Prime grane per il premier in pectore, Paolo Gentiloni.
In una nota, Denis Verdini e Enrico Zanetti (Ala, Scelta civica) hanno annunciato l'intenzione di non votare la fiducia. "Apprendiamo la seria possibilità che venga varato un governo 'fotocopia', senza alcun approfondimento sulle questioni in campo. Di conseguenza, in coerenza con un'azione che in questi ultimi diciassette mesi ha assicurato al Paese la governabilità e la realizzazione di importanti provvedimenti senza alcuna contropartita, non voteremo la fiducia ad un esecutivo che ci pare al momento intenzionato a mantenere lo status quo, che più dignitosamente sarebbe stato comprensibile con un governo Renzi-bis".
Non si tratta di un fatto da poco: a Palazzo Madama, Ala può contare su 18 senatori senza i quali è impossibile immaginare di poter governare.
Vedremo se Gentiloni riuscirà a ricucire. In questi minuti, il premier designato è al Colle per sciogliere la riserva e consegnare al Capo dello Stato la lista di ministri e sottosegretari che comporranno il nuovo Governo. Una marcia a tappe forzate che consentirà a Gentiloni di giurare già stasera e di partecipare giovedì al Consiglio europeo nel pieno dei suoi poteri, ottenuta la fiducia almeno in una delle Camere, presumibilmente mercoledì.
Come annunciato, l'esecutivo dovrebbe muoversi "nel quadro del governo e della maggioranza uscente" per l'indisponibilità delle maggiori forze delle opposizioni "a condividere la responsabilità del nuovo Governo", seppure la grana Verdini potrebbe mescolare le carte in tavola. Anche per questo, Gentiloni dovrà tentare di recuperare anche lo strappo apertosi con la minoranza dem nella lunga campagna referendaria; il primo tentativo in questa direzione, però, è fallito. L'offerta più clamorosa - declinata - è stata avanzata a uno dei leader della sinistra interna, Gianni Cuperlo, che nelle settimane che hanno preceduto il voto del 4 dicembre si era orientato per il Sì. A lui è stato proposto l'ingresso nell'esecutivo con la delega alla Pubblica istruzione: come detto, tuttavia, Cuperlo ha rifiutato.
Oltre la lista dei futuri esponenti dell'esecutivo, comunque, il premier incaricato ha già messo alcuni punti sull'agenda del governo che verrà: tra le priorità, la ricostruzione delle zone terremotate: "Sono consapevole dell’urgenza di dare all’Italia un governo nella pienezza dei poteri e di rassicurare i nostri cittadini che affronteremo con il massimo impegno le priorità internazionali, economiche e sociali. A cominciare dalla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto". A rispettare, così, le indicazioni del Capo dello Stato che sabato sera, al termine delle consultazioni, aveva ribadito come il Paese avesse bisogno, in tempi brevi, "di un governo nella pienezza delle sue funzioni. Vi sono dinanzi a noi adempimenti, scadenze, impegni che vanno affrontati e rispettati, di carattere interno, europeo e internazionale", il monito di Mattarella. E fra gli "adempimenti, impegni scadenze" che vanno "affrontati e rispettati" c'è "in primo piano il sostegno ai nostri cittadini colpiti dal terremoto e l'avvio della ricostruzione dei loro paesi".
Mattarella ha inteso anche dettare i tempi del futuro esecutivo, escludendo, come previsto, che si possa andare ad elezioni immediate. "È emersa in questi incontri, come prioritaria, un'esigenza generale di armonizzazione delle due leggi per l'elezione della Camera e del Senato, condizione questa indispensabile per procedere allo svolgimento di elezioni". Non si potrà fare prima del 24 gennaio, giorno in cui la Consulta si esprimerà sull'Italicum.
Sul punto, però, è chiaro anche l'orientamento della segreteria del Partito Democratico: "Il Pd dà pieno appoggio al governo Gentiloni - ha ribadito stamane il presidente Matteo Orfini, innanzi alla direzione nazionale - ma è inconcepibile che arrivi a fine legislatura".