Beppe Grillo, qualche giorno fa, ha scritto sul suo blog un post dal titolo Il Parlamento è sovrano #SiPuòFare: «Non è necessario un governo per una nuova legge elettorale o per avviare misure urgenti per le pmi o per i tagli delle Province. Il Parlamento le può discutere e approvare se solo volesse sin da domani. Si fa passare l’idea che senza Governo il Paese è immobile, congelato, in balia dello spread, delle agenzie, ma si tace sul fatto che le leggi per le riforme possono essere discusse e approvate senza la necessità di un governo in carica». Parole confermate ieri, alla web tv del movimento, quando il comico genovese ha parlato di sovvertimento silenzioso delle istituzioni, citando l’articolo 76 della Costituzione: “L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
E' davvero così? E' possibile che le camere possano discutere e approvare autonomamente alcune riforme legislative senza che ci sia un governo?
Innanzitutto, è giusto ricordare che un governo è ancora in carica. Giorgio Napolitano firmerà il decreto per accettare le dimissioni dell’esecutivo guidato da Mario Monti solo dopo aver affidato l’incarico ad altri. Lo prevede la Costituzione. Quindi la proposta di Grillo non otterrebbe altro risultato che lasciare in carica il governo attuale.
Il problema, semmai, è che da quando un governo si dimette a quando quello successivo entra in carica i poteri sono limitati nella formula della cosiddetta “gestione degli affari correnti“. Un esecutivo dimissionario, in altre parole, dovrebbe occuparsi solo di questioni estremamente urgenti, anche se in passato questo limite è stato interpretato con discreta elasticità. Le circostanze imposero, per esempio, che il governo Prodi dimissionario approvasse la concessione delle basi alla NATO per l’intervento militare in Kosovo nel 1998. E il governo Monti si è già trovato a gestire, durante questo periodo interlocutorio, la complicata situazione dei marò, rispediti qualche giorno fa in India.
Non solo. In Italia, lasciando da parte i progetti di iniziativa popolare, le leggi possono essere proposte dal governo oppure dai parlamentari, e questo secondo scenario è quello che ha in mente Grillo. Il Parlamento, quindi, esercitando il suo potere legislativo ha piena facoltà di proporre autonomamente delle leggi, ma nel processo che porta all’approvazione ci sono comunque alcuni momenti in cui, di fatto, è previsto un ruolo dell’esecutivo.
Una proposta di legge parlamentare, all’inizio del suo percorso, passa per esempio dalle commissioni: qui il governo partecipa all’elaborazione del testo e alla stesura della relazione, attraverso suoi rappresentanti, e si esprime sulla legge nelle primissime fasi della discussione in assemblea.
L’esecutivo è incaricato di eseguire, far applicare, mettere in pratica le leggi approvate dal Parlamento, e quindi è sensato che abbia un ruolo anche durante la loro stesura.
Ci sono, poi, altre considerazioni da fare: il parlamento può anche approvare delle leggi, ma i colloqui per formare un governo andrebbero comunque avanti, come prevede il ruolo del presidente della Repubblica. Questi gestisce le consultazioni e dà l’incarico, per cui teoricamente in qualsiasi momento un nuovo esecutivo potrebbe presentarsi davanti al Parlamento. E, se in disaccordo con le riforme approvate prima del suo insediamento, impedirne di fatto l’applicazione. Il governo, infatti, ha tra i suoi compiti anche la ricerca della copertura finanziaria per le leggi e la stesura dei regolamenti attuativi o esecutivi.
Quindi la questione, in realtà, è semplice: se anche si arrivasse all’approvazione di alcune leggi senza il governo, e quindi il Parlamento esercitasse il suo potere legislativo, ci vuole un potere esecutivo perché queste vengano messe in pratica. Divisione dei poteri: la teorizzò Montesquieu nello "Spirito delle Leggi", pubblicato nel 1748.
Un’ultima riflessione: molti elettori del Movimento 5 stelle hanno ricordato, in questi giorni, l’esperienza del Belgio, che dal giugno 2010 è rimasto senza governo per 540 giorni. Dimenticando che il paese ha autonomie locali molto più forti di quelle italiane e che il governo dimissionario rimase in carica prendendo diverse e importanti decisioni, tra cui l’approvazione di una legge finanziaria, l’indirizzo della politica estera e l’adozione di misure di sicurezza sociale. Il premier dimissionario Yves Leterme presiedette l’Unione europea nel secondo semestre del 2010, e fu sempre lui che, con l’appoggio unanime del parlamento, decise di spedire uno squadrone di F-16 in Libia in occasione dell’attacco per destituire Gheddafi. Tutti provvedimenti che in Italia sarebbe complicato far cadere sotto la definizione di “affari correnti”.
Questione di costituzioni, differenti.