Venerdì, 17 Luglio 2020 19:26

Crisi di maggioranza e cariche Gsa, specchio della politica cittadina

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Una giornata intensa, quella di ieri, per la politica aquilana.

Al mattino, il sindaco Pierluigi Biondi ha ritirato le deleghe agli assessori della Lega; al pomeriggio, i sindaci dell’aquilano hanno eletto, all’unanimità, i vertici della Gran Sasso Acqua, la società che gestisce il servizio idrico integrato in quasi tutti i 36 comuni soci.

Una giornata che, di fatto, ha segnato l’avvio della seconda fase della legislatura che porterà alle elezioni della primavera 2022.

Della crisi di maggioranza ci siamo occupati diffusamente; in queste ore, si attende una ‘risposta’ della Lega allo strappo imposto da Biondi dopo il durissimo intervento del capogruppo del Carroccio, Francesco De Santis, in Consiglio comunale.

Ne abbiamo scritto ieri: si è aperta una crepa sul fronte leghista; non tutti, ed in particolare gli assessori comunali, avrebbero condiviso l’intervento del capogruppo, contestandone i toni. D’altra parte, in questo momento rompere la coalizione di governo all’Aquila significherebbe aprire una partita nei comuni al voto in autunno – ed in particolare a Chieti e Avezzano – e portare la crisi fin dentro le stanze della Giunta regionale.

Difficile si arrivi ad una rottura insanabile.

E stavolta, è la Lega ad essere chiamata ad un passo indietro: Biondi, che ha tenuto una porta 'aperta' ritirando le deleghe ma non revocando gli incarichi d'assessore agli esponenti leghisti, si aspetta una presa di posizione pubblica che, di fatto, significherebbe restituire una dimensione personale all'intervento di De Santis che, a quel punto, potrebbe essere chiamato a ‘passare la mano’ con l’indicazione di un nuovo capogruppo. Altrimenti la crisi non rientrerà: come anticipato ieri, il sindaco dell’Aquila ha avuto il via libera da Giorgia Meloni e ha condiviso lo strappo col governatore Marco Marsilio e con l’assessore regionale Guido Liris che, così, hanno esposto a turbolenze anche la giunta regionale.

Un rischio ‘calcolato’, evidentemente.

Altro messaggio chiaro è arrivato dall’assemblea dei soci della Gran Sasso Acqua che, ieri sera, all’unanimità, ha rinnovato le cariche sociali; un risultato che è stato frutto anche dell’accordo raggiunto tra il sindaco Pierluigi Biondi ed il consigliere regionale e comunale Americo Di Benedetto che della Gsa è stato presidente per 11 anni.

Ad uscire sconfitti sono stati proprio la Lega e il Partito Democratico che, di fatto, non hanno ‘toccato palla’, usando un gergo calcistico che ci concederete.

Ed è il caso di riflettere su quanto accaduto.

C’è chi interpreta l’accordo sulla Gsa come un possibile antipasto di ciò che potrebbe accadere qualora la Lega dovesse rompere definitivamente con Biondi, con Il Passo Possibile che, in Consiglio comunale, potrebbe correre in sostegno al sindaco. Ora, la posizione del movimento civico è chiara, già spiegata puntualmente qualche mese fa, allorquando il Carroccio decise di non votare il bilancio di previsione dell’Ente e il gruppo consiliare, pur astenendosi, garantì il numero legale. Difficilmente cambierà.

Il punto non è questo, però.

La verità è che Di Benedetto ha potuto sedersi al tavolo con Biondi, e arrivare ad un accordo sulle cariche sociali della Gran Sasso Acqua, in forza di un lavoro fatto tra i sindaci; d’altra parte, sono i sindaci che, direttamente o tramite delega, hanno proceduto con le nomine. Un lavoro sul territorio che, evidentemente, ha portato i suoi frutti.

In seno all’assemblea dei soci, la Lega ieri poteva contare soltanto su due sindaci: Pio Feneziani (San Pio delle Camere) e Francesco D’Amore (Fagnano); un segnale di debolezza, di scarsa penetrazione sui territori. Il Partito Democratico, d’altra parte, si è disinteressato alla ‘partita’, e così persino sindaci di centrosinistra hanno avallato l’accordo, scegliendo Di Benedetto come interlocutore privilegiato.

Una fotografia della scena politica attuale.

Da una parte il Carroccio, in difficoltà, esaltato dal voto d’opinione ma incapace di farsi forza di governo sui territori, ed in particolare nelle regioni del centro sud laddove si è dovuta costruire da zero una classe dirigente, con Fratelli d’Italia che, al contrario, cresce con costanza, seppure più lentamente, attirando iscritti; non è un mistero che Giorgia Meloni stia lanciando una sfida alla leadership di Matteo Salvini partendo proprio dal Meridione. In questo senso, l’Abruzzo è il banco di prova privilegiato. Dall’altra il Partito Democratico che ha perso contatto con i territori, arroccato su posizioni di potere, lontano dai reali bisogni dei cittadini, e che sta smarrendo, così, la sua collocazione identitaria.

Da qui si parte, verso le elezioni comunali del 2022.

Se davvero Biondi dovesse decidere di non ricandidarsi, la Lega farebbe terribilmente fatica ad imporre una sua candidatura, come sta accadendo a Chieti e Avezzano d’altra parte e per diversi motivi; a meno di non credere che il Carroccio possa correre in solitudine. Fratelli d’Italia, invece, sta allargando la base del consenso, ‘occupando’ caselle di potere e tessendo una estesa rete di relazioni, trovando sostegno, almeno per il momento, in ciò che resta di Forza Italia.

Di Benedetto persegue un progetto politico altro, centrista, liberale, quella che abbiamo definito “la terza via” e di cui scriviamo da tempo; l’ex presidente della Gran Sasso Acqua sta occupando uno spazio, parlando ai moderati di centrodestra e centrosinistra e ‘offrendo’ loro un percorso difficilmente fraintendibile.

Il Partito Democratico resta invece nel guado, e l’assenza di una prospettiva chiara, di una proposta politica riconoscibile si manifesta, anche, in occasioni come quella del rinnovo delle cariche sociali della Gsa, con i dem ininfluenti in seno al Cda, lontani persino dai loro stessi sindaci.

Giusto ieri, è arrivato un appello alle forze politiche alternative alle destre che guidano la città, per costruire un percorso serio e credibile; un appello coraggioso, se è vero che si è ribadita la non autosufficienza del Pd, ma non basta. I dem inseguono il 'miraggio' di una coalizione allargata sul modello di quella che si è presentata alle amministrative di tre anni fa; un progetto fallito prima ancora di nascere, un minestrone di liste costruite ad arte per l’appuntamento elettorale che non aveva una visione comune, un universo valoriale condiviso e che si è sfaldata al ballottaggio.

Di Benedetto ha lasciato intendere chiaramente che non è più interessato ad esperienze simili, che non lavorerà a coalizioni che tengano dentro anche le forze di sinistra.

Dunque, il Pd deve decidere verso chi voltarsi, se fare parte del progetto centrista e liberale cui sta lavorando il Passo Possibile o se guardare a sinistra, per costruire una alternativa progressista, lavorando ad una proposta chiara, e radicale, per la città.

Fino a quando non scioglierà i nodi, non farà passi in avanti. E c’è da scommetterci che l’elettorato non apprezzerebbe, di nuovo, una coalizione arrangiata a pochi mesi dalle elezioni, l’ennesima sommatoria di liste ad uso e consumo elettoralistico. Certo, l’atteggiamento delle forze di sinistra non aiuta affatto, incapaci anche loro di avviare un percorso coerente in perenne attesa che il Pd lanci un segnale.

Tempo ce n’è, ma la corsa verso le elezioni è già cominciata.

Ultima modifica il Venerdì, 17 Luglio 2020 19:59

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