Nel luglio del 2003, l’ex funzionario della Democrazia Cristiana Massimiliano Cencelli rilasciò un’intervista ad Avvenire spiegando la genesi di quello che, la stampa, negli anni, aveva definito il ‘Manuale Cencelli’: “Nel 1967 Sarti, con Cossiga e Taviani, fondò al congresso di Milano la corrente dei 'pontieri', cosiddetta perché doveva fare da ponte fra maggioranza e sinistra. Ottenemmo il 12% e c'era da decidere gli incarichi in direzione. Allora, proposi: se abbiamo il 12%, come nel consiglio d'amministrazione di una società gli incarichi vengono divisi in base alle azioni possedute, lo stesso deve avvenire per gli incarichi di partito e di governo in base alle tessere. Sarti mi disse di lavorarci su. In quel modo, Taviani mantenne l'Interno, Gaspari fu Sottosegretario alle Poste, Cossiga alla Difesa, Sarti al Turismo e spettacolo. La cosa divenne di pubblico dominio perché durante le crisi di governo, Sarti, che amava scherzare, rispondeva sempre ai giornalisti che volevano anticipazioni: chiedetelo a Cencelli”.
Negli anni, l’espressione ‘Manuale Cencelli’ ha finito per alludere, dunque, all’assegnazione di ruoli politici e governativi ad esponenti di vari partiti politici, o correnti, in proporzione al loro peso elettorale. Una mera logica spartitoria, in sostanza, giustificata dalla necessità di un pur legittimo spoils system ma che ha finito, troppo spesso, col dimenticarsi del merito.
Sono passati 42 anni dai giorni dei ‘pontieri’ della DC, la prima repubblica è stata spazzata via da un pezzo, eppure il vecchio ‘Manuale Cencelli’ è ancora attualissimo, in particolare tra le fila del centrodestra che, sull’onda del vento favorevole, vince le elezioni locali col ‘vecchio’ schema – Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e altri cespugli – ma poi deve affidarsi alla lezione di ‘Cencelli’ per cavarsi dall’impaccio di governare, spartendosi le poltrone nel tentativo di tenere insieme partiti che, a livello nazionale, sono maggioranza e opposizione parlamentare.
E’ accaduto a L’Aquila, al momento dell’insediamento di Pierluigi Biondi – e abbiamo visto come è andata, per esempio, con le società partecipate – sta accadendo in Regione Abruzzo, con la Giunta guidata da Marco Marsilio che, vinte le elezioni del 10 febbraio scorso, è ancora ‘appesa’ ad un pizzino per stabilire a chi affidare le poltrone.
Non ragionando di merito, sia chiaro, dei profili più credibili per svolgere incarichi che attendono al buon funzionamento dell’Ente e alla vita quotidiana dei cittadini, bensì di numeri: 101 posti a disposizione, 51 alla Lega, 25 a Fratelli d’Italia e 22 a Forza Italia – stando al foglietto svelato dal quotidiano Il Centro – poco o nulla ad Azione Politica e Udc.
E’ questo che sta accadendo.
E invece di mostrarsi almeno ‘imbarazzati’, gli esponenti del centrodestra litigano a distanza su pesi e contrappesi, sfogliando i risultati elettorali.
Sta di fatto che la Giunta convocata per questa mattina non scioglierà i nodi, in attesa del vertice tra i segretari delle forze di maggioranza che dovrebbe tenersi mercoledì. Dunque, slitterà ancora la nomina dei vertici delle ASL di L’Aquila e Chieti, incarichi determinanti per il buon andamento della sanità sui territori, da troppo tempo vacanti, in attesa di trovare una quadra che soddisfi i partiti di centrodestra. Restano sul tavolo i nomi dei favoriti: per l’azienda di Chieti Francesco Zavattaro, già direttore generale della Asl teatina per due mandati e attualmente dirigente amministrativo ad Udine, con la poltrona del manager della azienda della provincia dell’Aquila che dovrebbe andare ad uno tra Vincenzo Ciamponi, direttore amministrativo della Asl di Desenzano sul Garda in provincia di Brescia, già alle dipendenze della clinica privata Villa Pini, e Antonio Paone, vecchia conoscenza del governatore Marsilio, già direttore della Asl Roma 2, colui che ha fatto riaprire i termini del bando pubblico con un ricorso al presidente della Repubblica, contestando, a ragione, il limite di età a 65 anni posto nel bando originario.
Per ciò che attiene i direttori dei Dipartimenti, invece, fatta la nomina di Elena Sico all’agricoltura, si attende la conferma di Barbara Morgante alla direzione generale; l’attuale manager della Asl di Teramo, Roberto Fagnano, dovrebbe guidare il dipartimento sanità, Claudio Di Giampietro il dipartimento lavoro, Germano De Sanctis il turismo, Emilio Primavera i trasporti, Fabrizio Bernardini il dipartimento risorse umane e organizzazione, Emanuela Grimaldi gli affari europei con Pierpaolo Pescara che dovrebbe restare al suo posto, a guida del dipartimento territorio e ambiente.
Sulle altre decine di nomine ancora attese, ai vertici di 27 enti strumentali, società controllate e partecipate, si dovranno attendere gli accordi tra le forze di maggioranza, che guardano con particolare interesse a Fira, Arap, Ater, Saga e così via.