Domenica, 11 Agosto 2019 17:12

Biondi: in caso di elezioni, per candidarsi dovrebbe dimettersi subito da sindaco

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Pierluigi Biondi è pronto alla candidatura alla Camera dei Deputati.

A meno di un anno dal tentativo, fallito, di strappare l'investitura a candidato presidente della regione, il sindaco dell'Aquila - in caso di elezioni - farà valere l'accordo che, si sussurra da tempo, proprio in quell'occasione avrebbe stretto con la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni: un seggio blindato a Montecitorio in cambio del pieno sostegno a Marco Marsilio.

D'altra parte, non è un segreto per nessuno che Biondi punti da tempo all'elezione in Parlamento. 

I segnali non mancano e, tra gli altri, una 'narrazione' compiacente che sta aprendo la strada alla discesa in campo del primo cittadino che, in realtà, dovrebbe spiegare l'ennesimo tentativo di 'fuga' da Palazzo Fibbioni alle migliaia di aquilani che, soltanto due anni fa, gli hanno concesso l'onore e l'onere di guidare la città per cinque anni. E in questa narrazione, si è fatto cenno alla possibilità che Pierluigi Biondi possa candidarsi da sindaco e, soltanto una volta eletto, optare per l'una o l'altra carica, come accadde a Luciano D'Alfonso al momento dell'elezione in Senato. 

Ora, c'è da capire se davvero si tornerà a votare per le politiche e, soprattutto, quando saremo chiamati alle urne. Sta di fatto che la legge parla chiaro: come avevamo già anticipato [qui], se il sindaco dell'Aquila decidesse davvero di candidarsi, in caso di fine anticipata della legislatura dovrebbe dimettersi entro 7 giorni dallo scioglimento delle Camere. 

La norma di riferimento è il vigente D.P.R. n. 361 del 1957, Testo Unico delle leggi per l’elezione della camera dei Deputati (mutuato anche per l’elezione del Senato della Repubblica) che, all’articolo 7, sancisce la ineleggibilità dei “presidenti delle Giunte provinciali” e dei “sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti”; il successivo comma 3 ammette una eccezione: “Le cause di ineleggibilità (…) non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza del quinquennio di durata della Camera dei deputati”.

C’è poi da chiarire che, sempre l’articolo 7 del predetto D.P.R. n. 361/1957, al comma 4 specifica che “Per cessazione dalle funzioni si intende l’effettiva astensione da ogni atto inerente all’ufficio rivestito, preceduta (…) dalla formale presentazione delle dimissioni”.

L’efficacia di tale normativa è stata temporaneamente sospesa dal D.L. n. 223/2012 recante “Disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche nell'anno 2013”, che è intervenuta sui termini di rimozione delle cause di ineleggibilità alla carica di deputato e di senatore, prevedendo, alla lettera d) dell’articolo 1, e limitatamente alla prossima competizione elettorale, che dette cause non hanno effetto se le funzioni esercitate (e che impediscono l’elezione) siano cessate nei sette giorni successivi alla data del decreto di scioglimento, qualora questo anticipi la scadenza naturale della legislatura di oltre 30 giorni rispetto a quella sancita dall'articolo 60, primo comma, della Costituzione.

E' evidente, dunque, come Biondi sia ineleggibile, a meno che non si dimetta, e non compia atti da sindaco nei venti giorni che la legge concede per ripensarci, entro 7 giorni dallo scioglimento delle Camere. 

In sostanza, il sindaco dell'Aquila - in una ipotesi di scuola - potrebbe pure candidarsi e farsi eleggere alla Camera dei Deputati ma, una volta insediata, la Giunta per le Elezioni della Camera dei Deputati, organo preposto allo scrutinio di legittimità circa l’eleggibilità dei propri membri, interverrebbe deliberando la sua ineleggibilità col risultato che, di fatto, perderebbe il seggio di parlamentare. 

A dire che se davvero Mattarella dovesse sciogliere le Camere entro la fine del mese, Biondi dovrebbe lasciare Palazzo Fibbioni ai primi di settembre. 

 

Ultima modifica il Lunedì, 12 Agosto 2019 10:44

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