"Abbiamo vinto la partita del Quirinale, ma sul governo non daremo nessuna carta bianca". Il vero vincitore politico, all’indomani della rielezione di Giorgio Napolitano, è senza ombra di dubbio Silvio Berlusconi. Affossato Prodi, l’unico capace di batterlo alle urne negli ultimi vent’anni, scampato il pericolo Rodotà, l’ex premier che poteva essere messo definitivamente all’angolo dal Partito Democratico si ritrova, ora, a giocare l’importante partita del governo da protagonista. "La situazione che viviamo – ha detto subito dopo l'elezione - richiede esperienza, saggezza, equilibrio, cultura politica e istituzionale: tutte qualità per cui Giorgio Napolitano è un riferimento per tutti noi". Sul nuovo esecutivo, però, si tratta.
Il momento è delicato, anche nelle fila del Pdl. Nel corso di un vertice a palazzo Grazioli è già emersa una linea di frattura tra falchi e colombe sull'atteggiamento da tenere alle consultazioni che inizieranno martedì. Per Verdini un esecutivo col Pd non si farà mai, il partito è troppo diviso. Tanto vale alzare la posta e chiedere il voto, perché stavolta non c'è il semestre bianco di mezzo. Dall'altro lato le colombe: "Non possiamo non provare, abbiamo avuto un atteggiamento responsabile, semmai devono essere quelli del Pd a far saltare il tavolo".
Provare si può, certo, anche se la tentazione elezioni anticipate per Berlusconi è più forte che mai. Provare si può a condizione che l’esecutivo sia politico, non tecnico. E che sia alla pari con il Pd. Si gioca per vincere, insomma. C’è un solo ostacolo, Napolitano: il presidente ha accettato la candidatura a patto che si formi un governo di responsabilità. Voci vicine al colle vorrebbero Giuliano Amato presidente di un consiglio con rappresentanti autorevoli di tutte le forze politiche della nuova maggioranza. Si fanno i nomi di Enrico Letta, Angelino Alfano e Mario Monti. Con loro i dieci saggi. L'obiettivo è un governo di almeno due anni, che affronti il tema delle riforme. Un governo del presidente, la cui riuscita preparerebbe la salita al Colle di Amato.
La discussione è solo all'inizio. Anche perché c’è da capire cosa accadrà in seno alla coalizione di centro sinistra. Se esiste ancora. Al sorriso beffardo di Berlusconi, ieri, hanno fatto da specchio le lacrime di Bersani. Oggi dovrebbero divenire esecutive le dimissioni del segretario, tradito dalle correnti interne al partito. Correnti che, con ogni probabilità, porteranno ad una dolorosa scissione.
Il gruppo dirigente è stato completamente azzerato: “si è dimessa l’intera segreteria”, ha annunciato Enrico Letta a risultato acquisito, spiegando che presto si terrà un congresso. Negli stessi minuti, in piazza Montecitorio, esplodeva la protesta. C’erano i grillini, certo, ma molti contestatori erano elettori del Pd che hanno bruciato le tessere di partito.
Le due anime del partito hanno iniziato a regolare i conti: il ministro Fabrizio Barca in un tweet ha bollato come “incomprensibile” il no a Rodotà. Parole che Matteo Renzi ha definito, poco dopo, “singolari e intempestive”. L‘ala sinistra del partito, nella votazione che ha eletto Napolitano, ha iniziato a contarsi: Sel, con Nichi Vendola, ha votato Rodotà. Con loro alcuni senatori e deputati del Pd. L’anima del partito che con Barca e la Puppato potrebbe dar vita ad una forza di sinistra, moderna ed europea. Con Renzi, invece, già leader in pectore dell’area centrista che guarda a Scelta Civica.
Insomma, l’elezione di Napolitano si è trasformata in una sorta di resa dei conti che, senza dubbio, ha cambiato il volto del Pd per come lo conoscevamo. Bisognerà capire che tipo di conseguenze avrà questa profonda scissione nella formazione di un esecutivo capace di assicurare stabilità al paese. Senza dimenticare il Movimento 5 Stelle. Beppe Grillo, subito dopo il voto, ha parlato di golpe invitando gli italiani a raggiungere piazza Montecitorio. In pochi minuti, centinaia di persone sono accorse alle porte del Parlamento. Immediatamente rinforzate le misure di sicurezza, fino alla marcia indietro del leader 5 stelle che ha annunciato, in serata, che sarebbe arrivato nella capitale a tarda notte e che, quindi, non avrebbe raggiunto i manifestanti. Una dichiarazione che molti hanno interpretato come una mossa tattica, per evitare che la situazione sfuggisse di mano.
A conclusione di una giornata che non dimenticheremo facilmente. Difficile credere che la protesta dei “cittadini” sia finita qui. Difficile immaginare cosa inventeranno ora che saranno opposizione di un governissimo di larghe intese.