di Maria Luisa Serripierro - E’ un periodo difficile. Per le generazioni nate nel dopoguerra, probabilmente questo è il periodo più difficile mai vissuto.
Fra le molte cose che generano il caos, però, questa continua riclassificazione di priorità che vede considerare a fasi alterne prima la salute, la povertà, l’economia, la diseguaglianza, la disparità di accesso alle risorse, la disparità di accesso nei consessi degli esperti, non fa che ingigantire il caos e creare impossibili misure di gestione.
Nelle recentissime storie politiche e amministrative quotidiane della nostra città, nelle quali rientra ad esempio la reazione aggressiva – per usare un eufemismo – di ambienti della destra aquilana verso la Segretaria del Partito Democratico Emanuela Di Giovambattista e quindi di tutte le donne, penso con preoccupazione all’immediato e inevitabile riposizionamento delle priorità.
La solidarietà diventa una questione umana, personalizzata. E comunque viene dopo.
Dopo la riapertura dei cantieri, dopo le mascherine, dopo le ordinanze sconsiderate degli amministratori locali.
Preme ribadire due cose. La prima cosa riguarda l’importanza che si dà a quanto succede. Stigmatizzare comportamenti discriminatori é sempre una priorità assoluta, perché porta con sé tutto il resto, a inevitabile cascata. Quando si minimizza o peggio, non si considera, vediamo cosa accade, anche nel nostro piccolo ambito quotidiano. Si creano cittadini di serie A e cittadini di serie B, si prevedono e si applicano disposizioni che generano divisioni, si facilita la nascita di rabbie e ribellioni. Si genera odio.
La salvaguardia e il rispetto dei diritti di tutti non è uno slogan “radical chic”, né può essere considerata un’utopia. Deve, assolutamente, essere la base di partenza di ogni pensiero: culturale, economico, sociale.
La seconda è che la solidarietà, per quanto ovviamente positiva, deve tradursi in solidarietà politica, non solo umana. Deve esprimersi attraverso il compattamento politico di quelle idee che non prevedono discriminazioni sessiste al loro interno. E per questo non possono essere indirizzate ad alleviare solo lo sdegno di chi ne è oggetto, ma devono contemporaneamente esprimere il dissenso complessivo di tutte le donne e di tutti gli uomini progressisti, verso modelli culturali patriarcali e discriminatori. Se non si comprende questo, la battaglia è persa dall’inizio.
Maria Luisa Serripierro – Donne Articolo1 L’Aquila