L’attività di consulenza ed in genere l’attività di prestazione intellettuale, in passato, era riservata al solo professionista iscritto in un apposito albo. A tale attività, il codice civile prevedeva l’applicabilità della prescrizione presuntiva triennale ai sensi dell’art. 2956 c.c. , secondo cui “ si prescrive in tre anni, il diritto: dei prestatori di lavoro per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese; dei professionisti per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlate; dei notai per gli atti del loro ministero; degli insegnanti per la retribuzione delle lezioni impartite a tempo più lungo di un mese”.
Il caso in oggetto riguardava un decreto ingiuntivo proposto da una società di contabilità per un importo di L.5.310.735 quale corrispettivo per la tenuta di contabilità fiscale di due anni.
Tale decreto ingiuntivo era stato opposto dalla ditta ed il Tribunale accoglieva tale domanda. La Corte di Appello aveva respinto l’eccezione di prescrizione presuntiva, osservando che l’art. 2956 c.c. n.2) si riferisse soltanto ai crediti dei professionisti e perciò non applicabile ai crediti vantati dalle società, pertanto la ditta opponente avrebbe dovuto saldare il proprio debito con la società di professionisti.
Avverso tale sentenza, i legali rappresentanti della ditta opponente proponevano ricorso per Cassazione, la quale, con sentenza del 2015 n.13144, si è domandata se tale prescrizione si applicasse anche alle società di professionisti. La stessa Suprema Corte assegnava il caso alle Sezioni Unite affinché “riflettano sul sé e sui margini della nuova figura di professionista – siccome destinata a connotarsi anche in forma societaria- si riverberi sulla nozione di professionista di cui all’art. 2956 c.c. n.2) “.
La Corte di Cassazione con tale sentenza depositata il 25 giugno 2015 ha espresso il seguente principio di diritto: “ la prescrizione presuntiva triennale del diritto dei professionisti, per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative (articolo 2956 c.c., n. 2), trova la sua giustificazione nella particolare natura del rapporto di prestazione d'opera intellettuale dal quale, secondo la valutazione del legislatore del 1942, derivano obbligazioni il cui adempimento suole avvenire senza dilazione, o comunque in tempi brevi, e senza il rilascio di quietanza scritta. Ne consegue, in un regime nel quale il contratto d'opera professionale sia caratterizzato dalla personalità della prestazione, non solo che ad una società può essere conferito soltanto l'incarico di svolgere attività diverse da quelle riservate alle professioni c.d. protette, ma anche che deve necessariamente essere utilizzato uno strumento diverso dal contratto d'opera professionale e che perciò alla società non può essere opposta la prescrizione presuntiva triennale”.
Quindi, la Suprema Corte, con tale sentenza e annotato principio di diritto, chiarisce, una volta per tutte, che la prescrizione presuntiva ex art. 2956 c.c. n.2) si applica ai soli professionisti e non alle società professionali.
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