Martedì, 01 Gennaio 2019 19:35

Centrodestra, Lega si mette di traverso sulla possibile candidatura di Gerosolimo

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Non è bastata l'indicazione ufficiale del candidato governatore per calmare le acque nella coalizione di centrodestra che si avvicina, in modo piuttosto turbolento, alle elezioni regionali del 10 febbraio prossimo. 

Come non fossero stati sufficienti i veti delle segreterie regionali sul profilo di Marco Marsilio, per tentare di affossare una candidatura che, tuttavia, è stata blindata dall'accordo nazionale tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, col risultato di un indebolimento della coalizione che sembrava avere già in tasca la vittoria e che, ora, guarda con preoccupazione al Movimento 5 Stelle e alla coalizione allargata che si sta raccogliendo intorno a Giovanni Legnini, ora è esplosa l'ennesima diatriba sulla possibile candidatura di Andrea Gerosolimo da civico nella lista che stanno approntando Udc, Democrazia Cristiana e il movimento Idea del senatore Gaetano Quagliariello

La Lega, infatti, si è messa pubblicamente di traverso. 

Se il deputato aquilano del Carroccio Luigi D'Eramo, nei giorni scorsi, aveva chiarito che "chiunque abbia fatto parte della maggioranza di centrosinistra non può essere candidato con la coalizione di centrodestra, e neanche loro parenti e affini", in riferimento ai rumors sulla possibile discesa in campo di Marianna Scoccia, sindaco di Prezza e moglie di Gerosolimo, il coordinatore regionale Giuseppe Bellachioma ha aggiunto che "chi ha governato l’Abruzzo con il centrosinistra deve stare lontano da noi anni luce. A buon intenditore poche parole".

Parole che non sono affatto piaciute ai moderati di centrodestra che si ritroveranno domani per approfondire la questione. Di "eccessivi veti che prefigurano situazioni di razzismo, non nei confronti di una persona ma quasi di una stirpe" ha parlato Quagliariello in una intervista ad Abruzzoweb, sottolineando, seppure indirettamente, come Gerosolimo abbia comunque preso le distanze dal governo D'Alfonso rassegnando le sue dimissioni da assessore. Pronta la replica di D'Eramo: "Se dici 'no' alla candidatura nel centrodestra di coloro che hanno governato con il centrosinistra vieni tacciato di razzismo! Questi sono pazzi", l'affondo. 

Insomma, il clima è incandescente.

Una grana che rischia di esplodere tra le mani di Marsilio che, fino ad ora, si era limitato a sottolineare come il tema fosse di competenza dei partiti; ora, il rischio è di una spaccatura con i moderati di centrodestra. E se si aggiunge che Fabrizio Di Stefano si mostra deciso ad andare fino in fondo con una sua candidatura a governatore, è chiaro come la preoccupazione nel centrodestra vada montando di giorno in giorno. L'ex parlamentare dovrebbe sciogliere le riserve nei prossimi giorni: a dire il vero, stante la decisione di Azione Politica di sostenere convintamente Marsilio e data per assodata la convergenza di Avanti Abruzzo, il cartello che ha riunito Italia dei Valori, Psi e Liberal Abruzzo di Daniele Toto, alla coalizione progressista di Legnini, è davvero difficile a credersi che Di Stefano, alla fine, decida davvero di correre in solitaria. 

E' per questo che nel centrodestra inizia a serpeggiare il timore di un sostegno dell'ex consigliere regionale all'ex vice presidente del Csm. D'altra parte, basta leggere con attenzione la risposta di Di Stefano all'invito di Giorgia Meloni ad un passo indietro: "Non è con un richiamo all'appartenenza che mi si convince a fare un passo indietro: vorrei vedere qualcosa di più, ossia quale progetto di rinascita per l'Abruzzo si intende proporre ai nostri concittadini. Lo ripeto da tempo: dall'11 febbraio occorre governare questa Regione avendo chiare sin d'ora strategie e azioni da attuare", le parole dell'ex parlamentare. Che sottolineando come Marsilio, impegnato in una iniziativa elettorale sul fiume Saline, avesse dimenticato "il vero simbolo dei disastri ambientali abruzzesi", e cioé Bussi, non ha mancato di ricordare come per la bonifica vi sia una "dotazione di 50 milioni stanziati dal Governo Berlusconi quando io e Giovanni Legnini eravamo in Parlamento. Somme che né i successivi Governi nazionali, né quello regionale hanno mai saputo utilizzare".

Un richiamo, quello a Legnini, che ha fatto storcere il naso a molti, nel centrodestra, e che sembra proprio voler ribadire come Di Stefano, con l'ex sottosegretario di Governo, abbia già collaborato in modo proficuo, sebbene da posizioni politamente distanti.

Non solo. Di Stefano ha aggiunto: "Mi si rivolge un appello all'appartenenza ed al mio essere di destra: sul tema di questi giorni relativo al Bilancio regionale, però, trovo assurdo che sul provvedimento vengano scaricate scaramucce politiche e di appartenenza, appunto, quando invece andrebbe evitato il ricorso in dodicesimi perché a pagarne le conseguenze sarebbero cittadini e imprese già sottoposte, da quasi un anno, al blocco di ogni attività a causa delle scelte di D'Alfonso. Anche qui, a mio avviso, avrebbe dovuto prevalere il senso di responsabilità verso la nostra regione piuttosto che la ricerca di una momentanea vittoria politica". Sappiamo come è andata: il 31 dicembre scorso, la maggioranza di centrosinistra - col voto determinante di Donato Di Matteo, oramai deciso a sostenere Legnini - ha trovato i numeri per approvare il bilancio, evitando l'esercizio provvisorio: tuttavia, Di Stefano non ha avuto parole tenere per i consiglieri regionali di centrodestra che non hanno teso la mano alla maggioranza per chiudere il documento di programmazione economico finanziaria dell'Ente. "L'Abruzzo per me viene prima del senso di appartenenza alla mia parte politica", ha ribadito l'ex parlamentare. 

Più chiaro di così.

Ultima modifica il Mercoledì, 02 Gennaio 2019 14:52

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