Mancano poco più di tre settimane alla consegna delle liste di candidati alle elezioni del 4 marzo: tra il 29 e il 31 gennaio, infatti, le forze politiche dovranno indicare i nomi di coloro che concorreranno per un seggio in Parlamento; eppure, poco o niente si muove sotto il cielo d'Abruzzo che dovrà eleggere 14 deputati e 7 senatori.
Si sta sotto coperta, ma con spirito diverso; se centrodestra e M5S fiutano la possibilità di 'spedire' a Roma un gran numero di parlamentari, il centrosinistra - e il PD in particolare - vive settimane di passione, col rischio di un cappotto annunciato dai sondaggi, tra tensioni interne, spaccature e i legittimi timori dei presunti candidati che, a questo punto, temono di potersi bruciare.
Come detto, saranno 21 i parlamentari espressione di Regione Abruzzo:
14 deputati
- 5 saranno eletti col maggioritario, uno per ogni collegio: Abruzzo 01: L’Aquila, Marsica, Alto Sangro / Abruzzo 02: quasi tutta la provincia di Teramo / Abruzzo 03: quasi tutta la provincia di Pescara col comune di Silvi in aggiunta / Abruzzo 04: Chieti e i comuni vicini dell’interno, comuni pescaresi interni (Popoli, Bussi), Valle Peligna con Sulmona e Scanno / Abruzzo 05: comuni chietini della costa, Francavilla, Vasto, Ortona, San Salvo, oltre a Lanciano e Atessa;
- 9 col proporzionale, nei due collegi L'Aquila - Teramo e Chieti - Pescara;
7 senatori
- 2 saranno eletti col maggioritario, uno per ogni collegio: Abruzzo 01: province di Chieti e Pescara con l’aggiunta di Silvi e Valle Peligna / Abruzzo 02: province di L’Aquila e Teramo ad esclusione di Valle Peligna e Silvi;
- 5 col proporzionale su collegio unico regionale.
Se col maggioritario sarà eletto, in ciascun collegio, il candidato più votato (della coalizione oppure della forza politica non in coalizione: dunque ci saranno, presumibilmente, un candidato del centrodestra unito, un candidato del PD con le forze a sostegno, un candidato di Liberi e Uguali, un candidato del Movimento 5 Stelle, un candidato di Potere al Popolo), col proporzionale i seggi verranno ripartiti, appunto, proporzionalmente, a livello nazionale per la Camera e a livello regionale per il Senato, tra le coalizioni e le singole liste che abbiano superato la soglia di sbarramento (3% su base nazionale per entrambi i rami del Parlamento, 10% per le coalizioni); dunque, sono istituiti collegi plurinominali nei quali le forze politiche si presentano sotto forma di listini bloccati di candidati, con l'elezione che avviene, com'è ovvio, dal primo all'ultimo dei nomi inseriti, a seconda della percentuale di voti ottenuta.
Ma come si voterà?
Le schede sono due, una per la Camera e una per il Senato: su ognuna, devono essere espresse una preferenza per il maggioritario e una per il proporzionale. Ogni candidato nel collegio uninominale - poniamo il centrodestra, il signor Mario Rossi - è sostenuto da una o più forze politiche che raccolgono voti per la parte proporzionale - in questo caso: Fratelli d'Italia, Forza Italia, Lega e centristi - l'elettore, dunque, deve scegliere uno dei nomi candidati con l'uninominale e una delle forze collegate che, al fianco del simbolo, presentano i nomi dei candidati nel listino proporzionale.
Non è contemplato il voto disgiunto: la forza politica votata nella parte proporzionale deve necessariamente essere collegata al candidato scelto col maggioritario. Se si esprime la preferenza soltanto per il maggioritario, il voto si ripartisce in quota proporzionale tra i listini collegati; viceversa, se si esprime la preferenza soltanto per il partito, il voto si estende automaticamente anche sul candidato al maggioritario.
Va chiarito che sebbene sul proporzionale i partiti corrano per conto proprio, al momento di distribuire i seggi in Parlamento conta prima la somma dei partiti in coalizione e, soltanto dopo, delle singole forze politiche.
In questo quadro, le forze di centrosinistra e di sinistra rischiano davvero il cappotto: ci sono flebilissime possibilità che Potere al Popolo possa eleggere un rappresentante, e anche Liberi e Uguali rischia di non eleggere nessun candidato: al massimo potrebbe strappare un seggio, col proporzionale alla Camera dei Deputati. I dem, invece, temono la disfatta, e cioé l'elezione di soltanto tre rappresentanti, due deputati e un senatore col proporzionale: anche nella migliore delle ipotesi, comunque, il PD - stante i sondaggi - non dovrebbe riuscire ad eleggere più di 3 deputati (2 col proporzionale e 1 col maggioritario) e 1 senatore.
Stando alle stime accreditate, infatti, i 7 parlamentari che l'Abruzzo eleggerà col maggioritario verrebbero spartiti da centrodestra e Movimento 5 Stelle, a meno che i democratici - come detto - non riescano a strappare l'elezione di un deputato: in particolare, dei 5 deputati - uno per ogni collegio - 3 potrebbero andare ai pentastellati e 2 al centrodestra; e così i 2 senatori, con M5S favorito nel collegio Chieti - Pescara e il centrodestra in quello L'Aquila - Teramo, sebbene c'è chi è convinto possa strappare entrambi i collegi.
Per ciò che attiene il proporzionale, invece, su 14 posti almeno 10 dovrebbero andare a centrodestra e M5S, col PD che, come detto, dovrebbe conquistare 1 seggio al Senato e 2 alla Camera e Liberi e Uguali che spera nell'elezione di 1 deputato.
Insomma, ad oggi l'Abruzzo potrebbe eleggere 8 o 9 parlamentari di centrodestra, 8 o 9 a Cinque Stelle e da 3 a 5 in seno alle forze di centrosinistra (PD e LeU). Ma c'è una campagna elettorale di mezzo, ovviamente, che potrebbe pure sovvertire i sondaggi.
Delineato il possibile scenario, è chiaro, però, che se così dovessero andare le elezioni in seno ai democratici abruzzesi - dal 5 marzo - niente sarebbe più come prima, con ripercussioni che investirebbero, evidentemente, anche gli equilibri in seno alla maggioranza in Consiglio regionale. Anzi, è probabile che le spaccature si manifestino anche prima, al momento di depositare le candidature.
Al momento, a dare le carte è Luciano D'Alfonso: dovesse sciogliere le riserve e scendere in campo, il governatore terrebbe per sé il seggio blindato in Senato col proporzionale su collegio unico, piazzando Camillo D'Alessandro come capolista del collegio Chieti - Pescara e Stefania Pezzopane come capolista del collegio L'Aquila - Teramo sul proporzionale alla Camera. Ecco come verrebbero spartiti i tre 'posti' sicuri. Dovessero i dem strappare un altro seggio, uscirebbe dall'uninominale, e non certo dai collegi dell'aquilano e del teramano. Detto ciò, non è un mistero che i vari Antonio Castricone, Donato Di Matteo e Tommaso Ginoble - soltanto per fare alcuni nomi - siano sul piede di guerra.
Non solo. In provincia dell'Aquila, un 'pezzo' di partito si sta ritrovando intorno alla possibile discesa in campo di Michele Fina che potrebbe rivendicare un 'posto al sole' mettendosi di traverso alle strategie del governatore.
In una situazione così 'calda', il Partito è un poco 'latitante': malcelati i malumori per l'atteggiamento del segretario regionale Marco Rapino che, sussurrano i maligni, sarebbe in vacanza - irrangiugibile - dai giorni di Natale, e per l'assenza contestuale, stando ai territori delle aree interne, del segretario provinciale Francesco Piacente, in viaggio di nozze. E d'altra parte, sarebbero in molti a temere di potersi 'bruciare', fiutata l'aria che tira, e dunque non è facile trovare possibili candidati di spessore per i collegi uninominali, in particolare nei collegi dell'aquilano e del teramano.
Come detto, i tempi stringono: la prossima, sarà già una settimana decisiva per iniziare a delineare in modo chiaro le candidature.