Cancellare le Province, il Governo fa sul serio, a costo di violare la Costituzione. Il ddl “Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni” firmato dal ministro Del Rio ha avuto il via libera dalla Camera il 21 dicembre.
Il disegno di legge, in sostanza, regola tre aspetti pratici dell’abolizione delle province. Il primo: stabilisce che i consigli e le giunte provinciali saranno abolite e sostituite da assemblee di sindaci del territorio della vecchia provincia. In altre parole non ci saranno più elezioni, presidenti di provincia, giunte e assemblee provinciali: l’assemblea dei sindaci sarà costituita da tutti i sindaci dei comuni con più di 15 mila abitanti e dai presidenti delle unioni di comuni con più di 10 mila abitanti.
L’assemblea eleggerà un presidente con un sistema di voto ponderato (ogni sindaco conterà in proporzione al numero di abitanti del suo comune). Le funzioni di questa nuova assemblea saranno essenzialmente di pianificazione in aree per cui in precedenza erano competenti le province, come l’edilizia scolastica e le strade. Gli incarichi nell’assemblea provinciale non saranno remunerati.
Gli altri due aspetti regolati dalla legge sono l’istituzione delle città metropolitane e nuove regole per la fusione dei comuni. Quest’ultimo punto serve in sostanza a rendere più facile per i comuni riunirsi e quindi partecipare all’assemblea provinciale. Il primo punto invece è più importante. Le città metropolitane si sostituiranno alle province dal primo gennaio 2014 a Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria (Roma capitale, invece, avrà uno status ancora più particolare).
In queste città, in altre parole, non ci sarà un’assemblea provinciale formata dai sindaci e nemmeno la vecchia provincia. Il sindaco della città metropolitana sarà automaticamente il sindaco della vecchia città capoluogo di provincia. Il sindaco metropolitano sarà affiancato da un consiglio metropolitano – composto da sindaci del territorio eletti dagli altri sindaci – e da una conferenza metropolitana – formata nello stesso modo dell’assemblea provinciale. In alternativa, ma il punto non è ancora chiaro, il sindaco metropolitano potrebbe essere eletto dai cittadini della ex provincia, diventando in questo modo simile a un presidente di provincia, ma senza un’assemblea di consiglieri eletti (e pagati) dai cittadini.
Il ddl Delrio dovrà essere ora approvato anche dal Senato. Inoltre, bisognerà modificare la Costituzione. Per questo motivo il governo, il 20 agosto (lo stesso giorno in cui venne presentato il Ddl Delrio), ha presentato anche un Ddl costituzionale con il quale viene modificata la Costituzione per eliminare tutti i riferimenti alle province.
Le leggi che modificano la Costituzione devono essere approvate per due volte da ciascuna Camera e se nella seconda lettura non ricevono almeno due terzi dei voti devono essere sottoposte a un referendum prima di entrare in vigore (un referendum senza quorum). Si tratta, come è chiaro, di un processo piuttosto lungo e complicato.
Intanto, però, il passaggio parlamentare ha scatenato importanti reazioni politiche. Che riguardano - e da vicino - anche la Provincia dell'Aquila. Il presidente Antonio Del Corvo, infatti, è vicino alle dimissioni. "Stiamo ragionando su di una possibile candidatura alle elezioni regionali del 25 maggio", spiega a NewsTown. "Non vorrei dimettermi, è la legge regionale che lo impone. In sintesi la legge 51, varata alla vigilia delle elezioni dell'aprile 2005 per impedire la candidatura di Luciano D'Alfonso, prevede l’ineleggibilità di presidenti e assessori provinciali che quindi, per candidarsi in Regione, dovrebbero dimettersi dall’incarico. Abbiamo sollevato la questione di costituzionalità della legge, come sottolineato dal Cal (il Consiglio delle autonomie locali che raggruppa i rappresentanti di Province e Comuni abruzzesi) che rinviava le dimissioni al momento successivo all'eventuale elezione. Senza alcun risultato. Dunque, se decidessi di candidarmi, dovrei lasciare la Provincia 120 giorni prima dell'election day. Non oltre il 24 gennaio. Il pensiero c'è, non posso negarlo, anche alla luce del ddl Del Rio che svuoterà di senso l'ente che presiedo".
Insomma, a meno di sorprese dell'ultima ora, tra un paio di settimane Del Corvo presenterà le dimissioni. A quel punto ci sarà una fase di commissariamento prefettizio fino al 30 giugno 2014, quando dovrebbe entrare in vigore il disegno di legge che abolisce le Province. "Sosterrò, ovviamente, il candidato uscente: Gianni Chiodi", sottolinea Del Corvo.
La domanda è: serve davvero abolire le province? Gli abolizionisti vogliono passare a Comuni e Regioni competenze (e patrimoni) provinciali, per 'razionalizzare' le funzioni amministrative locali e ridurre il personale politico: promettono, per le prime, due miliardi di euro di risparmi l’anno, per il secondo 110 milioni. Ma da tempo è guerra di cifre: c’è chi sostiene che in realtà una simile riforma moltiplicherebbe i costi, per il venir meno delle economie di scala nei servizi e perché il personale passerebbe a enti che applicano contratti più onerosi rispetto alle Province. Inoltre, uno su cinque dei 57 mila dipendenti probabilmente finirebbe ricollocato anche in termini di mansioni e luogo di lavoro, con la necessità di cambiare città.
"La Provincia è un organo necessario", sottolinea Del Corvo. "E' un ente sovraordinario ai Comuni, si occupa di servizi che andranno necessariamente preservati. Viabilità intercomunale, scuole, urbanistica, genio civile, pianificazione territoriale, tutela ambientale. Funzioni che le Regioni non hanno mai inteso svolgere. Chi se ne occuperà in futuro? Il Ddl lascia mano libera alle Regioni: è possibile che, in futuro, possano inventarsi l'ente per l'urbanistica, l'ente per il genio civile e così via. Dunque, di quale risparmio stiamo parlando? Inoltre, il personale delle Province passerà a enti che applicano contratti più onerosi. Per dire, un contratto da dipendente regionale costa 300euro in più di un contratto alla Provincia".
In effetti, nel mese di ottobre, la Cgia di Mestre ha diffuso una stima, secondo la quale la soppressione delle 107 Province a statuto ordinario farebbe risparmiare solo il 3,9% (510 milioni di euro) del loro costo annuo complessivo di 13 miliardi di euro. Gran parte della spesa, infatti, va in servizi da preservare, quali la gestione di 125mila chilometri di strade (circa l’80% della rete nazionale), 5mila edifici scolastici (medie inferiori e superiori), 2.700 palestre, 600 centri per l’impiego, cui si aggiungono trasporto locale, difesa del suolo, ciclo dei rifiuti, pianificazione territoriale di area vasta, tutela ambientale. Quanto ai costi meramente politici, l’agguerrita Unione delle Province italiane (Upi) contesta i 110 milioni ipotizzati dal governo: era così prima della cura dimagrante del 2011, che ha ridotto anche il numero degli eletti. Oggi la cifra corretta si ferma a 32 milioni.
Uno dei temi roventi della riforma è la soppressione del diritto di voto per i vertici delle Province. A novembre il disegno è stato bocciato anche da parlamentari di maggioranza, e fra i critici ci sono numerosi giuristi, come Piero Ciarlo (uno dei 35 saggi scelti dal governo per le riforme), che non esita a definire la legge “un incomprensibile pasticcio anticostituzionale, che anche se approvato probabilmente sarebbe cancellato dalla Consulta”.
Poco importa. Con l'imminenza delle elezioni Regionali, la Provincia dell'Aquila - tra poco più di 10 giorni - potrebbe ritrovarsi commissariata, senza Presidente. Del Corvo pensa già al futuro. E alle possibili soluzioni per il destino della ricostruzione dell'Aquila, soffocata nella guerra tra Governo e Comune che si è acuita dopo gli arresti e le indagini che hanno gettato un'ombra inquietante sull'amministrazione cittadina.
"Cialente deve incominciare a ragionare", incalza Del Corvo. "E' di sicuro una brava persona, come sindaco però vale poco. Molti ritardi sono dovuti alle sue indecisioni. Non mi preoccupa l'aspetto giudiziario, la Magistratura farà piena luce su quanto accaduto. Mi preoccupa la lentezza della ricostruzione pesante, delle scuole, degli uffici pubblici, delle sedi degli enti che hanno necessità di ricollocarsi e che restano a carico delle amministrazioni locali. Il comune dell'Aquila ha centinaia di milioni e non apre i cantieri. Se non li ha aperti in 5 anni, chi li aprirà in futuro? Il primo cittadino può anche restare al suo posto, la ricostruzione però deve essere commissariata".
Pensa al ritorno della struttura commissariale con a capo il presidente della Regione? "Non necessariamente. Una soluzione potrebbe essere l'irrobustimento delle competenze dell'Ufficio speciale. Per la ricostruzione pesante, che cantieri ha aperto il Comune dell'Aquila? Se qualcosa è stato fatto, è merito del Provveditorato alle Opere pubbliche, del Ministero per i Beni culturali. Un solo esempio: il Centro per l'Impiego della Provincia è ancora in affitto in via Rocco Carabba. E nel cassetto abbiamo già pronto il progetto. Il paradosso è che la Provincia ha i progetti ma non i soldi. Al contrario, il Comune dell'Aquila ha i soldi ma non indice le gare. Il caso delle scuole è emblematico, in questo senso".