"I cambiamenti climatici condizioneranno fortemente il futuro a breve e medio termine. L’adozione del Katowice Climate Package, il 'libro delle regole' con cui attuare l’Accordo sul clima di Parigi, approvato in Polonia dalla Cop24 a dicembre scorso, frutto di compromessi anche più pesanti rispetto quanto sperato, rappresenta in ogni caso il modello sul quale oggi riorganizzare i 'sistemi' e cambiare paradigma in campo sociali ed economico se vogliamo lasciare possibilità di vita al pianeta, ai nostri figli e ai nostri nipoti. Il problema ha naturalmente risvolti planetari ma anche regionali e locali. In un progetto di governo di una pur piccola regione come l’Abruzzo non possono essere elusi gli argomenti riguardanti le indicazioni presenti nel 'libro delle regole".
A dirlo è Fabio Ranieri, candidato alle elezioni regionali del 10 febbraio nella lista dei 'Progressisti per Legnini', in un documento di proposte per le aree interne e l'ambiente, più in generale, condiviso con Enrico Perilli e Giovanni Cialone.
"Il ragionamento è difficile, comporta ragionamenti e scelte che devono coinvolgere 'la testa' e non 'la pancia' dell’opinione pubblica", riconoscono i progressisti. Dunque, "la prima cosa da fare è dare quelle corrette notizie oggi relegate in qualche articolo di settore. La regione potrebbe farsi portatrice di una giusta campagna di informazione e potrà e dovrà ancora molto altro. Entro pochi anni bisognerà ridurre drasticamente l’apporto di CO2 in atmosfera ed allora per le materie delegate ed anche per le altre ci si dovrà impegnare a sostenere la decarbonizzazione, incentivare l’energia alternativa, impegnarsi nei progetto 'zero rifiuti' e 'plastica free'".
Scendendo di scala va ricordato che in Abruzzo i comuni montani sono 200 su 305 dove vivono meno di 400.000 persone (circa il 30% della popolazione). "Questi comuni hanno una superficie pari al 67% della regione. Una fetta grande del territorio regionale, più della metà in termini di superficie si trova in area montana. La crisi strutturale di questa vasta area è cominciata nell’ottocento. Il decremento demografico continua ancora oggi e alcuni comuni dell’interno hanno perso in cento anni più del 90% della popolazione. Esempi eclatanti sono: Campotosto 3389 abitanti nel 1911, 536 abitanti nel 2016; Santo Stefano di Sessanio 1489 abitanti nel 1901, 113 abitanti nel 2016; Castelvecchio Calvisio 1123 abitanti nel 1901, 148 nel 2016; Carapelle 1001 abitanti nel 1911, 88 abitanti nel 2016; Fontecchio 1646 abitanti nel 1911, 337 nel 2016. L’elenco potrebbe continuare per altri centinaia di comuni".
Nell’area del cratere sismico (di tutti e due i terremoti) il problema si è naturalmente accentuato dal 2009 in poi. "Alcuni piccoli comuni sono già oltre la soglia della resilienza e sono condannati a divenire 'paesaggi dell’abbandono e dell’oblio'. Lo spopolamento della montagna non è inesorabile, però, non dipende semplicemente dall’orografia, ma dipende dalle politiche, e precisamente dalle politiche pubbliche. Quindi per cambiare paradigma, liberare le risorse e cogliere le opportunità delle terre alte è necessario innovare le politiche pubbliche, provare a ristabilire i legami forti tra popolazione e territorio, cambiare governance favorendo le autonomie decisionali e l'autogoverno. Considerare la montagna bene comune, una componente essenziale dell’equilibrio ecologico del sistema paese è una strada obbligata".
Esiste sempre una stretta connessione tra agricoltura e montagna, "quando la prima viene abbandonata la montagna si indebolisce e ne segue fatalmente le sorti ed il turismo non può essere considerato la panacea di tutti i mali che affliggono le terre alte, in special modo il turismo monotematico. Problema centrale era ed è quindi quello di cercare di mantenere presidi stabili, ricreare un sistema resiliente ed una società complessa dove c’è dentro l’agricoltura, l’artigianato, il turismo e tutti gli altri settori. E’ necessario garantire servizi collettivi e soggettivi, trasporti, sanità, scuola, banda larga. Dobbiamo manutenere ed avere cura del paesaggio che si va velocemente modificando e 'banalizzando' e questo si può fare solo riconquistando i terreni ex coltivi. I modelli dell’agricoltura intensiva non possono essere mutuati in montagna e le scelte della politica non aiutano. In Abruzzo il PSR (Piano di Sviluppo Rurale) dedica alle terre alte poca o nulla attenzione. Eppure, quasi tutto l’Appennino ha ancora la sua forza nell’agricoltura con prodotti di qualità sempre apprezzati dal mercato; questo dovrebbe far riflettere chi sceglie le politiche o almeno persuadere i decisori a studiare il fenomeno".
Una legge sull’agricoltura contadina, la piccola agricoltura che non da grossi numeri ma garantisce manutenzione del territorio e qualità dei prodotti recupererebbe l’handicap con l’agricoltura intensiva. "Il settore agroambientale è la più grande 'industria diffusa' del cratere sismico. Il censimento del 2011 ci ricorda che sono dedite all’agricoltura ed all’allevamento qualche migliaio di aziende poco considerate dentro gli strumenti di intervento nel settore ordinari e straordinari".
In questo quadro non certo esaltante l’anello più debole è rappresentato dagli amministratori locali "spesso lasciati soli ad affrontare grandi problemi Non è più possibile, ad esempio, rimandare le operazione di unione o fusione dei piccoli comuni per poter ricercare economie di scala e pianificare a livelli omogenei. Pur generosamente finanziate le associazioni o le fusioni di comuni nel centro sud ancora non albergano".
Dunque, a valle di queste riflessioni, Fabio Ranieri, condividendole con Enrico Perilli e Giovanni Cialone, ha messo in fila alcune azioni concrete, "da stimolare e realizzare". In particolare:
- "tutelare la biodiversità attraverso finanziamenti specifici;
- implementare le aree protette istituendo il Parco della Costa Teatina e il Parco regionale Simbruini-Ernici;
- una diversa gestione delle aree protette aumentando i finanziamenti e dotandole di governance più dinamiche, partendo dal presupposto che nessuna area protetta andrà ridimensionata; uscita dalla visione culturale di un turismo monotematico e centrato su singoli distretti non comunicanti tra loro, ogni luogo in base alla peculiarità che presenta dovrà organizzare un’offerta differenziata da quella di altri e spesso vicini distretti;
- vaorizzare l’allevamento, dell’agricoltura e delle tradizioni delle aree interne;
- favorire la rifondazione di comunità sociali dotando i paesi montani di servizi (plessi scolastici, distretti sanitari, servizi culturali e sportivi, servizi telematici, ecc ecc);
- sostituire la logica delle grandi opere con quella della manutenzione del territorio e qualora necessario adeguamento delle infrastrutture esistenti".