Ormai è guerra aperta tra Sabrina Di Cosimo e Pierluigi Biondi.
L’ex assessore alla Cultura sembra proprio non rassegnarsi all’idea di essere stata silurata su due piedi dal primo cittadino e sfoga su Facebook tutta la propria rabbia.
In un post, dopo aver citato l’articolo del codice penale che definisce il reato di calunnia, promette di "non fare la stessa fine di Mia Martini e Marco Pantani": "La calunnia dilania il cuore delle persone, logora le esistenze, svuota le anime e le porta alla morte. Io di certo non farò la fine di Mia Martini o di Marco Pantani! Non mi lascerò morire dentro casa. Quando una ha la coscienza a posto ha la calma e la tranquillità per difendersi ed è quello che farò in tutti i luoghi, politici e non! Ormai, nel bene e nel male, mi conosce tutta la città! Sono una leonessa, sono una tosta!".
Il post si chiude poi con l’hashtag #èlaSUAindole, chiaro riferimento a Biondi che si era giustificato così - "E’ la mia indole" - dopo aver spintonato un manifestante che protestava contro la presenza di Salvini all’Aquila nel giorno della fiera dell’Epifania.
Ma la Di Cosimo rincara la dose anche in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Centro.
In un mix di vittimismo e autocompiacimento, l’ex assessore rivela di essere stata stata cacciata "perché donna" ("Sono vittima di un atteggiamento maschilista. Se mi fossi chiamata Luigi D’Eramo non sarebbe finita così"), annuncia future azioni legali, senza specificare, però, qual è il reato di cui sarebbe stata vittima ("La vicenda avrà un seguito, mi hanno chiamato tanti avvocati anche da Roma che mi assisteranno gratis") e torna ad attaccare Biondi, sia politicamente ("Ho lavorato sodo in un anno e mezzo, l’unico assessorato, il mio, in un contesto di nulla cosmico. Con la ricostruzione e tutto il resto fermo, solo le mie iniziative hanno animato la città") che sul piano personale ("Chi dice che vuole in amministrazione persone sobrie e di qualità non va certo a litigare coi ragazzi in piazza il giorno di Salvini alla Befana").
Nell'intervista la Di Cosimo dà ormai per insanabile la rottura con il sindaco, dice di voler parlare con Marco Marsilio e Giorgia Meloni, afferma di avere la città dalla sua parte ("La gente mi ama, è con me. C’è stata un’insurrezione popolare trasversale a mio favore") e dichiara di essere stata vittima di un complotto ("Cercavano a tutti costi qualcosa contro di me, la premeditazione è ovvia e fa capire la colpevolezza di chi ha ordito questa trama").
Al netto delle questioni politiche e personali e delle accuse di sessimo lanciate verso i suoi ex alleati, che potrebbero anche avere qualche fondamento - così come fondati sono i dubbi sollevati dalla Di Cosimo a proposito del timing con cui il sindaco le ha dato il benservito (perché dopo le regionali e non prima?) - a stridere, nell'intervista, sono i toni encomiastici usati dall'ex assessore nello stilare un bilancio del proprio mandato: "Ho fatto la più bella Perdonanza e il più bel Natale della storia".
Sulla "più bella Perdonanza della storia" (e allora quelle in cui all’Aquila venivano Chico Buarque, Caetano Veloso e Gilberto Gil?) gravano, in realtà, ancora diverse ombre, sia relativamente alla rendicontazione delle spese, che ancora non è stata effettuata (la questione è stata sollevata dal capogruppo di Articolo 1 – Mdp in consiglio comunale Giustino Masciocco, che però non ha mai ricevuto risposta) sia sul mancato pagamento degli artisti ingaggiati, vicenda sulla quale anche la Cisl ora chiede chiarezza.
Quanto alle “Luci d’artista” - le luminarie di Natale tenute fino alla fine di gennaio – è noto che a pagarle sia stata la Camera di Commercio dell’Aquila, che ha versato 85mila dei 100mila euro spesi (gli altri 15mila sono stati messi dal Comune). Una sponsorizzazione che ha fatto discutere: la cifra è sembrata sproporzionata per delle luminarie già utilizzate anni fa in un’altra città (Salerno) e ha mandato su tutte le furie gli allevatori del comprensorio aquilano, che stanno ancora aspettando dall’ente camerale i 20mila euro della fiera degli ovini di Campo Imperatore. Le critiche si sono appuntate anche sui bandi-lampo fatti dall’amministrazione, sia per l’affidamento dei lavori per la posa delle luminarie che per la comunicazione.
Al di là dei "grandi eventi" come la Perdonanza o del cartellone di Natale, comunque, è nella gestione dell’ordinario - ossia nelle politiche a sostegno delle tante associazioni culturali che ci sono in città - che la realtà si discosta molto dalla narrazione tutta lustrini e paillettes fatta dalla Di Cosimo.
Ad oggi, infatti, il comune dell’Aquila non ha ancora stilato la graduatoria dei progetti destinatari dei contributi straordinari del 2018. I contributi straordinari sono stabiliti in base a criteri e griglie di valutazioni più o meno oggettive da un’apposita commissione, che però è scaduta più di un anno fa e non è mai stata prorogata con atti formali.
Lo scorso anno le associazioni dovettero aspettare l’estate per vedersi liquidare i contributi relativi al 2017. Un ritardo che spinse l’opposizione a convocare una riunione della commissione di Garanzia, nella quale vennero evidenziati anche i conflitti di interesse di alcuni membri della commissione (che è ancora quella nominata dalla giunta Cialente nel 2015).
La Di Cosimo si è sempre giustificata dicendo che i ritardi erano imputabili al fatto che il suo assessorato poteva contare su poco personale. Ma mentre le associazioni aspettavano di essere pagate dal Comune (parliamo di contributi minimi, di poche migliaia di euro), dopo che comunque avevano partecipato a una procedura pubblica, lo stesso assessorato staccava assegni da 19 mila euro (16 mila per il Capodanno e altri 3 mila per il Carnevale) in favore dell’associazione L’Aquila Young per contributi concessi in via diretta, senza gara né avvisi o manifestazioni di interesse.
Un atto legittimo dal punto di vista amministrativo (gli importi erano sotto soglia) ma inopportuno dal punto di vista politico, stante il malcontento che le altre associazioni avevano più volte manifestato per via dell’inerzia dell’amministrazione.