E se Berlusconi, stavolta, avesse fatto male i suoi conti? Il centro destra sta vivendo una giornata drammatica. Ci sarà una riunione, nel pomeriggio alle 17, dei gruppi parlamentari. E forse un faccia a faccia tra l'ex premier e il vice premier, Angelino Alfano. E' certo un aspro conflitto tra falchi e colombe: già etichettato come il fronte dei "diversamenti berlusconiani", il numero di chi, dentro il centrodestra, non vuole la crisi aumenta di ora in ora. Dai ministri in quota azzurra ai sottosegretari ai semplici parlamentari c'è già chi pensa ad un futuro diverso. "Guardo con grande interesse quello che sta succedendo nel Pdl", ha detto ieri sera a 'Che tempo che fa' Enrico Letta. E infatti, consigliato da Napolitano, il premier ha preso tempo: andrà alle Camere, per la fiducia, solo mercoledi. Il tempo di verificare se il Pdl imploderà dopo il colpo di mano di Berlusconi.
Ci sarebbero i numeri per un Letta-bis? A fare di conto assolutamente si, con una coalizione fortemente spostata a sinistra. Alla Camera, la maggioranza è salda. Il problema è in Senato: servono 161 onorevoli. Sommando i 107 senatori Pd, i 7 di Sel e i 50 del Movimento 5 Stelle, i numeri ci sono. Solo una ipotesi remota, ad oggi: difficile che Beppe Grillo accetti di sostenere un governo con il Pd.
Altra ipotesi, il sostegno a Pd e Sel di Scelta Civica e delle Autonomie: totale 144 seggi. Mancherebbero 17 onorevoli: con il voto dei quattro senatori a vita (Carlo Azeglio Ciampi ha problemi di salute), basterebbe qualche transfugo del Movimento 5 Stelle per assicurare la stabilità all'esecutivo. Formalmente, i grillini fuoriusciti ad oggi sono quattro. Di Orellana, però, ce ne sarebbero una decina. Se poi dovessero aggiungersi i "responsabili del Pdl", non più disposti a seguire la deriva estremista di Berlusconi, la nuova maggioranza sarebbe ben solida. E' un fatto che 4 senatori del Pdl (Gaetano Quagliariello, Carlo Giovanardi, Pippo Pagano, Salvatore Torrisi) e Paolo Naccarato di Gal non hanno firmato la lettera di dimissioni da parlamentare chiesta ai suoi uomini da Berlusconi. A sentire l'avvocato Torrisi, fedelissimo di Angelino Alfano, e anche lui «diversamente berlusconiano», sul fronte della governabilità «il Senato regge... perché questo ci chiedono gli italiani». Insomma, molti senatori Pdl e a Cinque stelle potrebbero sposare la causa del governo d'emergenza nazionale. Per ragion di stato e... personali: "Nessuno vuole tornare a casa - dice il sottosegretario Giuseppe Castiglione - nessuno vuole elezioni". Sulla stessa linea anche Domenico Scilipoti, che dopo aver allungato la vita al governo di Berlusconi nel 2010 è pronto a ripetere l'impresa anche con Letta: "Niente voto - dice a il Tempo - ora serve un'intesa".
In queste ore sta prendendo corpo, però, un'altra soluzione possibile a cui starebbe lavorando Mario Monti, con Pier Ferdinando Casini e il ministro Mario Mauro. Un grande centro, di democristiana memoria, con l'esclusione di Sel. Una coalizione capace di tenere insieme l'ala maggioritaria del Pd, i moderati del Pdl o "diversamente berlusconiani" e i montiani che hanno relazioni sempre più strette con Montezemolo e Marcegaglia.
"La scelta irresponsabile di Berlusconi e dei suoi fedelissimi, compiuta in spregio persino alle regole di un partito personale, ha il sapore amaro dei gesti inconsulti e disperati. Non serve a nulla. Non modifica di un palmo il destino giudiziario del Cavaliere, ma spinge un Paese in ostaggio sull'orlo di un nuovo baratro", scrive stamane in un durissimo editoriale Ferruccio De Bortoli, direttore de ll Corriere della Sera. 'L'indignazione dei moderati', il titolo: "Arcore si è trasformata nel Ridotto della Valtellina del berlusconismo. La spallata al governo Letta contraddice tutte le mosse apprezzate dell'ex premier all'inizio della legislatura: la rielezione di Napolitano, la nascita delle cosiddette larghe intese. E procura un danno incalcolabile soprattutto al proprio elettorato di riferimento formato da famiglie e imprese. Tutto ciò che è stato fatto dal governo, sostenuto anche dal Pdl, poco o tanto che sia - dagli incentivi all'occupazione giovanile al pagamento degli arretrati della pubblica amministrazione - finisce nel cestino del risentimento". Se fosse il manifesto di una nuova coalizione centrista?
Avevamo già scritto della importante rete di relazioni che ha portato alla scelta del presidente del Consiglio. Enrico Letta, nipote di Gianni, si è occupato a lungo di Europa e di economia: è già stato il più giovane ministro della storia della Repubblica, nel 2000 al dicastero dell’Industria nel secondo governo D’Alema, è stato ministro nel governo Amato e sottosegretario alla presidenza del Consiglio dell’ultimo esecutivo guidato da Romano Prodi.
Inoltre, nel 2005 ha fondato l'associazione veDrò che coinvolge uomini che operano nel mondo delle istituzioni, dell’impresa, della cultura: “veDrò è un think-net nato per riflettere sulle declinazioni future dell’Italia e delineare scenari provocatori, ma possibili, per il nostro Paese - si legge sul sito internet - La nostra è una rete di scambio di conoscenza formata da più di 4.000 persone: professori universitari, imprenditori, scienziati, liberi professionisti, politici, artisti, giornalisti, scrittori, registi, esponenti dell’associazionismo”. I vedroidi si riuniscono a Drò, ogni estate al finire di agosto, all’ombra del lago di Garda. Tre giorni di presentazioni, feste e dibattiti. Bipartisan. Si discute, si lavora, si costruiscono relazioni. Tra gli altri partecipano i giornalisti Curzio Maltese, Antonello Piroso e Oscar Giannino. Non mancano mai Mauro Moretti, numero uno delle ferrovie, Corrado Passera, ministro del governo Monti, Chicco Testa e Nicola Maccanico. E poi Gianluca Comin di Enel, Andrea Prandi di Edison e Enrica Minozzi di Eni. I politici se la giocano da padroni di casa: Giulia Bongiorno, Ivan Scalfarotto, Paola De Micheli, Benedetto Della Vedova, Mariastella Gelmini, Renata Polverini, Maurizio Lupi e Angelino Alfano che, in queste ore, potrebbero decidere il futuro del governo.
Insomma, stavolta Berlusconi potrebbe davvero aver fatto male i suoi conti. Anche perché è difficile immaginare di tornare al voto con una legge elettorale su cui grava un più che fondato sospetto di incostituzionalità. Alla fine della settimana, potremmo risvegliarci democristiani.