Mercoledì, 28 Febbraio 2018 23:34

Elezioni, LeU: "Jobs Act ha precarizzato il lavoro. Ecco la nostra ricetta"

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Partiamo da alcuni numeri; nel 2017, i nuovi contratti stipulati sono stati 497mila: 450mila circa a tempo determinato, la stragrande maggioranza. Dei 900 contratti nazionali depositati al Cnel, soltanto 300 sono stati sottoscritti dalle organizzazioni sindacali più rappresentative: significa che abbondano i contratti ‘pirati’, con minori tutele per i lavoratori.

“Se dovessimo mettere un aggettivo accanto alla parola ‘lavoro’, useremmo precario, insicuro, nero”, l’affondo di Danilo Leva, candidato di Liberi e Uguali alla Camera dei Deputati sul collegio proporzionale L’Aquila/Teramo. “Il Jobs Act ha reso l’occupazione più precaria, e non è affatto un caso si registrino più infortuni e più licenziamenti disciplinari; vogliamo che il lavoro torni al centro dell’agenda politica del paese, il suo valore e, così, la dignità delle persone”.

Dunque, Danilo Leva – accanto a lui c’era Fabio Ranieri, capolista sul collegio unico proporzionale per il Senato, e Luigi Fabiani, candidato alla Camera sul collegio uninominale L’Aquila/Marsica/Alto Sangro – ha presentato le proposte di LeU: “chiudere la stagione della precarietà restituendo centralità sul piano normativo al lavoro a tempo indeterminato; reintrodurre una causale rigida per la stipula dei contratti a termine e di somministrazione; reintrodurre l’articolo 18 che misura la qualità del lavoro; inoltre, i contratti nazionali dovranno essere sottoscritti soltanto dalle organizzazioni sindacali e datoriali più rappresentative. Intendiamo, altresì, contrastare l’uso illecito della manodopera: quante false cooperative ci sono, quante false imprese. Inoltre, lavoreremo per la parità salariale tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione”.

Non solo. Liberi e Uguali intende chiudere la stagione delle delocalizzazioni: “se una impresa ha beneficiato di sovvenzioni e contributi pubblici, dovesse decidere di trasferire la produzione all’estero dovrà restituire i finanziamenti incassati”. E basta bonus e incentivi a pioggia: “è necessario un grande piano d’investimenti pubblici, a partire dalla messa in sicurezza del territorio, dell’edilizia pubblica e, in particolare, delle scuole. Gli investimenti pubblici rimettono in moto l’economia”.

Negli ultimi anni, la provincia dell’Aquila ha perso 17mila posti di lavoro, recuperandone poco più di un migliaio, ha aggiunto Fabio Ranieri. “Dobbiamo difendere il lavoro che c’è oltre che creare nuova occupazione. Col Jobs Act è stato smontato il sistema degli ammortizzatori sociali: è rimasta soltanto la Naspi che non è certo un incentivo a non licenziare. In questo senso, condividiamo le parole del sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi che ha definito gravissimo il mancato riconoscimento della Naspi e del Tfr ai lavoratori licenziati della Intecs”. Ranieri ha ribadito come vadano imposti meccanismi stringenti per obbligare le imprese a restituire i fondi pubblici in caso di licenziamenti o delocalizzazioni. “Ci auguriamo che le aziende che si stanno insediando a L’Aquila si dimostrino serie: tuttavia, un meccanismo di controllo è necessario, come avviene, peraltro, per i piccoli imprenditori che intendono accedere al bando Fare Centro e che, per almeno tre anni, debbono mantenere aperta l’attività. Si può fare per loro, figuriamoci per le grandi aziende che hanno preso milioni di euro per insediarsi nel territorio. E poi, non si debbono smantellare i servizi: lo dicevamo nei giorni scorsi, su 525 posti nuovi posti letto in sanità soltanto 60 sono destinati alla provincia dell’Aquila. Ebbene, i servizi portano anche lavoro”.

Sui fondi del 4% della ricostruzione destinati allo sviluppo economico, “va fatta una valutazione seria sulle risorse investite e sulla occupazione che hanno prodotto”, Ranieri lo mette in chiaro. Ricordando come più di 100 imprese del cratere rischiano di chiudere per il pasticcio sulla richiesta restituzione delle tasse non versate nel post terremoto. Sul punto, Luigi Fabiani ha confermato – l’aveva annunciato in una intervista a newstown, nei giorni scorsi [qui] – che il parlamentare europeo Massimo Paolucci ha presentato una interrogazione a risposta scritta. “Abbiamo sollevato due questioni”, ha spiegato Fabiani: innanzitutto, non si è tenuto conto di un elemento politico centrale “ovvero – utilizzando le parole di Paolucci - che l’intero cratere ha subito un danno assolutamente non comparabile con qualsiasi agevolazione si voglia considerare: migliaia di partite IVA chiuse nel campo artigiano, commerciale e professionale, migliaia di licenziamenti, spese per delocalizzazione temporanea o definitiva di molte aziende”.

Dunque, non si dovrebbe considerare il danno subito azienda per azienda, bensì il danno di sistema, patito, cioè, dal tessuto economico del cratere. Inoltre, nel periodo 2008-2011, nell'Unione vigeva il Temporary Framework, ovvero un regime de minimis a 500.000 euro. “Non ritiene la Commissione – domanda Paolucci - che debba essere quest'ultimo valore ad applicarsi nel calcolo di eventuali somme da restituire al netto di ogni danno subito, considerato che la legge 183/2011 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 27/11/2011 e ha avuto effetto su imposte maturate tra il 6 aprile 2009 e il 31/12/2010 ovvero in piena vigenza del temporary framework?”. Una soluzione difensiva, di certo, ma che taglierebbe per più della metà la lista delle imprese chiamate a restituire i tributi non versati.

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