'ennesimo - segnale di scarsa salute, per la vita politica cittadina.

Le esperienze di civismo nate a seguito del terremoto poi, che hanno portato in Consiglio comunale Ettore Di Cesare e Vincenzo Vittorini, hanno difficoltà ad individuare la strada da percorrere. Una via 'indipendente', come cinque anni fa, pare davvero complicata se è vero che, nel frattempo, quella spinta dal basso che si era nutrita del movimentismo post-sisma sembra essersi esaurita. Non è un mistero che ci sia un'interlocuzione costante con le forze a sinistra del Pd, con SEL/SI e Rifondazione comunista, con Possibile e pure con esperienze nascenti, come quella di Territorio Collettivo che fa riferimento a Luca D'Innocenzo.

Ma che intenzione ha, la sinistra? A parole, la volontà è costruire un percorso politico alternativo al Pd e, così pare, di non partecipare alle primarie di coalizione. Non sembra avere la forza di presentarsi con un candidato unico alle amministrative di primavera però e, seppure così fosse, non può affatto escludersi un apparentamento dopo il primo turno sebbene, a quel punto, dipenderebbe - tutto o quasi - dal risultato ottenuto. Inutile nasconderlo: sarebbe piuttosto rischioso. Insomma, la sensazione è che - pure non dovessero partecipare alle primarie - le forze di sinistra potrebbero sostenere la candidatura espressa dal Pd sin dal primo turno. E comunque, una scelta o l'altra sarebbe incompatibile con il percorso politico dei civici che, in questi anni, sono stati coerentemente all'opposizione dei democrat, e che opposizione al Pd resteranno.

A meno di sorprese, si può escludere anche un accordo con il Movimento 5 Stelle che, dovesse presentarsi alle elezioni, lo farebbe con una lista unica e con un suo candidato, selezionato, si presume, con le primarie sul web. Tuttavia, il condizionale è d'obbligo. A livello cittadino, infatti, i pentastellati sono spaccati al loro interno, con i meet up che faticano a dialogare e discutono su chi, e come, debba rappresentare pubblicamente il Movimento; persino su chi, e come, potrà utilizzare il simbolo, in caso di candidatura alle amministrative. Un paradosso, se è vero che, a livello nazionale, M5S è riuscito a radicarsi anche sui territori, conquistando diverse città, oltre Roma e Torino.

Resta la convinzione che, in un quadro politico tanto confuso, se il Movimento dovesse ritrovare unità, intorno ad una candidatura credibile e ad un programma chiaro basato sulle linee guida 'imposte' a livello nazionale, allora potrebbe davvero raccogliere un certo malumore sempre più diffuso in città. Tutta sta a trovare una candidatura credibile, e non è facile affatto. Ultimo segnale di cattiva salute, per la politica cittadina.

Ultima modifica il Lunedì, 07 Novembre 2016 16:28

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