A diciotto mesi dall'insediamento, il sindaco dell'Aquila Pierluigi Biondi ha deciso di rassegnare le sue dimissioni.
Una decisione attesa, visti gli scossoni in maggioranza delle ultime ore, ma dettata - stando a quanto affermato in conferenza stampa - più dal mancato trasferimento, da parte del Governo, dei 10 milioni di euro necessari a salvaguardare gli equilibri di bilancio che non dalla crisi che sta dilaniando il centrodestra, alle prese con un rimpasto di giunta che, a un mese dalle elezioni regionali, stenta ad andare in porto. Senza quei soldi, del resto, il Comune dell'Aquila non potrà approvare il bilancio di previsione entro il 31 marzo: un passaggio ineludibile, previsto dalla legge, in mancanza del quale scatterà il commissariamento.
Ora, Biondi ha venti giorni per tornare sui suoi passi e non lasciare la città commissariata in occasione del decennale. Il sindaco ha chiarito, però, che se quei soldi non arriveranno non cambierà idea; insomma, ha deciso di giocarsi la carta delle dimissioni - lo ha ribadito - per far pressione sull'esecutivo nazionale. Proprio come fece a più riprese nei suoi nove anni di mandato il suo predecessore, Massimo Cialente. "Senza le risorse per il riequilibrio del bilancio - le sue parole - non saremo in grado di garantire servizi e la dovuta attenzione alle difficoltà che vivono i cittadini: personalmente, non sono disposto a mettere le mani nelle tasche delle imprese e delle famiglie, né sono disposto a fare l'esattore per conto terzi", l'affondo di Biondi; "voglio che il Comune e la comunità siano rispettate dall'alto e dal basso. Se le risorse non saranno garantite, non farò passi indietro: non farò come Cialente, che alzò le tasse agli aquilani, non farò fare passerelle ai politici di turno".
Biondi ha voluto chiarire che il problema non è soltanto il mancato trasferimento dei fondi, sebbene si tratti della questione più impellente. "Per cavilli burocratici incomprensibili sono bloccati i fondi, pure disponibili, che ci permetterebbero di assumere un contingente di personale dedicato alla ricostruzione pubblica che è ferma al palo. Reclamo da tempo, inoltre, la riprogrammazione della delibera 48/2016 e non per chiedere ulteriori risorse - abbiamo fin troppi soldi per la capacità di spesa che siamo capaci di esplicare stante l'insufficienza di personale - bensì per fare il punto sul fabbisogno per l'annualità 2019 e per il triennio 2019/2021. Ricordo che il 2020 è l'ultima annualità prevista per i finanziamenti a valere sulla Legge di Stabilità del 2015, i 5 miliardi e 100 milioni per le attività di ricostruzione: attualmente, sono disponibili ancora 1 miliardo e 800 milioni e non si è più proceduto, tra l'altro, con l'aggiornamento della relazione annuale al parlamento, ferma al 2017. D'altra parte, abbiamo ribadito al Governo e alla Struttura tecnica di missione che non possiamo interrompere il flusso dei fondi del 4% al 2020 ma avremo necessità, anzi, di utilizzare le risorse in modo efficace per sostenere la ripresa del tessuto economico". E poi, c'è la battaglia sulle tasse "e non si sono notizie neanche rispetto all'innalzamento della soglia in de minimis: bisogna trovare la soluzione, altrimenti decine e decine di aziende si troveranno costrette a restituire, in un'unica soluzione e maggiorata di interessi, la quota eccedente i 200 mila euro per cui non si sarà dimostrato il nesso di causalità col terremoto".
Ha poi aggiunto di aver avvertito della sua decisione il sottosegretario Vito Crimi: "mi rendo conto che si tratta di una forma di pressione estrema nei confronti del governo, ma sono decisamente tranquillo e convinto che si tratti della scelta giusta. Sono sereno - ha inteso ribadire il sindaco dimissionario - non porto sul fisico i segni del rancore e del risentimento. Se il governo e le forze politiche di maggioranza vorranno mettere a disposizione della città le loro migliori intelligenze, sarò disponibile a portare avanti il mio mandato di sindaco".
Un riferimento, quello alle forze politiche di maggioranza, che non è passato inosservato, evidentemente. Per quanto il primo cittadino le abbia messe in secondo piano, è innegabile che sulla sua scelta abbiano influito anche e soprattutto le tensioni che da settimane agitano la maggioranza. Tensioni deflagrate negli ultimi due giorni, dopo la decisione di Biondi di chiamare nella giunta come vice sindaco e assessore titolare di deleghe pesanti Raffaele Daniele non condividendo la scelta con gli alleati che, da settimane, reclamavano una riunione di maggioranza per fare chiarezza sugli equilibri politici che si erano determinati a valle delle elezioni regionali così da ricomporre la Giunta.
Di fatto, Biondi una maggioranza non ce l'ha più. Non è un caso che alla conferenza stampa - in realtà, si è trattato di "comunicazioni" ai giornalisti che non hanno avuto modo di rivolgere domande al sindaco dimissionario - si siano presentati soltanto l'assessore Carla Mannetti e il vice sindaco Raffaele Daniele, oltre al consigliere Daniele D'Angelo (capogruppo di Benvenuto presente) e al presidente del Consiglio Roberto Tinari (Forza Italia). Assente il gruppo consiliare della Lega, assenti i consiglieri di Fratelli d'Italia e così gli esponenti di Insieme per L'Aquila, assenti gli assessori o, almeno, quelli che restano.
"L’Aquila si trova in una fase importante della sua storia recente, a meno di un mese dal decennale del sisma, e tuttavia assai delicata: da un lato, le risposte del Governo sono insufficienti rispetto alle necessità della comunità locale e del cratere; dall'altro, c’è una situazione locale che impone alle forze politiche di maggioranza un'assunzione di responsabilità" ha riconosciuto Biondi. "Una città che vive ancora le sofferenze che sopportiamo ogni giorno merita di essere amministrata con senso del dovere e con la sensibilità che si deve ad una comunità ferita. Il difficile percorso di rinnovamento che abbiamo avviato non può essere interrotto dalle ambizioni dei singoli, dei partiti e dei movimenti civici che non dovrebbero eccedere arrivando al punto dell'autoreferenzialità, a credere, cioé, che 'ciò che è buono per il partito è buono per tutti' ribaltando l'etica che pure la politica imporrebbe".
Dunque, ha aggiunto: "la città ha bisogno di un sindaco e di una giunta nella pienezza delle funzioni e delle deleghe accordate e di un consiglio comunale che sappia supportare, indirizzare e correggere se necessario l'azione amministrativa senza pregiudizi e giochi di posizionamento che, seppur facenti parte della dialettica politica e seppur utilizzabili come elemento di rappresentazione delle legittime istanze di ciascuno, generano cattive interpretazioni nella cittadinanza che vorrebbe uno stile e una sobrietà istituzionale diversa. Una indicazione che riguarda in primis il sottoscritto, sia chiaro, non sto facendo lezioni a nessuno".
Alcune componenti politiche che sono state chiamate ad amministrare la città nel giugno del 2017 - ha proseguito il sindaco dimissionario - "sembrano aver smarrito la forza propositiva e l'entusiasmo di quei giorni. È come se avessero dimenticato che l'obiettivo unico e primario è la ricomposizione comunitaria della città e del suo territorio, attraverso politiche e interventi efficaci, che abbiano come fine ultimo la crescita e il benessere dei cittadini. È questo il momento per dimostrare che la città può contare su una classe dirigente consapevole e matura, che sappia coniugare valori e azioni di una buona e sana amministrazione".
Biondi ha quindi rivendicato i risultati raggiunti dalla sua amministrazione in meno di due anni, "pur nella complessità di una situazione ereditata con molte criticità. Penso alle stabilizzazioni del personale del Comune, alle certezze che finalmente sono state fornite ai dipendenti Ripam, all'accordo attuativo per la caserma Rossi, al progetto di riqualificazione dell'area di San Basilio, al concorso di idee per Porta Barete, alla riforma delle società partecipate, al piano per l'edilizia cimiteriale, al piano per il riassetto dell'edilizia scolastica, all'accordo con Anac e Provveditorato alle Opere pubbliche per velocizzare l'assegnazione degli appalti per la ricostruzione delle scuole, ai criteri adottati nell'assegnazione degli alloggi del progetto Case che garantiscono in primis gli aquilani e chi ha scelto di rimanere in questa città, all'attenzione alle problematiche legate alla disabilità e l'istituzione del disability manager, all'avvio dei cantieri di Palazzo Margherita e della De Amicis. E, ancora, al Piano per la mobilità urbana sostenibile, all'anello tra le statali 17 e 80 a ridosso del casello autostradale che con il nostro impulso finalmente vedrà la luce, alle risorse che siamo riusciti a dirottare su questo ente grazie ai fondi europei" e così via.
Biondi ha persino richiamato la figura del giudice Paolo Borsellino. E ha chiosato: "Mi trovo nella condizione di dover interrompere questo processo virtuoso, ripeto, per l'assenza di risposte concrete da parte del governo e per l'atteggiamento autoreferenziale della politica locale".
Sin qui, le sue parole.
Fatta la cronaca, è chiaro che Pierluigi Biondi tornerà sui suoi passi, giusto in tempo per il decennale: è plausibile, anzi, che il sindaco dimissionario sia già consapevole che, nei prossimi giorni, i fondi per il riequilibrio del bilancio arriveranno. Dunque, la decisione assunta oggi è squisitamente politica, per mettere con le spalle al muro i partiti di maggioranza forzando la mano conscio che la maggior parte dei consiglieri di centrodestra non ha alcuna intenzione, in realtà, di 'andare a casa'. Un balletto insopportabile, una prova di forza che il sindaco ha inteso inscenare per mettere a tacere i mal di pancia in seno coalizione e tornare più forte di prima a Palazzo Fibbioni. Chiaro, no?