Martedì, 03 Luglio 2018 20:01

Case popolari, nuova legge regionale a rischio incostituzionalità

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Il Consiglio regionale ha approvato quasi all'unanimità la norma che modifica i criteri di assegnazione delle case popolari.

Il provvedimento - primo firmatario Lorenzo Sospiri, capogruppo di Forza Italia - è stato votato anche dal Pd, che attraverso il suo capogruppo, Sandro Mariani, l'ha definita una "norma di civiltà".

Hanno votato no, invece, i Cinque Stelle. Domenico Pettinari, consigliere pentastellato, ha bollato la norma come una "sanatoria" mascherata.

Il provvedimento prevede che tra i requisiti per la partecipazione al bando di concorso per l'assegnazione degli alloggi vi sia la cittadinanza italiana ovvero, per i cittadini stranieri, regolare residenza da almeno dieci anni consecutivi nel territorio nazionale, nel rispetto della normativa statale in materia di immigrazione.

Inoltre viene modificato il criterio della residenza anagrafica o attività lavorativa esclusiva o principale prevedendo che il richiedente sia residente da almeno cinque anni nel bacino di utenza cui appartiene il comune che emana il bando.

Ma sulla norma pende già la spada di Damocle dell'incostituzionalità.

Non molti mesi fa, infatti, la Consulta ha bocciato una legge molto simile a quella votata dal consiglio regionale abruzzese che era stata approvata dalla Regione Liguria (la 13/2017).

Anche in quel caso era stato stabilito che gli stranieri, per poter partecipare all’assegnazione di alloggi di edilizia pubblica, dovessero essere "regolarmente residenti da almeno dieci anni consecutivi nel territorio nazionale".

Il provvedimenrto, hanno stabilito i giudici costituzionali, è incostituzionale per "irragionevolezza e mancanza di proporzionalità".

Ad impugnare la legge della Liguria era stata la Presidenza del Consiglio.

"Con riguardo ad una legge della Regione Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste" hanno scritto i magistrati nella sentenza "questa Corte ha già avuto modo di affermare che «la previsione dell’obbligo di residenza da almeno otto anni nel territorio regionale, quale presupposto necessario per la stessa ammissione al beneficio dell’accesso all’edilizia residenziale pubblica (e non, quindi, come mera regola di preferenza), determina un’irragionevole discriminazione sia nei confronti dei cittadini dell’Unione, ai quali deve essere garantita la parità di trattamento rispetto ai cittadini degli Stati membri (art. 24, par. 1, della direttiva 2004/38/CE), sia nei confronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, i quali, in virtù dell’art. 11, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2003/109/CE, godono dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda anche l’accesso alla procedura per l’ottenimento di un alloggio» (sentenza n. 168 del 2014). «Una tale valutazione di irragionevolezza e di mancanza di proporzionalità (risolventesi in una forma dissimulata di discriminazione nei confronti degli extracomunitari) è tanto più riferibile alla disposizione in esame, la quale – ai fini del diritto sociale all’abitazione che è diritto attinente alla dignità e alla vita di ogni persona e, quindi, anche dello straniero presente nel territorio dello Stato – richiede, per questi ultimi, un periodo di residenza ancor più elevato (dieci anni consecutivi). E ciò (diversamente dalla legge valdostana) senza neppure prevedere che tale decennale residenza sia trascorsa nel territorio della Regione Liguria, facendo non coerentemente riferimento alla residenza nell’intero territorio nazionale, ancorché sia poi la stessa legge impugnata, per quanto riguarda la prova del “radicamento” con il «bacino di utenza a cui appartiene il Comune che emana il bando», a fissare un requisito di residenza di «almeno cinque anni» (art. 5, comma 1, lettera b, della legge reg. Liguria n. 10 del 2004, come, a sua volta, modificato dalla legge reg. Liguria n. 13 del 2017".

Ultima modifica il Mercoledì, 04 Luglio 2018 04:35

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