Sabato, 27 Gennaio 2018 19:18

Renzi ha cambiato verso al Pd, anche in Abruzzo: minoranze all'angolo

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"Il passaggio della composizione delle liste è sempre difficile; questa è stata una delle esperienze peggiori, una delle esperienze più devastanti dal punto di vista personale”.

All’alba di sabato, il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi pare stravolto; le candidature dem alle elezioni del 4 marzo sono passate, ma senza il voto delle minoranze: Orlando, Emiliano e Cuperlo hanno abbandonato la direzione – posticipata di ora in ora, fino a sera – poco prima delle 4 del mattino, delusi dall’atteggiamento della segreteria che aveva appena bocciato la proposta di rinviare, almeno di un’ora, la discussione.

Guerini aveva dato conto dei nomi dei candidati: "non è questione di posti, ma non siamo stati consultati”, le parole del Guardasigilli: “chiediamo un'ora di tempo per capire come sono stati decisi alcuni nomi", il senso della richiesta. Bocciata, come detto.

Dunque lo strappo, con la minoranza che ha lasciato la direzione e il voto dei renziani a formalizzare le scelte assunte dal segretario; scelte che parlano chiaro: Renzi ha completato il disegno che aveva in mente da tempo, rendere il PD a sua immagine e somiglianza. Sono i numeri a raccontarlo. Il segretario ha vinto le primarie col 69.2%: otto mesi dopo – e favorita la scissione dei dissidenti, confluiti in Articolo 1 – si è preso quasi il 90% dei circa 200 seggi parlamentari blindati, tra uninominale e proporzionale, stringendo all’angolo le minoranze congressuali. Uno stravolgimento rispetto agli equilibri parlamentari della legislatura appena conclusa: nel gruppo dem, i renziani erano una minoranza.

Ora, Orlando ed Emiliano - e così alcuni esponenti di peso come Franceschini - avranno giusto un manipolo di parlamentari, ridotti all’irrilevanza; il 5 marzo, il segretario avrà le mani libere, provando a realizzare il sogno di mettersi ‘in marcia’ come Macron.

E’ accaduto ovunque, anche in Abruzzo. A dare le carte è stato Luciano D’Alfonso, la cui candidatura è stata voluta proprio da Renzi, in un asse di ferro che potrebbe significare l’investitura da ministro, dovesse il PD vincere le elezioni; la segreteria regionale a trazione renziana non ha fatto altro che assecondare decisioni già assunte: D’Alfonso ha ricompattato il fronte teramano mettendo intorno al tavolo l’assessore regionale Dino Pepe e il capogruppo Sandro Mariani, emarginando di fatto il nemico Tommaso Ginoble, ha blindato il pescarese e il chietino portando con sé il fedelissimo Camillo D’Alessandro, ricucendo pure con Toni Castricone e mettendo all’angolo Donato Di Matteo, e ha stretto un patto forte con la ‘triade’ aquilana, con Renzi che in serata, rivendicando le scelte – in conferenza stampa – ha parlato di Cialente e Pezzopane, “protagonisti – ha detto – della ricostruzione dell’Aquila”.

Cancellate con un colpo di spugna le voci ‘dissidenti’.

Si pensi a Michele Fina e Americo Di Benedetto, che avevano posto sul tavolo la loro candidatura supportati da più di cinquanta tra sindaci, amministratori e segretari di circolo della provincia dell’Aquila. Inascoltate pure le richieste della mozione Orlando, e del segretario provinciale Francesco Piacente, che avevano chiesto “cambiamento e novità”, di ripartire, in sostanza, “dalla base degli iscritti, dai volontari e dagli amministratori che, con le loro sensibilità politiche e appartenenze territoriali, hanno dato vita ad un congresso provinciale capace di finalmente di riaffermare i principi di autonomia e rinnovamento”. E che avevano avvertito, altresì, dal rischio di catapultare candidature dall’alto.

E’ accaduto più o meno lo stesso nel pescarese, col documento sottoscritto dalla segreteria provinciale finito in fondo ad un cassetto: in sostanza, amministratori e attivisti chiedevano che il seggio blindato sul proporzionale alla Camera fosse riservato ad uno dei tre parlamentari uscenti; dato che al Senato, collegio uninominale, si candida D’Alfonso – il senso del documento - “figura non di ispirazione provinciale ma di valenza regionale”, allora “occorre bilanciare con una candidatura che sia espressione del territorio”. A molti sembrava “di difficile comprensione e sicuramente inusuale”, inoltre, la contemporanea candidatura del Presidente della regione e del Consigliere Camillo D’Alessandro, “suo più stretto collaboratore, nonché già Sottosegretario alla Presidenza regionale e con attuale delega ai trasporti”.

E’ andata proprio così, invece; con un Partito schiacciato dall’alto, e la fuga da Regione Abruzzo di D’Alfonso e fedelissimi. Scelte che stanno creando un putiferio, ed in particolare in provincia dell’Aquila con annunci di autosospensioni eccellenti: a quanto si apprende, è stato convocata per il pomeriggio – ad Avezzano – un’assemblea provinciale urgente, con la partecipazione del segretario regionale Marco Rapino.

Ultima modifica il Sabato, 27 Gennaio 2018 23:44

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