"Non si ravvisano ragioni di diritto per sospendere l'erogazione della misura assistenziale nei confronti di tutti gli altri nuclei familiari esposti agli effetti economici provocati dal coronavirus".
Lo ha messo nero su bianco il presidente del Tar Abruzzo, Umberto Realfonzo, chiarendo come il Comune dell'Aquila, a seguito del decreto d'urgenza istruito dal Tribunale amministrativo a valle del ricorso presentato da una famiglia residente in Puglia ma domiciliata in città che aveva chiesto di essere ammessa al bando per i buoni alimentari, non fosse affatto costretto a fermare la distribuzione dei buoni spesa, come spiegato dal sindaco Pierluigi Biondi, bensì dovrebbe limitarsi a consentire al nucleo familiare ricorrente di presentare la domanda e procedere alla sua valutazione.
Una evidenza ribadita, sin dall'inizio, dai legali della famiglia pugliese.
Realfonzo si è così pronunciato respingendo l'istanza di revoca, o di modifica, della misura cautelare presentata dal Comune dell'Aquila "anche e specialmente alla luce del novello Dpcm 26 aprile 2020" che, stando all'Ente, consentendo il rientro nel luogo di domicilio o residenza di chi è rimasto bloccato dal lockdown nelle città in cui studia o lavora, avrebbe fatto venire meno le esigenze cautelari dei ricorrenti. Secondo il Comune, la famiglia bisognosa "non ha più ostacoli nel fare ritorno nella sua città d’origine", anche perché il minore in età scolastica, iscritto a una scuola media della città, può seguire le attività didattiche a distanza.
Al contrario, il presidente del Tar ha sottolineato come le disposizioni del decreto si applichino dal 4 maggio prossimo e, dunque, per il momento la famiglia è impossibilitata giuridicamente a raggiungere il luogo di residenza; non solo: dimostrando ben altra sensibilità, il Tar ha chiarito che "avendo uno dei membri della famiglia perso il lavoro a febbraio 2020, è possibile sussista l'impossibilità oggettiva di natura economica all'immediato ritorno" in Puglia. E per questo, "sussiste l'esigenza di assicurare comunque, senza indugio, la valutazione della posizione dei ricorrenti".
Più chiaro di così.
A questo punto, ci auguriamo che la Giunta comunale disponga, immediatamente, l'erogazione dei buoni alimentari alle famiglie che figurano in graduatoria, valutando l'istanza presentata dal nucleo familiare ricorrente.
"Non crediamo ci sia altro da aggiungere", si legge in una nota della Rete solidale L'Aquila. "Mentre la maggior parte dei comuni italiani ha distribuito i buoni alimentari alle famiglie bisognose già nella settimana di Pasqua, l'amministrazione comunale dell'Aquila ha sospeso la distribuzione della maggior parte dei buoni con argomentazioni politiche strumentali, cercando vanamente di alimentare una guerra tra i poveri anziché assumersi le proprie responsabilità. Chiediamo che venga chiusa questa pagina penosa con la ripresa della distribuzione dei buoni, in attesa che il tribunale sentenzi o meno il diritto della famiglia non residente ad accedere al bando".
Nel frattempo la Rete solidale continuerà, come dall'inizio dell'emergenza, a distribuire pacchi spesa alle famiglie che ne faranno richiesta al 351-7944859, "dovessero essere beneficiarie o meno dei buoni alimentari, che in questo momento non possono aspettare".
Un passo indietro.
Il ricorso è stato presentato da una famiglia composta da tre persone domiciliate all'Aquila, ed è facilmente dimostrabile considerato che un membro del nucleo familiare è stato impiegato nella ricostruzione post-sisma fino all'inizio di febbraio, restando poi disoccupato, e un altro membro era regolarmente iscritto ad una scuola media cittadina. Di fatto, la famiglia non ha potuto presentare domanda per il bonus alimentare essendo formalmente residente in un comune pugliese: il bando istruito dal comune dell'Aquila prevedeva che l'accesso fosse riservato ai soli residenti.
Nel decreto cautelare il giudice del Tar Umberto Realfonzo ha citato il parere qualificato del Dipartimento Politiche sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri che, nei giorni scorsi, aveva suggerito ai comuni di non adottare criteri discriminatori per la distruzione dei buoni spesa a sostegno dell'emergenza Covid. In particolare, era stato ribadito l'invito ad estendere l'accesso ai bandi "a coloro che non sono iscritti all'anagrafe purché domiciliati di fatto nel Comune, anche temporaneamente in quanto costretti sul territorio a causa del blocco della mobilità imposto dall'emergenza". Altrimenti, si sarebbe potuto generare "una discrimazione verso chi non possieda tali requisiti e tuttavia verta nella condizione di 'stato di bisogno' per richiedere i buoni alimentari".
Piuttosto intuitivo, in effetti: d'altra parte, i buoni spesa sono utilizzabili - è stato specificato - presso gli esercizi commerciali contenuti negli elenchi pubblicati da ciascun comune sul proprio sito istituzionale e, guarda caso, la stragrande maggioranza degli Enti ha indicato attività del territorio, compreso il comune di residenza della famiglia ricorrente che, dunque, pur potendo fare domanda non avrebbe potuto utilizzare il buono stante l'impossibilità a muoversi.
Sebbene si fosse alzato un coro di proteste a seguito della pubblicazione dei criteri d'accesso al bando, il Comune dell'Aquila aveva deciso di tirare dritto e il Tar, come prevedibile, ha emesso un decreto cautelare. Ma sia chiaro: non ha sospeso il bando, ha semplicemente disposto l'ammissione con riserva della famiglia ricorrente: a farla breve, il solo adempimento che il Comune sarebbe tenuto a eseguire è di consentire al nucleo familiare di presentare la domanda e procedere alla sua valutazione.
Biondi, invece, ha annunciato la sospensione della consegna dei buoni.
Sollecitato sul punto da alcuni giornalisti, il sindaco aveva risposto piuttosto piccato, parlando di "esegeti del diritto", ribadendo come il decreto cautelare del Tar sia stato "verificato dall'avvocatura del Comune e dal dirigente del settore Politiche sociali che hanno deciso in questo senso a titolo precauzionale: è vero che il provvedimento sospende gli atti nella sola parte in cui riserva l'accesso alla misura di sostegno ai soli nuclei familiari residenti nel comune, ma se non ci fosse la riserva - ha sottolineato Biondi - bisognerebbe rifare il bando, accogliere di nuovo le domande ed istruire una nuova graduatoria; così, la graduatoria in essere non sarebbe da considerarsi valida, e si potrebbe correre il rischio di assegnare buoni a famiglie che, all'esito della nuova valutazione, potrebbero restare tagliati fuori".
Di qui, la decisione assunta dall'amministrazione che, comunque, ha già consegnato i buoni ai primi 100 nuclei familiari in graduatoria. E viene da chiedersi di quale gradutoria, tra l'altro, considerato che non è stata ancora pubblicata.
"Non vi era alcuna necessità di bloccare la erogazione dei buoni - aveva replicato al sindaco l'avvocato Fausto Corti, uno dei legali che ha assistito la famiglia ricorrente - anche perché il contributo massimo a cui i nostri assistiti potrebbero aspirare è pari a 300 euro, un importo che il Comune potrebbe facilmente accantonare in attesa di valutare la domanda dei nostri assistiti e, nel contempo, procedere alla erogazione della restante somma. Non vi sono, perciò, ragioni giuridiche per negare una misura di soccorso alle migliaia di bisognosi che hanno già presentato la loro domanda e che Biondi ha deciso di prendere in ostaggio per motivi che sono solo ed esclusivamente di riprovevole natura politica", l'affondo del legale.