Elezioni più lontane.
Stando alle ultime indiscrezioni, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ritiene inconcepibile indirle fino a quando non saranno rese omogenee le leggi elettorali di Camera e Senato. Bocciata la riforma col referendum del 4 dicembre, infatti, il Parlamento si ritrova con due Camere regolate da due leggi profondamente differenti - l'una proporzionale, l'altra a trazione maggioritaria - con forti rischi d'incompatibilità rispetto all'esigenza di governabilità. Dunque, Mattarella è orientato a evitare il voto subito e procederà, in pochi giorni, ad affidare un incarico esplorativo ad una figura istituzionale di rilievo che dovrà trovare una maggioranza in Parlamento.
Con le elezioni che verrebbero fissate in primavera (ipotesi meno credibile) o, al più tardi, tra l'ottobre 2017 e il febbraio 2018, alla scadenza naturale della legislatura.
Ma andiamo con ordine.
Già domattina, a Palazzo Madama, ci sarà il voto di fiducia sull'articolo 1 del Ddl di Bilancio che contiene la manovra, con la relazione e l'eventuale voto sulle questioni pregiudiziali; alle 14:30, inizierà la votazione della II sezione del provvedimento - con gli stanziamenti dei ministeri - composto da altri 18 articoli. Il voto finale potrebbe arrivare in serata. A quel punto Renzi formalizzerà le dimissioni e Mattarella, da giovedì, inizierà le consultazioni in Quirinale con i leader di partito; tra domenica e lunedì, l'incarico esplorativo alla figura individuata come nuovo presidente del Consiglio che dovrebbe guidare il Paese fino alle prossime elezioni. Non prima della primavera 2017, come detto: infatti, la Corte Costituzionale ha fissato per il 24 gennaio prossimo la discussione sulle eccezioni di costituzionalità sollevate sull'Italicum e soltanto dopo il Parlamento avvierà i lavori per riscrivere la legge elettorale.
La strategia di Mattarella e Renzi pare condivisa: il premier infatti, a quanto si apprende da fonti interne al Pd, si presenterà in direzione nazionale con la volontà di non 'spingere' su elezioni anticipate; anzi, il premier dimissionario punterebbe ad un governo istituzionale di larghe intese, sostenuto da un arco di forze più ampio dell'attuale maggioranza, che faccia la legge elettorale in breve tempo e porti gli italiani al voto.
Una sfida, al fronte del No: "Quelli che stanno rivendicando la vittoria del referendum - spiega un esponente di vertice del Nazareno a Repubblica - dimostrino il loro senso di responsabilità". A dire che la segreteria del partito sarebbe disponibile a sostenere un governo tecnico, ma solo con la partecipazione del fronte del 'No'. "Non si può pensare che il Pd e la maggioranza attuale assumano gli oneri del governo mentre gli altri stanno fuori a impallinarci". Sul punto, la sinistra dem e la corrente che fa capo a Dario Franceschini, che ha la maggioranza sia nei gruppi parlamentari che in direzione, sosterrebbero Renzi.
E il premier uscente potrebbe trovare una sponda preziosa in Forza Italia che non ha intenzione di andare subito ad elezioni, per serrare le fila e non lasciare la leadership del centrodestra nelle mani di Matteo Salvini e Giorgia Meloni che, al contrario, vorrebbero votare al più presto. "Si apre ora una fase politica nuova, nella quale la parola deve tornare agli italiani", si legge in una nota dei forzisti. "Perché questo avvenga, occorre una legge elettorale che garantisca la governabilità e una reale corrispondenza della maggioranza parlamentare alla maggioranza popolare. Siamo certi che il Presidente della Repubblica sarà garante di questa complessa fase, con la sua saggezza e il suo scrupolo istituzionale".
Al contrario, il Movimento 5 Stelle - come prevedibile - vuole subito le elezioni, anche con l'Italicum che, ha ribadito Luigi Di Maio, basterebbe modificare con poche righe per utilizzarlo anche in Senato. "Non gli interessa fare una legge elettorale migliore per i cittadini, gli interessa un 'Anticinquestellum', una legge elettorale contro il Movimento", l'affondo di Alessandro Di Battista. "E noi che cosa dovremmo fare? Sederci al tavolo con questi 'ladri di democrazia'? Aprire una trattativa con questi bari? Non esiste".
Staremo a vedere. In direzione nazionale, Renzi ribadirà - comunque - che il Pd "non ha paura del voto: se gli altri partiti dimostreranno senso di responsabilità, bene. Altrimenti, non abbiamo paura delle urne, anche subito".