"Finisce questa mattina all'alba, il triste ed indecente spettacolo cui noi aquilani siamo stati costretti ad assistere nei giorni scorsi. Biondi, con un post su Facebook, fa sapere che non sarà lui il candidato del centrodestra alla Presidenza della Regione. Ciò che desta incredulità e sconforto, però, è il tentativo di Biondi di cambiare la realtà a suo piacimento, provando, addirittura, ad uscire da eroe da una situazione che lo ha visto invece triste protagonista in queste settimane".
L'affondo è del segretario cittadino e consigliere comunale dem Stefano Albano e del capogruppo Stefano Palumbo. "Vorrebbe far credere alla città che è stato lui a rinunciare all'opportunità offertagli dalla Meloni, dopo aver fatto carte false e più di un pellegrinaggio fra i tavoli nazionali e regionali, fra Pescara e Roma, per mendicare la candidatura a Presidente di Regione, mettendo in imbarazzo il suo stesso partito e ricevendo veti di ogni tipo da tutto il centrodestra locale, regionale e nazionale. Vorrebbe far credere che lo avrebbe fatto per amore della città dimenticando però che era stato lui stesso a dichiarare di essere prontissimo a lasciare la carica di sindaco se solo il partito glielo avesse chiesto. Ci vuole una bella faccia tosta per continuare ad offendere l'intelligenza degli aquilani dopo che gli stessi hanno potuto constatare quanto false e propagandistiche fossero le promesse fatte in campagna elettorale, tutte, dopo 1 anno e mezzo di governo, completamente disattese".
La realtà è un'altra, ribadisce il Pd cittadino: "Biondi ha provato a cogliere la palla al balzo per salire di grado e prestigio e contestualmente cavarsi d'impiccio, di fronte alle difficoltà incontrate finora, ai limiti manifesti della sua Giunta e agli insanabili conflitti in seno alla maggioranza in Consiglio comunale. Prima il ruolo di coordinatore provinciale di Fratelli d'Italia, poi il tentativo di farsi nominare commissario per la ricostruzione, quindi lo spregiudicato tentativo di ottenere la candidatura alla Presidenza della Regione, sono dimostrazioni del tentativo di Biondi di trovare una via d'uscita da una situazione che, dopo l'elezione di D'Eramo in Parlamento e le candidature che metà della sua Giunta prepara per il Consiglio regionale, rischia di lasciarlo con il cerino in mano e come capro espiatorio di un fallimento annunciato".
"Come l'8 settembre del '43, Biondi e la sua squadra erano pronti alla fuga, ma al contrario di Vittorio Emanuele III verso lidi, anzi ruoli politici, più gratificanti. Sono state settimane in cui gli interessi della città sono stati subordinati a questo spregiudicato disegno, con un sindaco distratto, al punto di sollecitare il Governo sul decreto Genova, possibile veicolo di misure per la città, solo quando il provvedimento era già uscito dal consiglio dei ministri, eppure attentissimo a non pestare i piedi al Governo, e soprattutto alla Lega di Salvini, intento a saccheggiare la città dei 18 milioni di euro ad essa assegnati dal precedente governo attraverso il bando per la riqualificazione delle periferie. Dopo giorni di distrazioni e sogni di gloria, uno striscione allo stadio riporta Biondi con i piedi per terra. Alla guida della città siede oggi un sindaco azzoppato dalla sua stessa ambizione, insofferente a ricoprire un ruolo che non lo gratifica abbastanza, un sindaco che non gode più della fiducia della sua maggioranza e della stima degli aquilani. L'Aquila è una città che mai come adesso va amministrata con amore incondizionato e non come trampolino di lancio per le carriere politiche degli amministratori di turno. L'Aquila non merita di essere trattata così. L'Aquila merita molto di più".