Mercoledì, 23 Ottobre 2013 01:36

Movimenti per la casa: "Con Lupi incontro complicato". Questione sfratti rimandata

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"Lupi non ha risposto alle nostre richieste sul blocco degli sfratti, rimandando tutto alla conferenza Stato Regione del prossimo 31 Ottobre". Andrea Alzetta dell'organizzazione Action diritti in movimento, ex consigliere al Comune di Roma, riassume così l'incontro tra la delegazione di cui ha fatto parte e il Ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, ottenuto dopo la manifestazione per il diritto alla casa del 19 ottobre terminata con l'acampada di Porta Pia, proprio sotto il Ministero.

"Lupi ha ascoltato le nostre proposte: non bisogna vendere il patrimonio pubblico, c'è da aprire una trattativa sull'invenduto ed è importante, poi, riconoscere lo ius soli ai cittadini migranti dopo la vicenda di Lampedusa. Il Ministro, però, ha ripetuto costantemente che il suo è un Governo di larghe intese e che quindi deve rispondere agli interessi di tutti, anche quelli delle banche, della finanza e dei proprietari. Con lui - ammette Alzetta - è stata un'interlocuzione complicata". 

Sul tavolo Lupi ha messo solo un fondo di 40milioni di euro che servirebbero anche per gli sfratti per morosità incolpevole ma che, secondo Alzetta "non avrebbe alcun effetto a fronte del numero spropositato degli sfratti"

Per il movimento, che ora non vuole assolutamente mollare la presa, i prossimi appuntamenti previsti sono il presidio di oggi sotto Regina Coeli, in solidarietà ai sei arrestati della manifestazione di sabato, e quello del prossimo 31 ottobre in occazione della conferenza Stato Regione.

All'incontro con Lupi era presente anche il Sindaco di Roma Ignazio Marino: "Il Comune - racconta sempre Alzetta - si è espresso più chiaramente per un blocco immediato degli sfratti e per un Piano casa che comprenda anche migliaia di case popolari ma mi pare sia anch'egli rimasto inascoltato".

In Italia gli sfratti esecutivi sono 125mila. Un numero che da solo spiega le ragioni, pragmatiche, della manifestazione di sabato scorso che ha visto come protagonisti assoluti i movimenti per il diritto alla casa e i migranti. Decine di migliaia di persone si sono riversate per strada senza sigle sindacali o di partiti parlamentari, segno di una nuova emergenza sociale che non ha rappresentanza, ma è viva e capace di auto organizzarsi, sorprendendo magari. Il fatto è che la quasi totale assenza di politiche per la casa negli ultimi anni ha determinato una crescente quanto efficace auto organizzazione.

Solo a Roma gli sfratti esecutivi sono 7mila circa, le occupazioni 90, di cui circa 45 gestite dai movimenti organizzati di lotta per la casa.

Nella capitale questi movimenti sono tre: il più grande e storico Comitato cittadino lotta per la Casa, poi Action diritti in movimento, fino al più giovane Blocchi popolari metropolitani.

Questi movimenti insiem, tra il 2012 e il 2013, hanno messo in piedi l'iniziativa popolare chiamata Tsunami tour, scimmiottando il nome utilizzato pure da Beppe Grillo, che ha prodotto da solo ben 25 occupazioni abitative.

 

Ma quali sono le ragioni?

"Innanzi tutto - spiega Giovanna Cavallo di Action Diritti in movimento, gruppo che attualmente gestisce 15 occupazioni - a Roma negli ultimi 15 anni le politiche abitative non hanno avuto alcuno sviluppo verso le necessità dei cittadini. Tutto ciò che è stato fatto, è stato fatto solo per la necessità dei costruttori in termini di aumento di cubature e concessioni. Anche nel Piano regolatore di qualche anno fa non si è sviluppato un discorso sull'edilizia residenziale pubblica per le famiglie che non possono pagare l'affitto o riguardo un mercato calmierato per quanto riguarda il ceto medio.

Gli sfratti sono dovuti al fatto che con l'inizio della crisi, dal 2008, il mercato degli affitti è rimasto lo stesso però è sceso il reddito, perché magari ora in una famiglia uno su due non lavora più. Se non si costruiscono meccanismi locativi che vanno incontro alle esigenze della cittadinanza è normale che cresca il numero di famiglie che non possono accedere al mercato delle locazioni.

Abbiamo fatto uno studio sul sesto municipio, per intenderci quello del Pigneto, abitato sia dal ceto popolare che da quello medio, e abbiamo constatato che l'affitto incide per il 120% sul reddito. Cioè le famiglie si indebitano per pagare l'affitto. Senza calcolare che nel mercato delle locazioni incide anche quanto puoi mettere a livello di caparra o fideiussione. Se perdi la casa è difficile rientrare perché il proprietario si cautela e non riaffitta.
Quindi molti cittadini non hanno alternativa. Il Comune offre o le case popolari, che sono piene, o i centri d'accoglienza che sono pure già pieni di famiglie in difficoltà.

19o occupysfittoCosa propongono i movimenti?

"Prima che con il Ministro Lupi, ci siamo già incontrati con i dipartimenti del Ministero delle Infrastrutture ponendo i temi della restituzione del patrimonio e dell'utilizzo delle risorse.
Per esempio, la Cassa Depositi e presiti ha circa un miliardo di euro degli ex fondi Gescal che sono le tasse che hanno pagato i lavoratori anni fa per l'edilizia residenziale pubblica. Gli venivano prelevati direttamente dallo stipendio.
Questi soldi dovrebbero essere messi a disposizione della possibilità di recuperare interi pezzi di territorio cittadino metropolitano, dove ci sono alloggi abbandonati da rimettere a disposizione dell'edilizia residenziale pubblica in termini di acquisizione e acquisto dell'Amministrazione locale.
Poi c'è tutto il tema del demanio, come le caserme in dismissione e la possibilità di offrire risorse alle Amministrazioni per fare piani straordinari.
Con la Regione Lazio stiamo facendo approvare una delibera di 450milioni di euro per mettere a disposizione immobili per l'edilizia residenziale pubblica per progetti speciali: si prendono immobili e si riconvertono in appartamenti con affitti calmierati o si compra l'invenduto. Perché una delle questione è che tutto il costruito di questi ultimi anni ha prodotto un invenduto incredibile: la gente non compra gli appartamenti perché sono in zone senza servizi e i prezzi sono molto alti. Allora chiediamo di ricomprarli a poco più del prezzo di costo dal costruttore e, cioè, a circa 1100euro al metro quadro. Per non lasciarli marcire".

Nelle occupazioni abitative, come alla manifestazione di sabato, c'è una presenza forte di migranti non solo a livello numerico. Molti di loro hanno preso parola nell'assemblea di domenica a Porta Pia reclamando in maniera determinata diritti basilari e dimostrando di essersi conquistati una certa agibilità sociale e politica non scontata. Da dove viene?

"Abbiamo visto che l'unica realtà dal punto di vista sociale che radica molto, oltre i Centri sociali, è il movimento di lotta per la casa. Questi movimenti e le occupazioni abitative che ne conseguono costruiscono gli spazi pubblici da dove poter agire diritti e desideri. I movimenti per il diritto alla casa hanno determinato questo spazio incredibile in cui i cittadini stranieri possono esprimere la loro volontà di partecipare e lottare per i diritti che costruiscono la loro agibilità. Diritti come quello di prendere la residenza o difendere il permesso di soggiorno.

Qui, in questi spazi, si costruiscono dei vettori interlocutori che determinano una cultura non italiana e non straniera ma una terza cultura. E' quella della comunità che è fatta di diversi meccanismi culturali e di comportamento in cui le culture si commutano tra di loro e creano quel sentimento di comunità che appunto costituisce e caratterizza il movimento per il diritto all'abitare. Un movimento forte proprio perché si nutre di tutti i meccanismi che sono parte integrante dei percorsi culturali che ognuno si porta dentro. In questo spazio, i migranti si sentono forti e difesi e insieme sono capaci di diffondere come un virus positivo questo coraggio di metterci la faccia e partecipare, cosa che prima era difficilissima.

Nelle nostre occupazioni abbiamo il 70% di migranti, prima era l'80%: adesso anche gli italiani sono disposti a mettersi più in gioco. I migranti sono stati l'avanguardia per le rivendicazioni dei diritti. Loro, per primi, non avevano niente da perdere e quindi sono coloro che hanno costruito più diritti negli ultimi anni. Per noi questo ha determinato un cambiamento nel modo di fare movimento perché ha saputo dare degli strumenti di radicazione sociale e di concretezza che prima non c'erano".

Sabato in Piazza da parte loro si percepiva ancora più forte la rabbia per quanto accaduto pochi giorni fa a Lampedusa, mi sbaglio?

"No, in piazza infatti c'era soprattutto la comunità eritrea. Nelle occupazioni ce ne sono molti come d'altronde gli Etiopi. Adesso si stanno affacciando anche altri nazionalità come la Nigeria e la Costa D'Avorio, cioè l'Africa Sub Sahariana.
Non solo la strage di Lampedusa, ma tutto il contesto in cui stanno spingendo i diritti dei cittadini che migrano, stanno sollevando una rabbia diffusa che si traduce nelle rivolte quotidiane nei Cie. Si costringono queste persone a farsi prendere le impronte digitali o ai difficili meccanismi che stanno dietro il rinnovo dei permessi di soggiorno, le sanatorie i flussi d ingresso che comportano anche una spesa di migliaia di euro per dimostrare di avere qualcosa che già hai.

Dietro maltrattamento e discriminazione si sta proponendo un nuovo modo di reagire e, in questo senso, la comunità eritrea è scesa in piazza contro i soprusi e per la possibilità di arrivare in Italia in maniera semplice. Ma qui si apre tutto il tema infinito dell'accoglienza per cui siamo messi davvero male".

Ultima modifica il Mercoledì, 23 Ottobre 2013 19:46

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