Sul tavolo sono rimasti tre profili: Marco Marsilio (Fratelli d’Italia), Luigi D’Eramo (Lega) e Antonio Martino (Forza Italia).
E’ da questa lista che dovrebbe uscire il nome del candidato governatore della coalizione di centrodestra. Sia chiaro: il panorama politico è talmente mutevole che avventurarsi in previsioni, al momento, non è esercizio semplice e, forse, neanche tanto utile. In questo senso, è comprensibile che Fabrizio Di Stefano, col supporto delle tre liste ‘civiche d’Abruzzo’ che fanno riferimento a Gianluca Zelli, Daniele Toto e Piergiorgio Schiavo, stia tirando dritto per la sua strada, che se a Roma non dovesse trovarsi una quadra il punto di caduta potrebbe essere proprio la sua candidatura a governatore, un po’ come accaduto alle amministrative a L’Aquila, con Pierluigi Biondi che, partito da lontano e fuori dalle logiche partitiche, ha finito per riunire intorno al sé il centrodestra.
Al momento, però, è davvero difficile a credersi.
Voi direte, d’altra parte: dal tavolo romano è arrivato un intendimento chiaro, sarà Fratelli d’Italia a dover esprimere il nome del candidato. Vero. Le forze di centrodestra attendono la proposta: Giorgia Meloni pare essersi convinta a puntare sul senatore Marco Marsilio, cresciuto a Roma ma di genitori abruzzesi. Tuttavia, la scelta potrebbe mettere in subbuglio il partito, ed in particolare i coordinatori regionali Etel Sigismondi e Giandonato Morra che stavano lavorando ad un profilo politico: dovesse essere davvero Marsilio il candidato, si tratterebbe di una sonora bocciatura della classe dirigente locale di Fratelli d’Italia. Tra l’altro, non è un mistero che le altre forze partitiche di centrodestra, Forza Italia e Lega, non vedrebbero affatto di un buon occhio la discesa in campo di Marsilio, poco conosciuto sul territorio e che potrebbe spingere le forze civiche moderate a guardare altrove, magari a Giovanni Legnini, dovesse sciogliere i nodi e candidarsi.
Ecco il motivo per cui non può darsi affatto per scontato che sarà Fratelli d’Italia ad esprimere il candidato.
In questi giorni, si è parlato di un possibile ‘scambio’ con la Lega: al Carroccio l’Abruzzo e al partito della Meloni la Sardegna; in realtà, per un ragionamento che attiene soprattutto alla composizione dei collegi per le Europee, Salvini non intende in alcun modo mollare l’isola; la mossa di Giorgia Meloni che si sta mettendo di traverso in Sardegna si spiega, piuttosto, con la volontà di evitare che il tavolo romano la tagli fuori dalle scelte. Sarebbe più credibile uno ‘scambio’ con Forza Italia, con l’Abruzzo agli azzurri e la Basilicata alla Meloni. Così fosse, il candidato designato sarebbe l’onorevole Antonio Martino.
Ma siamo davvero nel campo delle ipotesi.
Piuttosto, vanno seguiti con attenzione i movimenti della Lega che, in silenzio da tempo, in realtà non avrebbe affatto rinunciato alla possibilità di esprimere un suo candidato, l’onorevole aquilano Luigi D’Eramo. Al momento, Salvini non ha alcuna intenzione di rompere il fronte del centrodestra; si fanno insistenti, però, le voci di un tentativo del Carroccio di rinviare l’appuntamento con le urne in Abruzzo alla metà di maggio, accorpando le regionali con le europee.
E sì, non si può dire con certezza neanche che si voterà il 10 febbraio.
E’ evidente che i rapporti tra Lega e Forza Italia siano ai minimi storici: non passa giorno che gli azzurri non si scaglino avverso le scelte economiche del così detto ‘governo del cambiamento’. Lo scriviamo da tempo: la manovra di bilancio dirà molto sul destino del governo giallo-verde e sulla tenuta della coalizione di centrodestra sui territori. Salvini ne è perfettamente consapevole e, per questo, non ha abbandonato l’idea di rilanciare, provando a delineare un fronte sovranista di destra che finirebbe per spaccare Forza Italia: in questo quadro, l’appuntamento decisivo diventerebbero proprio le elezioni Europee, col disegno del ministro degli Interni di un largo campo anti-europeista che finirebbe per rompere anche gli equilibri nazionali.
Non è un caso che, nei giorni scorsi, Berlusconi e Tajani abbiano spedito messaggi piuttosto espliciti, evocando il rischio di una alleanza più strutturata tra Lega e Movimento 5 Stelle. D’altra parte, se Salvini ha davvero intenzione di tenere in vita l’esecutivo, non potrà continuare ancora a lungo con la politica dei due forni.
Rinviare le regionali a maggio permetterebbe di giocare la partita sul lungo periodo, così da capire cosa accadrà a valle dell’approvazione della manovra economica - con lo spettro dei mercati e dello spread che potrebbero rovesciare il tavolo - e agire, dunque, di conseguenza. Se la coalizione di centrodestra dovesse implodere, è chiaro che l’onda lunga della campagna elettorale per le Europee aiuterebbe la Lega anche a giocarsi la partita in Abruzzo, ed ecco il motivo per cui Luigi D’Eramo sta lavorando per non farsi trovare impreparato. Il Carroccio, comunque, potrebbe giocarsi la candidatura anche se la coalizione di centrodestra dovesse tenere alle turbolenze della manovra bilancio, se Fratelli d’Italia, come sperano i livelli regionali, dovesse davvero incartarsi sulla scelta del candidato.
Insomma, D’Eramo è ancora in corsa. Come Marsilio e Martino, appunto. Come Di Stefano che, se il candidato dovesse essere il senatore di Fratelli d’Italia, potrebbe pure tentare di rompere e candidarsi da indipendente con le civiche d’Abruzzo.
Altrettanto turbolenta la situazione in seno al centrosinistra.
Si resta in attesa che Giovanni Legnini sciolga le riserve; col passare dei giorni appaiono più evidenti le titubanze dell’oramai ex vice presidente del Consiglio superiore della magistratura. E per due motivi differenti, intrecciati tra di loro: da una parte, i sondaggi che, al momento, sono abbastanza impietosi e non è affatto scontato che Legnini decida di abbracciare una sfida così difficile, rinunciando al profilo istituzionale assunto in questi anni; dall’altra, la necessità di segnare una profonda discontinuità col passato se si vuole almeno provare a giocarsi la partita: ne è consapevole Legnini, ne sono consapevoli le forze di centrosinistra, e tuttavia non sarà affatto facile, considerato che Luciano D’Alfonso non ha alcuna intenzione di mettersi da parte. Il senatore dem, già governatore, vorrebbe costruire una lista con suoi uomini di fiducia, e non ha mancato, in queste settimane, di chiarire che lavorerà per fare in modo che possano candidarsi 200 persone nelle liste di centrosinistra.
Non è un mistero che i rapporti tra D’Alfonso e Legnini siano piuttosto tesi; la presenza, ingombrante, dell’ex vice presidente del Csm preoccupa, e non poco, l’ex governatore che, sull’Abruzzo, intende mantenere la sua rete di relazioni, e potere. Ecco il motivo per cui D’Alfonso potrebbe mettere più di un bastone tra le ruote a Legnini, spingendo su altre candidature, esplicite – magari con la richiesta di primarie, come già lasciato intendere nei mesi scorsi – o tenute sotto traccia, sebbene ci si stia già lavorando seriamente. I nomi sono noti: Antonio Luciani da una parte, Silvio Paolucci dall’altra.
Sta di fatto che, per come è stata comunicata la possibilità di una candidatura di Legnini, è evidente che un passo indietro finirebbe per azzoppare definitivamente un centrosinistra già in difficoltà, ed è il rischio che sta correndo la coalizione. D’altra parte, la discesa in campo dell’ex vice presidente del Csm potrebbe attrarre le esperienze moderate, si pensi ai civici Andrea Gerosolimo e Donato Di Matteo, all’ex sottosegretaria Federica Chiavaroli, ad un certo elettorato di centrodestra che, se il candidato dovesse guardare chiaramente a destra, sarebbe maggiormente a proprio agio in una coalizione larga guidata da una figura di prestigio come Legnini.
Se ne saprà di più nelle prossime ore: inutile sottolineare che se Di Stefano dovesse rompere a destra, aumenterebbero le possibilità di vedere Legnini in campo, e comunque una candidatura di Marsilio non dispiacerebbe affatto al centrosinistra. D’Alfonso permettendo, ovviamente.