Entrano nel vivo le consultazioni del presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi, che, in giornata, incontrerà le delegazioni di Leu, Italia viva, Pd e i partiti del centrodestra che, come annunciato ieri, andranno divisi. A presentarsi a Montecitorio dall'ex presidente della Bce saranno dunque Forza Italia, guidata da Silvio Berlusconi, e Fratelli d'Italia con la leader Giorgia Meloni. Domani toccherà alla Lega di Matteo Salvini e al Movimento 5 Stelle.
Intanto a Roma oggi c'è Davide Casaleggio che forse incontrerà il fondatore Beppe Grillo, da ieri sera nella Capitale per guidare la delegazione pentastellata.
E' evidente che l'apertura di ieri del presidente del Consiglio uscente Giuseppe Conte che, di fatto, si è posto come leader del Movimento 5 Stelle - "Io ci sono e ci sarò", le sue parole - e federatore della coalizione con Pd e Leu, ha spalancato le porte di Palazzo Chigi a Mario Draghi che, al termine delle consultazioni, scioglierà la riserva accettando l'incarico.
Resta da definire il perimetro della maggioranza e, a valle, la natura dell'esecutivo che Draghi proporrà, se tecnico, politico o misto, come fu con Carlo Azeglio Ciampi nel 1993.
Sia chiaro, però: parliamo di un Governo destinato ad accompagnare il paese alla scadenza naturale della legislatura, nel 2023, e non a traghettare verso le urne prima del semestre bianco, dopo l'adempimento formale della stesura del Recovery Plan da presentare a Bruxelles. Ed è chiaro, altresì, come la mossa del Presidente della Repubblica abbia rimescolato le carte, con il fronte politico che vivrà di scossoni e smottamenti nei prossimi mesi fino alla definizione, è lecito pensare, di un nuovo ordine.
Innanzitutto, c'è la partita interna ai 5 Stelle: il movimento, per come l'abbiamo conosciuto, si prepara ad una profonda trasformazione, strutturale. In queste ore è arrivato l'appello alla responsabilità e alla maturità di Luigi Di Maio, ha assunto una posizione governista Virginia Raggi, sindaca di Roma che si gioca la riconferma alle prossime amministrative e persino Beppe Grillo, come detto, si è precipitato a benedire il governo Draghi. "Come era prevedibile, si apre un nuovo scenario; tranne Meloni, sono tutti più o meno con Draghi. I partiti saranno coinvolti e non ci sarà Governo più politico di quello di Draghi. Dovremo scegliere se abbandonarlo al centro destra, oppure accettare la sfida condizionando e recitando anzi un ruolo da protagonisti per gestire le immense risorse del recovery fund e tutte le altre partite connesse con i bisogni e i diritti dei cittadini" le parole del senatore abruzzese Primo Di Nicola.
Resta, però, la posizione oltranzista dell'ala più radicale dei pentastellati, quella che fa riferimento ad Alessandro Di Battista. "Ogni ora che passa, per quanto mi riguarda, si aggiungono ragioni su ragioni per dire no a Draghi", l'affondo. "Si dice: “non sarà un governo tecnico ma un governo politico”. Benissimo, allora ragioniamo di politica; c'è chi si batte da 906 giorni, ovvero dal 14 agosto del 2018 (giorno della Strage di Genova), per revocare le concessioni autostradali ai Benetton: davvero qualcuno crede che Draghi, colui che, da Direttore generale del Tesoro, assegnò le concessioni autostradali ai Benetton, possa revocarle? C'è chi combatte per l'istituzione di una banca pubblica di investimento: pensate davvero che Draghi, uomo legato a doppio filo alla Goldman Sachs possa realizzarla? Io credo che sia indispensabile un durissimo provvedimento sul conflitto di interessi che proibisca, per legge, consulenze (o conferenze ben retribuite) a politici ed amici della politica. Si potrà mai approvare una legge del genere con Renzi al governo, per giunta rafforzato politicamente, che si sta arricchendo a dismisura grazie a conferenze estere strapagate? Pensate che sarà possibile portare avanti battaglie sulla legalità e sulla giustizia stando al governo con Berlusconi? E ancora. C'è chi crede nei beni pubblici, nella scuola pubblica, nella sanità pubblica: secondo voi i Calenda e le Bonino, sponsor delle privatizzazioni, saranno d'accordo? E chi sostiene interventi per le piccole medie imprese crede davvero che un governo che nasce con la benedizione di Confindustria li sosterrà? Governo politico è una parola che non ha alcun senso in questo scenario. Cosa c'è di politico nel governare con PD, LEU, Forza Italia, Più Europa, Centro Democratico e, probabilmente, Lega Nord? Ci sarà qualche 'politico' dentro. Un numero, tra l'altro, decisamente inferiore a quel che si immaginano molti sostenitori del sì a Draghi. Ma di politico non vi sarà nulla. Opporsi a questo scenario è l'unica scelta, propriamente politica, che si possa fare", le parole di Di Battista.
Parole che hanno il retrogusto amaro di una possibile scissione, in seno al Movimento. Se così sarà, l'ala oltranzista si ritroverà con Di Battista e l'ala dialogante, invece, 'guidata' da Giuseppe Conte, lavorerà alla strutturazione di una coalizione con Pd e Leu superando, così, le ragioni originarie che avevano portato alla nascita dei 5 stelle.
Una svolta per la politica italiana, senza dubbio.
E' chiaro che una prospettiva di coalizione, come quella indicata ieri da Conte, chiamerà a sciogliere i nodi anche Leu, un soggetto politico che di fatto non esiste più, se non nella rappresentanza parlamentare: le due anime, Articolo uno e Sinistra Italiana, dovranno trovare una sintesi. Da una parte, Si - che ha appena celebrato il congresso nazionale eleggendo a segretario Nicola Fratoianni - vorrebbe lavorare alla costruzione di un partito di sinistra, ecologista; dall'altra Articolo uno sembra pronta a rientrare nel Pd, trainata in particolare dall'ex ministro Roberto Speranza e da Pier Luigi Bersani, sebbene l'operazione sia in stand by da parecchi mesi.
"Voglio essere chiaro e diretto: non esistono governi tecnici" ha spiegato in queste ore Fratoianni. "Ogni governo è politico e lo è per quello che realizza e vuole realizzare. Il mio giudizio su come siamo arrivati a questo punto è negativo. Molto negativo. Noi sostenevamo con convinzione, insieme a PD e M5S, il governo di Giuseppe Conte, che Matteo Renzi ha abbattuto con un atto di teppismo politico. La proposta di Mario Draghi non ci entusiasma, è evidente".
Sinistra italiana non dice "no a priori"; prima, "vogliamo vedere quale maggioranza lo sosterrà. Perché c'è un limite a tutto e i nostri voti non si sommeranno mai a quelli della destra nazionalista di Salvini e Meloni. Poi vogliamo vedere le proposte, il programma politico. Patrimoniale e riforma fiscale in senso progressivo o flat tax? Rinnovo del blocco dei licenziamenti o libertà di licenziare nel mezzo della pandemia? Messa in sicurezza idrogeologica del territorio o ponte sullo stretto? Rinnovo, e magari estensione, del reddito di cittadinanza o privare queste persone di un sostegno più che mai necessario? Sanità pubblica e diffusa o privatizzata e accentrata? È sui temi, sulla politica, che faremo la nostra scelta. Noi siamo pronti a discutere".
E' chiaro che anche da questa scelta, dal sostegno o meno al governo Draghi, dipenderà il futuro di una possibile alleanza con Pd e M5s e la discussione sulla nascita, o meno, di un contenitore di sinistra, forte e riconoscibile che possa rappresentare la 'terza gamba' di una futura coalizione, a livello centrale e sui territori.
C'è aria di tempesta anche nel centrodestra che, infatti, si presenterà diviso alle consultazioni con Draghi; Forza Italia ha immediatamente aperto ad un governo di largo respiro, e oggi sarà il giorno del ritorno sulla scena di Silvio Berlusconi. Sulla stessa posizione 'Cambiamo': a margine delle consultazioni col premier incaricato, il senatore Gaetano Quagliariello ha detto di aver avuto una "impressione eccellente. Dopo aver ascoltato il suo approccio alla crisi che stiamo vivendo, trovo ancora più incredibile che qualcuno nel centrodestra possa non votarlo. Approfondiremo nel prossimo incontro, ma per la prima volta dopo mesi provo davvero un sentimento di speranza".
E' evidente che l'ala moderata e liberale del centrodestra abbia imboccato una strada precisa e potrebbe ritrovarsi, per mezzo del governo Draghi, a vestire abiti più consoni, condividendo, chissà, con Italia Viva uno spazio politico al centro sancendo, così, quella alleanza coltivata negli anni ma mai realizzata tra Renzi e Berlusconi. Può leggersi anche così l'operazione del senatore semplice di Rignano che sta cercando un terreno di azione politica per il suo partito: togliere di mezzo Conte serviva a questo.
Sul fronte sovranista, Fratelli d'Italia ha una posizione netta: non voterà la fiducia, al massimo si asterrà; Giorgia Meloni ha ribadito che il suo partito starà fuori dal perimetro della maggioranza. E qui si gioca la 'partita' della Lega: stare sul fronte con i sovranisti oppure tentare l'accordo con Draghi? In queste ore, il partito si mostra spaccato: da una parte il leader Matteo Salvini, e la strutturazione partitica che ha messo in piedi sui territori, dall'Emilia Romagna in giù, che guardano con sospetto, e preoccupazione, ad un governo di responsabilità, e che temono di perdere consensi in favore di Fratelli d'Italia; dall'altra il numero due Giancarlo Giorgetti, espressione degli imprenditori del nord, del vecchio elettorato leghista che guarda invece con assoluto favore a Draghi.
Giorgetti è stato piuttosto chiaro: "Draghi è un fuoriclasse, come Ronaldo, non può stare in panchina".
A far rumore, è stata anche la presa di posizione del senatore Alberto Bagnai, l’economista anti-euro, considerato uno degli ostacoli più rilevanti all’avvicinamento del Carroccio alle sponde del governo di salvezza nazionale. "Da parte nostra non ci sono preclusioni, pregiudizi sul nome, ma desideriamo che ci sia consentito di portare avanti alcuni progetti, a partire dal ripristino della legalità costituzionale. Basta con la stagione dei Dpcm".
Riferendosi a Draghi, Bagnai ha sottolineato che "sulle sue scelte e soprattutto sulle sue analisi di politica economica (…)" non ha mai avuto nulla da obiettare. La parola d’ordine dell’economista prediletto da Matteo Salvini è 'pragmatismo': "Guardi – ha detto ad un giornalista del quotidiano La Stampa - io sono un pragmatico. Cosa significa essere europeista? C’è un solo modo per considerare l’Europa? Non ho mai visto nessuno considerarsi ‘antartidista’. Alcuni hanno fatto di un’espressione geografica un’ideologia. L’Unione Europea è un progetto politico e in quanto tale speriamo sia soggetto a diritto di critica. Noi rivendichiamo questo diritto". Epperò, sottolinea Bagnai, "in Europa dialoghiamo con tutti e siamo abituati a cercare soluzioni concrete, confrontandoci sui problemi concreti". Nessun imbarazzo dunque, da parte della punta di diamante della squadra dei 'pasdaran' al seguito del Capitano, ad andare a vedere le carte di SuperMario: "L’unico imbarazzo in certe sedi – dice – lo provo nel confrontarmi con i dilettanti. Io sono economista come Draghi, lui con un’esperienza istituzionale e di mercato infinitamente più elevata, ma veniamo dalla stessa scuola e abbiamo una lingua comune".
Insomma, Salvini deve assumere una decisione: la sensazione è che stia tentando di alzare le richieste della Lega per costringere Draghi a tenerla fuori; dire che l'ex presidente della Bce deve scegliere tra Movimento 5 Stelle e Carroccio significa porre una condizione irricevibile per il premier incaricato, non solo per i numeri dei grillini in Parlamento, ma per la tenuta stessa di una parte della futura maggioranza, quella che fa riferimento, appunto, al premier uscente e al Pd. D'altra parte, anche per i dem - e per Sinistra Italiana, come ribadito da Fratoianni - sarebbe impossibile accettare i temi posti sul tavolo da Salvini, a partire dalla flat tax e fino alla gestione dei migranti.
L'ex ministro degli Interni preferirebbe star fuori, in altre parole, ma ciò potrebbe aprirgli una questione in seno al partito con l'ala che fa riferimento a Giorgetti e, dietro le quite, al presidente del Veneto Luca Zaia; per questo, non chiuderà alla trattativa ma la renderà complicatissima. Vedremo se il Carroccio reggerà allo scossone.
Di certo, potrebbe finire l'esperienza della coalizione di centrodestra per come l'abbiamo conosciuta in questi anni con la rottura tra sovranisti e moderati.
Ecco i motivi per cui, con al governo Mario Draghi, il fronte politico potrebbe riorganizzarsi in vista del prossimo appuntamento con le politiche, nel 2023, passando per la prova generale della elezione del Presidente della Repubblica.