Dopo il Tar, anche il Consiglio di Stato ha rigettato i ricorsi del centrosinistra e di Lorenzo Berardinetti relativi alle passate elezioni regionali, scrivendo la parola fine sulla vicenda.
Il primo ricorso era stato presentato da Luciano D'Amico (primo dei non eletti della lista Legnini presidente), Pierpaolo Pietrucci (primo dei non eletti del Pd), Donato Di Matteo (primo dei non eletti di Abruzzo Insieme) e Franco Caramanico (primo dei non eletti di Progressisti-Liberi e uguali): chiedeva la correzione del risultato elettorale ribaltando l'attuale rapporto di forze tra Cinque Stelle (7 seggi assegnati) e centrosinistra (cinque seggi), sebbene lo schieramento a sostegno della candidatura di Giovanni Legnini avesse conquistato il 31,28 per cento dei voti contro il 20,20% dei pentastellati.
"Il MoVimento 5 Stelle è e rimane la prima forza di opposizione del Consiglio regionale in Abruzzo", il commento della capogruppo Sara Marcozzi; "è il momento che gli esponenti del centrosinistra se ne facciano una ragione una volta per tutte. Hanno irresponsabilmente intasato i tribunali e portato avanti una causa da migliaia di euro che, fin dal principio, era palesemente infondata in fatto e in diritto. Sarebbe bastata una lettura della legge elettorale abruzzese per avere chiaro il fatto che a essere premiate sono le singole liste, non le maxi coalizioni 'rastrella voti', tipo quella da loro creata con liste ad hoc per prendersi i voti casa per casa grazie a centinaia di candidati. Numeri alla mano, la lista del MoVimento 5 Stelle è stata quella ad aver ottenuto il maggior numero di voti tra i gruppi politici di opposizione - ha ribadito Marcozzi - e nessuno potrà mai cambiare questo dato di fatto, nonostante le continue forzature che gli esponenti del centrosinistra hanno provato a perpetrare, inutilmente, per tutto questo tempo".
L'ex assessore Lorenzo Berardinetti, invece, aveva fatto ricorso al Tar contro Sandro Mariani (eletto con Abruzzo in Comune), Roberto Santangelo (all'epoca dell'elezione appartenente ad Azione Politica) e Francesco Taglieri (Cinque Stelle): chiedeva di annullare la sentenza del Tar che aveva già deciso di non modificare l'attribuzione dei seggi, così come invocato nel ricorso presentato dapo il voto. In particolare, secondo Berardinetti, sarebbero stati erroneamente applicati gli articoli 16 e 17 della legge regionale 9/2013, con riferimento alla possibilità di computare o meno i voti delle liste che non hanno superato la soglia di sbarramento. Secondo il ricorso, l’Ufficio Centrale Regionale avrebbe erroneamente utilizzato i 'quozienti' che erano stati determinati inizialmente dagli Uffici centrali circoscrizionali, prima dell’applicazione della clausola di sbarramento e dell’esclusione dal riparto dei seggi delle liste Avanti Abruzzo, Centristi per l’Europa e Casapound Italia. Il senso, insomma, era sostenere che "il ricalcolo del quoziente, dopo l’esclusione delle liste non ammesse al riparto, è dovuto, è implicito nella legge per forza di cose, è una conseguenza dell’applicazione della soglia di sbarramento, senza che ciò possa definirsi intervento di ortopedia normativa".
Tesi rigettata dai giudici: "Non vi sono dubbi, sul piano teorico e dogmatico, circa (non solo la compatibilità, ma anche) la necessità che la determinazione del quoziente avvenga prendendo a base di calcolo la totalità dei voti validi espressi. Una restrizione della base di calcolo del quoziente, successiva alla esclusione delle liste minori, non espressamente prevista, snaturerebbe infatti la natura dell’istituto".
Respinto anche il ricorso presentato da Emilio Iampieri, ex consigliere regionale di Forza Italia, che ha ottenuto 4.173 voti nel collegio della provincia dell'Aquila, e da Gianni Bellisario, sindaco di Perano (Chieti), candidato con Azione Politica nel chietino e che ha strappato 1.753 preferenze: anche loro avevano contestato la ripartizione dei seggi. In caso di accoglimento sarebbero saltate le posizioni di Roberto Santangelo e Mauro Febbo. "Ero sicuro del risultato – ha dichiarato Febbo – e ho atteso serenamente la sentenza del Consiglio di Stato. Come avevo sempre sostenuto, e condiviso con il mio avvocato ed amico Massimo Cirulli che ringrazio per il risultato ottenuto e la sua professionalità, le tesi a supporto del ricorso erano totalmente prive di fondamento basandosi su un calcolo e su un riconteggio dei resti errato. Pertanto, oggi si chiude definitivamente una pagina poco felice che ha visto coinvolti diversi candidati e che, magari, poteva già essere chiusa dopo la sentenza del Tar che avrebbe dovuto far desistere nel portare avanti un contenzioso inutile".
Infine, il Consiglio di Stato ha rigettato anche il ricorso che era stato presentato avverso la lista dell'Udc, per la presunta inammissibilità legata alla raccolta firme; resta in assise, dunque, Marianna Scoccia.