Era il 31 luglio scorso e l'assessore Fabio Pelini presentava, in conferenza stampa, la delibera di giunta che stabiliva le nuove modalità di assistenza alla popolazione, adeguate agli scenari maturati a più di quattro anni dal sisma. Una delibera che recepiva la Legge 71 approvata in Parlamento in giugno: in particolare, l'emendamento 7.6, presentato dalla senatrice Stefania Pezzopane, autorizzava il Sindaco "a disporre degli alloggi del Progetto CASE e dei MAP del Comune dell'Aquila per assegnazione a nuove categorie di cittadini".
Accogliendo la Legge, la delibera votata il 26 luglio destinava gli alloggi dei progetti CASE e dei villaggi MAP a:
- nuove coppie formate dopo il sisma o nuovi nuclei monoparentali, di cui almeno un componente con casa inagibile;
- nuclei già disaggregati e non, che vivevano nello stesso alloggio pur non facendo parte dello stesso nucleo familiare;
- soggetti con contratti lavorativi di assistenza domiciliare il cui contratto di lavoro è cessato per la morte dell'assistito, e sino a nuovo contratto;
- coloro che non hanno diritto ad alloggio in CASE o MAP in quanto il proprietario della casa dove vivevano non ha presentato il progetto di ristrutturazione e a coloro i quali, all'esito della ristrutturazione, non è stato riconcesso l'appartamento, il cui ISEE non superi gli 8mila euro annui;
- coloro che hanno l'alloggio classificato B-C in aggregato e, unitamente agli alloggi ATER classificati B-C e classificati A, se ricompresi in edifici B-C;
- residenti e dimoranti in altri comuni della Provincia dell'Aquila, con casa inagibile, i quali per motivi lavoratori o sanitari chiedano l'assegnazione di un alloggio nel Comune dell'Aquila;
- nuclei familiari con gravi difficoltà sociali, opportunamente documentate, o ad associazioni con finalità sociali e di volontariato.
L'assessore Pelini aveva spiegato, inoltre, che in base alla disponibilità settimanale degli alloggi, il 30% sarebbe stato destinato alle nuove coppie, un ulteriore 30% ai "casi sociali opportunamente documentati" e il restante 40%, equamente diviso, tra le altre categorie previste e le attività di gestione ordinaria.
Sono passati due mesi e la III commissione 'Politiche sociali, culturali e formative', presieduta dal consigliere Adriano Durante, si è riunita per discutere della estensione del provvedimento anche alle giovani coppie e ai single seppur non residenti in case inagibili alla data del sisma. Sono stati invitati in audizione Fabio Pelini e l'assessora alle politiche sociali, Emanuela Di Giovambattista. "C'è poco spazio per voli pindarici", ha chiarito Pelini. "La situazione in città è ancora emergenziale. Ad oggi, più di 5mila persone sono assistite con l'autonoma sistemazione, i fondi immobiliari e gli affitti concordati. Gradualmente, dovremo assicurare il passaggio al progetto Case e Map. Non è semplice, però: tra qualche ora uscirà il consueto report e posso anticiparvi che gli alloggi disponibili sono davvero pochissimi".
Tra l'altro, "è in preparazione un censimento della popolazione assistita in Case e Map" annuncia Pelini, "e chiederemo agli affittuari di allegare ai moduli i bonifici dei canoni di compartecipazione. Tra gli affittuari, infatti, il 70% è moroso: insostenibile, se pensate che rappresentano il 35% degli assistiti".
Insomma, per ora non c'è alcuna possibilità di estendere i criteri di assegnazione. Anche perché, come avevamo raccontato, ad un mese dalla delibera le richieste erano già 111: una cifra di molto superiore alla effettiva disponibilità. Niente alloggi per coppie e single non assistiti, dunque, e neanche per gli studenti. Almeno per ora.
La questione, però, è un'altra e racconta delle difficoltà della città a ripensarsi e reinventarsi. L'ha sollevata il consigliere di opposizione Daniele Ferella: "Basta con le scelte propagandistiche. Gli alloggi dei progetti Case e Map devono essere destinati, esclusivamente, ai cittadini ancora assistiti e alle emergenze sociali. Altro che giovani coppie e studenti. La priorità dovrebbe essere il taglio delle spese di autonoma sistemazione, degli affitti concordati e del fondo immobiliare", ha sottolineato il consigliere.
"Sono fondi del Cipe che stiamo sottraendo alla ricostruzione della città. Piuttosto, mi si spieghi perché gli oltre 200 alloggi che il Comune aveva a disposizione per le emergenze sociali sono ancora inagibili. Mi si spieghi perché le case popolari non sono state ancora ricostruite".
Posizione condivisa da Angelo Mancini: "Bisogna concludere la fase dell'emergenza, offrendo a chi è assistito con autonoma sistemazione, affitti concordati o fondo immobiliare, la possibilità di spostarsi negli alloggi del progetto Case o Map. Ad un eventuale rifiuto, andrà immediatamente revocata l'assistenza. Le altre esigenze vengono soltanto in seguito: qui si sta profilando un danno erariale ai danni dello Stato".
Evidentemente, un intendimento assai diverso da quello dell'amministrazione che ha tentato, con la delibera di luglio, di dare risposte ai tanti giovani precari o con stipendi non in linea con il 'pazzo mercato' degli affitti che vogliono comunque costruirsi una vita familiare indipendente, con la speranza per il futuro che gli alloggi costruiti all'indomani del sisma possano servire anche a dar vita ad una nuova residenzialità universitaria. E' questione di priorità: "Non ci sono alloggi liberi per gli universitari? Non è un problema del Comune", il pensiero del consigliere Pierluigi Mancini. "Non esiste che si caccino gli aquilani per far posto agli universitari".
Insomma, c'è chi aveva un'abitazione a 50km dall'Aquila e, per questo, nonostante vivesse in città è rimasto fuori dai criteri di assistenza. C'è chi ha un reddito a sei zeri e vive nel progetto Case e chi ha profonde difficoltà e non ha possibilità di un alloggio (ricorderete che tra i criteri di assegnazione imposti dalla Protezione Civile non c'era il reddito dichiarato, ndr). C'è chi vorrebbe imporre agli assistiti in autonoma sistemazione l'alloggio nel progetto Case e chi ricorda che non è semplice, dopo quattro anni, chiedere ad una famiglia di ricominciare una vita da un'altra parte. Anche perché, fino al gennaio 2012, non era possibile passare dal Cas al progetto Case nonostante in molti ne avessero fatto richiesta. C'è chi vorrebbe gli alloggi solo per la popolazione assistita e per le famiglie in difficoltà e chi immagina, al contrario, che potrebbero rispondere anche ad altre esigenze.
La verità, l'ha sottolineato giustamente il consigliere Stefano Palumbo, è che le difficoltà sono moltissime ed è impossibile immaginare che ci sia una perfetta equità nelle scelte che sono state compiute e che andranno discusse in futuro. L'Aquila soffre una crisi abitativa ed economica profonda: nell'assegnazione del progetto Case bisognerà tener conto il meglio possibile dei fondi che ancora spendiamo per gli sfollati 'diversamente' assistiti e anche dei giovani che non hanno alcuna certezza per il futuro, degli studenti - se davvero si vuole dar seguito agli appelli alla rinascita culturale della città -, delle esigenze delle famiglie in difficoltà soprattutto.
La realtà disegnata dall'assessora Emanuela Di Giovambattista è a tinte foschissime: "Le richieste di assistenza di cittadini in difficoltà economica sono aumentate esponenzialmente: siamo appena riusciti ad evadere le graduatorie del 2012 grazie alla delibera presentata da Fabio Pelini. Le necessità di abitazioni, però, sono in aumento: sono arrivate più di 300 domande, cos'altro possiamo fare? Non abbiamo ancora le case popolari, c'è solo il Fondo immobiliare per le fragilità sociali, risultato dell'OPCM 3070 dell'aprile 2010 che andava incontro alle esigenze di chi era rimasto fuori dal progetto Case. Risposta ad un momento d'emergenza che, invece, viviamo ancora oggi. Non possiamo pensare di non destinare parte degli alloggi del progetto Case e Map a chi vive difficoltà".