La crisi di maggioranza ha finito per trasformarsi, anche, in una crisi delle opposizioni.
Scrivevamo, qualche giorno fa, che a L'Aquila c'era da ricostruire una maggioranza e c'era da ricostruire una opposizione: ebbene, i fatti delle ultime ore stanno lì ad evidenziarlo con estrema chiarezza.
A far deflagare le minoranze è stata la mano tesa al sindaco dimissionario Pierluigi Biondi dal gruppo consiliare del Passo Possibile, quello più numeroso, con cinque consiglieri, quello del candidato sindaco della coalizione civico progressista, Americo Di Benedetto, rafforzatosi a valle della sanguinosa scissione maturata in seno al PD cittadino. Ebbene, il gruppo non ha escluso la possibilità di un sostegno al primo cittadino a patto che ricomponga una giunta tecnica, di salute pubblica: "a ridosso del decennale del sisma e in un momento cruciale per il futuro della città dell’Aquila, la nostra condotta è dettata da un responsabile senso civico e dall'attaccamento al bene comune, chiarendo che il nostro impegno non ci vedrà coinvolti nell'attribuzione di ruoli", è stato spiegato.
L'abbiamo detto e lo ribadiamo: non ci sarà alcun commissariamento, la crisi di maggioranza rientrerà giusto in tempo per il decennale e Biondi troverà una quadra tra le forze di centrodestra. Ne è consapevole anche Il Passo Possibile. La mossa, tuttavia, serve a prendere le distanze nettamente dal Pd e dalle forze di sinistra, con l'obiettivo, mai nascosto da Di Benedetto, di costruirsi un profilo politico diverso, centrista, di responsabilità pubblica. L'idea è di strutturare il movimento, allargarlo ai territori, provando a giocare d'anticipo su future spaccature che potrebbero maturare in seno al Pd a livello nazionale - guarda caso, con l'appello di Nicola Zingaretti ad Articolo 1 si è tornati a parlare di scissione - e, intanto, radicarsi con una proposta alternativa, capace di parlare ai moderati di centrodestra e centrosinistra. D'altra parte, è persino banale ricordare come le primarie per la scelta del candidato sindaco abbiano finito per spaccare il fronte, facendo maturare i frutti della sconfitta elettorale del centrosinistra.
A due anni dalle amministrative, la mano tesa dal Passo Possibile a Biondi ha soltanto reso plastica una situazione di fatto che si trascina da mesi: in Consiglio comunale non c'è una coalizione di minoranza, non c'è mai stata; si va in ordine sparso, talmente sparso che tra i consiglieri che più coerentemente hanno esercitato la funzione accordata dagli elettori va segnalato Paolo Romano che del Passo Possibile è il capogruppo. Sulla linea della responsabilità, così definita, si è posta anche Elisabetta Vicini, eletta con la lista dei Democratici e Socialisti e candidata alle regionali con +Abruzzo, declinazione locale di +Europa, presidente della Commissione 'Vigilanza e controllo'; e sulla stessa linea, da tempo, è anche Lelio De Santis dell'Italia dei Valori.
Responsabilità, qui sta il punto.
Stante il rispetto per le diverse sensibilità politiche, la questione sta nella concezione che si pratica dell'opposizione e nella declinazione del concetto stesso di responsabilità. Lo andiamo ripetendo da tempo: le minoranze, in un consesso politico maturo, sono persino più importanti delle maggioranze, avendo il compito, delicatissimo, di controllo e vigilanza dell'azione amministrativa - non è affatto casuale il richiamo alla V Commissione, l'unica accordata alle opposizioni, che in questi mesi è rimasta desolatamente silente - di pungolo per l'esecutivo e, così, di stimolo ad una migliore azione di governo. Dal luglio 2017, dal giorno dell'insediamento di Pierluigi Biondi e della sua Giunta, l'opposizione - semplicemente - non ha esercitato le sue funzioni: e questa sì, è una responsabilità grave che ha avuto ripercussioni anche sulla denunciata incapacità della maggioranza di dare un governo forte alla città. L'opposizione non è stata in grado di restituire un progetto alternativo per L'Aquila, di declinare una diversa visione di città attraverso proposte concrete, messe nero su bianco in atti amministrativi, capaci di stimolare un dibattito in Consiglio e in città, d'inchiodare, così, la maggioranza alle sue responsabilità sfidandola su questioni concrete che, magari, avrebbero potuto anche indirizzare in modo differente l'azione amministrativa.
Lo ha riconosciuto il capogruppo del Pd, Stefano Palumbo: "Quasi 300 persone, espressione di raggruppamenti politici e civici diversi hanno sostenuto, candidandosi, un progetto politico alternativo nel merito e nel metodo a quello di Biondi, con una proposta che in questi due anni, purtroppo, non siamo stati capaci di contrapporre a quella debolissima dell'amministrazione; una responsabilità di cui, però, chi quel progetto lo ha incarnato in campagna elettorale a capo di una coalizione, si dovrebbe oggi, in primis, far carico", la stoccata. "Si fa opposizione non per osteggiare chi governa ma per affermare una visione diversa sul futuro della città, abdicare a farlo in attesa del primo scivolone della maggioranza significa rinunciare alle proprie idee e, nel caso dell'Aquila, significa assecondare un atteggiamento cinico che ha visto gli attuali amministratori utilizzare i propri ruoli esclusivamente come trampolino di lancio per le proprie carriere politiche".
E torniamo al punto di partenza: esclusa Carla Cimoroni, candidata sindaca dalla Coalizione sociale e, dunque, coerentemente 'fuori' dalla la coalizione civico progressista, gli altri consiglieri comunali eletti dalle varie forze del centrosinistra cittadino avrebbero dovuto condividere un percorso politico, una candidatura, un programma. E' questo che è mancato, ed oggi i nodi irrisolti stanno venendo al pettine. Non c'era un programma politico definito; a valle, la scelta del candidato che avrebbe dovuto declinarlo sotto forma di proposta di governo non è arrivata in modo coerente bensì con la contrapposizione tra due mondi lontanissimi che convivevano forzatamente in seno al Pd, il partito egemone della coalizione. Logica la conseguenza: suicidio elettorale e sfaldamento del fronte progressista il giorno dopo il ballottaggio. Se ci pensate, è ciò che sta accadendo in seno al centrodestra, che pure ha vinto le elezioni, con un candidato sindaco, però, imposto dalle spaccature tra i partiti d'area più che da un coerente percorso politico.
Ha ragione il capogruppo di Articolo 1 in Consiglio comunale, Giustino Masciocco: "E' iniziata una fase che porta ad una maggiore linearità comportamentale politico-amministrativa. Viene finalmente scoperchiato il vaso di Pandora, la folle decisione presa nella primavera del 2017 di far partecipare due esponenti del Partito Democratico alle primarie. Quella scelta ha prodotto, di fatto, una serie interminabile di veleni e dispetti politici che hanno portato all'attuale situazione. Noi di Art. 1 fummo, all'indomani di quelle elezioni comunali, tra coloro che dichiararono finita la fase di sperimentazione di un centrosinistra inteso come quello che si presentò alle elezioni. Eravamo convinti, e lo siamo ancora di più oggi, che il movimento, partito, chiamatelo come volete, che fa riferimento ad Americo Di Benedetto abbia nella sua indole posizioni più sfumate, porti avanti politiche meno caratterizzanti, non necessariamente di sinistra, che meritano comunque di essere rispettate, anche se lontane dalle nostre corde politiche. Altro discorso ed altra valutazione si potrebbe fare se il comportamento del Passo Possibile portasse ad un trasformismo di tipo politico-amministrativo senza transitare per nuove elezioni; per il momento, non vediamo questo pericolo".
Piuttosto, il fronte progressista dovrebbe preoccuparsi di ricostruire un'alternativa credibile al governo cittadino - dentro e fuori il Consiglio comunale - con un universo valoriale definito, senza sotterfugi e senza preclusioni, aprendosi magari alla vitalità che si sprigiona fuori dalle cerchie asfittiche della politica rappresentativa, alle intelligenze dei tanti che vivono i gruppi di potere consolidati come respingenti e che vorrebbero partecipare però, dare il proprio contributo se ne avessero davvero la possibilità. "Il ruolo di chi si oppone dovrebbe essere quello di costruire ed offrire un'alternativa di visione, valori e proposte a questo governo cittadino, un'alternativa capace di dire dove vogliamo portare la città, non noi stessi", ha sottolineato il coordinatore regionale di Articolo 1 Fabio Ranieri in una nota pubblicata su Facebook; "descrizioni totalmente astratte su come si fa e chi fa opposizione, riposizionamenti imbarazzanti, stupidi richiami all’ordine (quale poi?), vecchi rancori a volte anche un po’ vigliacchi perché mai espressi apertamente e quel penoso sottobosco di cose sussurrate (da parte di tutti, eh), servono forse a un po’ di ceto politico, a qualche personaggio in cerca d’autore e a sempre più piccole squadre di tifosi. E ci condannano, senza appello, ad essere percepiti come tutti uguali, inutili, interessati e incapaci".
D'altra parte, "i giorni successivi alle comunali la coalizione di centrosinistra si riunì, e, anche analizzando come le tensioni interne al Pd avessero 'mangiato' l'intera coalizione, mandandola in tilt, chiuse quella esperienza. Da lì si è quindi articolata non una 'coalizione di minoranza', ma diverse opposizioni, con profili, ruoli, identità differenti", le parole di Luca D'Innocenzo. "Io credo sia un bene, penso che i liberaldemocratici debbano fare i liberaldemocratici, che i socialisti debbano fare i socialisti, che il Pd debba fare il Pd, che la Coalizione sociale debba e possa ancora esercitare la sua funzione. Altra cosa è immaginare e costruire un progetto alternativo, laddove praticabile. L'idea che ci sia sempre qualcuno che da le carte a tutti, e gli altri che giochino a prescindere con le carte decise da terzi, è un po' tornare, con un vestito diverso, a far gli errori di sempre. Rispettarsi, sapendosi diversi, tra forze di minoranza, dovrebbe essere il punto di partenza. Rispettando identità, riflessioni e proposte, evidentemente diverse, anche quando non si condividono. E magari confrontarsi. La maggioranza mostra la corda, sia nella capacità amministrativa che nel suo darsi una prospettiva. Questo è il cuore della questione, la luna. Se parlate del dito che indica la luna, e non della luna, finite voi per proteggerla e coprirla, la luna".