Uno strano 'asse', trasversale e, di certo, inatteso, sta segnando in profondità la campagna elettorale verso le elezioni regionali.
Un 'asse' teatino, un filo rosso che tiene insieme Fabrizio Di Stefano e Giovanni Legnini sul campo 'grigio' che si è aperto tra le coalizioni tradizionali di centrodestra e centrosinistra, se ha ancora senso ragionare di queste categorie in un'epoca liquida, in cui la politica sta provando a ritrovare una sua verginità fuori dai partiti, in una rinnovata veste civica.
Non è un mistero che Legnini stia aspettando le mosse delle forze partitiche di centrodestra per sciogliere le riserve, l'ha detto chiaramente: "Sto verificando se vecchi e nuovi recinti della politica possano essere superati", le parole affidate a newstown qualche settimana fa; "il centrodestra sta discutendo e quella discussione ci interessa molto - ha aggiunto, d'altra parte, la deputata Stefania Pezzopane - per definire meglio i confini della nostra alleanza e del nostro progetto". E non è affatto un caso che l'ex vice presidente del Csm abbia impresso una improvvisa accellerata settimana scorsa, all'indomani della conferenza stampa di Di Stefano che, all'Aquila, ha annunciato la sua candidatura, con o senza il sostegno di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia.
E' chiaro che se Di Stefano dovesse 'rompere' con le liste 'Civiche d'Abruzzo', Legnini sarebbe della partita, azzerandosi di fatto il vantaggio che i sondaggi attribuiscono ad una coalizione di centrodestra unita. A quel punto, tra l'altro, una parte del mondo civico moderato, tradizionalmente liberal conservatore, potrebbe anche riconoscersi intorno alla candidatura istituzionale dell'ex vice presidente del Csm che, proprio per questo, ha tenuto a ribadire che, dovesse accettare di scendere in campo, non sarebbe il candidato del centrosinistra tradizionalmente inteso.
Guarda caso, domenica scorsa i coordinatori regionali di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia si sono ritrovati a pranzo, a Roseto, preoccupati dalla situazione che va maturando: "occorre stabilire il perimetro delle liste civiche", le parole di Giuseppe Bellachioma; "bisogna parlare con tutti, nessuno escluso. C'è bisogno di una coalizione forte, unita e vincente perché se Legnini dovesse presentarsi con una serie di civiche senza il simbolo del Pd è chiaro che sarei molto preoccupato". Ha aggiunto il coordinatore di Fdi Etel Sigismondi: "il centrodestra è intenzionato a costruire una coalizione molto ampia e, soprattutto, programmaticamente coesa".
C'è preoccupazione, evidentemente.
D'altra parte, il cartello di amministratori che si è ritrovato attorno a Donato Di Matteo e Andrea Gerosolimo non ha ancora chiarito la sua posizione e Lelio De Santis, segretario regionale Idv, che ha dato vita con i socialisti di Giorgio D'Ambrosio e Daniele Toto al progetto 'Avanti Abruzzo' ha lasciato chiaramente intendere come si stia guardando con interesse alla discesa in campo dell'ex vice presidente del Csm.
Su questo sta 'giocando' Di Stefano, sulla paura che una rottura potrebbe aprire la strada ad una 'fuga' del mondo moderato verso Legnini auspicando che, così, le forze partitiche tradizionali possano convergere, infine, sulla sua candidatura. Le parole e gli atteggiamenti non mentono: in queste settimane, l'ex parlamentare non ha mai affondato il colpo sul governo regionale guidato da Luciano D'Alfonso e, nelle ultime ore, le sue dichiarazioni si sono fatte ancor più esplicite: "Legnini è persona di grandi capacità ed esperienza e, quindi, una sua candidatura alzerebbe il livello del confronto a vantaggio di tutti", ha dichiarato ieri, a margine della conferenza stampa di presentazione delle prossime iniziative elettorali. "E se Legnini infine non decidesse di candidarsi - ha aggiunto - e qualora sarò Presidente della Regione, vorrei comunque coinvolgerlo in quanto ritengo indispensabile costituire un tavolo con le migliori energie dell'Abruzzo che, fuori da ogni perimetro ideologico, elabori progetti che aiutino a rilanciare la nostra regione".
Più chiaro di così.
Di riflesso, anche Legnini sta 'giocando' lungo questo asse con Di Stefano: come detto, una delle condizioni che potrebbe spingerlo alla candidatura è proprio la rottura del fronte di centrodestra che permetterebbe, appunto, di "superare vecchi e nuovi recinti della politica"; e c'è da scommetterci, dovesse andare così, che l'ex vice presidente del Csm potrebbe tendere una mano all'ex parlamentare. E' altrettanto chiaro che se Di Stefano dovesse infine decidersi a fare un passo indietro, e sarebbe comunque difficile immaginarlo a lavoro per far vincere una coalizione, quella di centrodestra, che non l'ha voluto, l'asse di cui si parlava potrebbe trasformarsi in qualcosa di altro, e di diverso.
Una minaccia per Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, a meno che non finiscano per convergere su Di Stefano, è ovvio: a quel punto, Legnini potrebbe anche fare un passo indietro, sebbene sia improbabile arrivati a questo punto, o sfidare l'ex parlamentare in una campagna elettorale che, però, sarebbe all'insegna della correttezza istituzionale, senza colpi bassi e fuori dalle polemiche sull'azione di governo della passata amministrazione regionale di centrosinistra che, Legnini lo sa bene, è il vero impaccio alla sua candidatura.