Giovedì, 11 Febbraio 2021 13:46

Interruzione farmacologica di gravidanza, scontro su circolare Verì

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Sotto la forma di "forte raccomandazione alle Asl regionali", l'Abruzzo ha inviato alle direzioni generali delle Asl abruzzesi una circolare "affinché l'interruzione farmacologica di gravidanza con utilizzo di mefipristone e prostaglandine sia effettuata preferibilmente in ambito ospedaliero e non presso i consultori familiari".

Il documento porta la firma dell'assessore alla sanità della Regione Abruzzo Nicoletta Verì e del Dg della sanità Claudio D'Amario; “si è reso necessario alla luce delle recenti modifiche della normativa che regolamenta l’accesso al trattamento farmacologico per l’interruzione di gravidanza”, ha spiegato l'assessore.

Il riferimento è alla circolare dello scorso 12 agosto del ministero della salute che ha aggiornato le direttive approvate dieci anni fa che consigliavano per sicurezza tre giorni di ricovero per l’aborto farmacologico. La nuova normativa ministeriale (arrivata dopo il parere del Consiglio superiore di sanità cui Roberto Speranza si era rivolto dopo la decisione della Giunta leghista umbra di somministrare la RU486 in regime di ricovero) ha rimosso le limitazioni all’impiego del farmaco.

Nello specifico, la circolare annulla l’obbligo di ricovero dall’assunzione della pillola fino alla fine del percorso assistenziale, allunga il periodo in cui è possibile ricorrere al farmaco fino alla nona settimana di monitoraggio, e rende possibile l’assunzione “presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital”. Si raccomanda inoltre “di effettuare il monitoraggio continuo ed approfondito delle procedure di interruzione volontaria di gravidanza con l’utilizzo di farmaci, avendo riguardo, in particolare, agli effetti collaterali conseguenti all’estensione del periodo in cui è consentito il trattamento”.

"L'aborto farmacologico è sicuro. - il commento di Speranza al momento dell’approvazione delle nuove linee guida - Va fatto in day hospital, nelle strutture pubbliche e private convenzionate, e le donne possono tornare a casa mezz'ora dopo aver assunto il medicinale”.

Per Verì però le carenze dei consultori familiari abruzzesi sono gravi al punto che “le indicazioni ministeriali potrebbero non essere rispettate. Di qui la richiesta di somministrare il farmaco preferibilmente in ambito ospedaliero, a tutela della salute della donna e nel pieno rispetto del dettato della legge 194”.

Nella circolare regionale viene fatto poi riferimento alle “indicazioni terapeutiche dei prodotti utilizzati, in cui è previsto che le donne alle quali viene somministrato il farmaco devono poter disporre nella stessa sede di strutture mediche adeguate, così da poter far fronte ad eventuali effetti collaterali. Condizione – spiega l’assessore – che spesso non si verifica nelle nostre sedi consultoriali, dove non sempre è presente una figura medica e non c’è una perfetta integrazione con le sedi dipartimentali”.

Nel frattempo, a ciascuna Asl abruzzese è stato richiesto di fornire, per ogni sede consultoriale presente, una serie di informazioni: la presenza di un collegamento funzionale tra i servizi territoriali e gli ospedali di riferimento; la individuazione di sedi disponibili con spazi dedicati; la formazione specifica degli operatori coinvolti; la puntuale raccolta dati attraverso la scheda Istat D12 ; la definizione dei criteri di ammissione e dei criteri di esclusione; le informazioni da fornire alla paziente; la predisposizione di un consenso informato; la definizione di protocolli operativi ben definiti per l’esecuzione dell’interruzione volontaria di gravidanza con il trattamento farmacologico; l’attivazione del monitoraggio degli eventuali effetti collaterali dell’interruzione volontaria di gravidanza effettuata con l’utilizzo di farmaci.

La raccomandazione diffusa ieri ha scatenato l'ira delle opposizioni.

La consigliera regionala pentastellata Sara Marcozzi ha sottolineato come la circolare regionale renda più complicato l'accesso al farmaco. “Dalla sua nota - evidenzia Marcozzi - emerge la gravità assoluta della situazione in cui versano i consultori sul nostro territorio regionale. Visto che è l'Assessore stesso ad ammettere, di fatto, che queste strutture non sono nelle condizioni per poter dare il necessario supporto a livello socio-sanitario alle donne in un momento quantomai delicato della propria vita, dovrebbe avere il buongusto di dimettersi immediatamente. È inaccettabile che le conseguenze delle disfunzioni del sistema sanitario siano pagate dai cittadini, anche nel momento di massima fragilità, mentre la politica cerca scappatoie di ogni tipo”.

“Ci sono state battaglie decennali – continua Marcozzi – in nome dei diritti e delle libere scelte delle donne. Se l'Assessore non è in grado di difenderne le prerogative e di proteggerle nelle situazioni in cui c'è maggiore bisogno di aiuto e sostegno, lo dica subito e torni a casa invece di mettere nuovi e potenziali ostacoli”.

Anche le democratiche abruzzesi sono intervenute sul punto. "La raccomandazione della Regione è una forzatura -  hanno scritto in una nota - bisognerebbe preoccuparsi dello stato in cui versano il consultori. Dopo l’Umbria e le Marche quindi anche l’Abruzzo a guida centrodestra prova a schierarsi contro il nuovo protocollo del Ministero della Salute sull’aborto farmacologico. Quello che temiamo è il tentativo di forzare la mano, per motivi ideologici e politici, su questioni di etica pubblica, attraverso forme più o meno evidenti di criminalizzazione (ed evidentemente di ‘contenimento sanitario’) dell’aborto come atto di libertà sul proprio corpo”.

L’assessora Verì si preoccupi dello stato in cui versano i consultori, presidi di cura, civiltà, cittadinanza attiva, prevenzione, informazione e condivisione che, se magari meglio sostenuti nelle proprie attività, potrebbero portare avanti temi come l’educazione alla sessualità e all’affettività fra le giovani generazioni, l’incentivo all’uso corretto dei metodi di contraccezione e di tutela dalle malattie sessualmente trasmissibili, l’ascolto attivo e partecipato di malesseri emotivi ed esistenziali che oggi più che mai risentono negativamente dell’assenza di luoghi di accoglienza”.

“Proviamo in ultimo a ricordare – hanno sottolineato ancora le Democratiche abruzzesi - come l’interruzione volontaria di gravidanza (quindi anche quella farmacologica) sia inclusa nei Lea, i livelli essenziali assistenziali, che devono essere garantiti a tutti i cittadini e a tutte le cittadine in tutto il Paese, nelle forme in cui le leggi (e quindi anche le nuove Linee Guida istituite dal Ministero della salute) lo consentono. Ribadiamo con forza che da anni le associazioni per la salute della donna e le società scientifiche chiedono un rilancio della legge 194, chiedendo il rafforzamento della rete dei consultori, da anni sotto finanziati e a corto di personale, ma anche una maggiore centralità sui temi della legge a partire dall’informazione sulla contraccezione, inclusa quella d’emergenza, per migliorare l’informazione, soprattutto per le giovanissime e le cittadine straniere.  Proviamo a parlare di questo, non di confinare il corpo delle donne ad un controllo e confinamento non solo fisico, ma anche esistenziale”.

Dopo il Piemonte, l'Umbria e le Marche, "la scure reazionaria e misogina si abbatte sull'Abruzzo" l'affondo di Potere al Popolo Abruzzo. "Abbiamo appreso ieri dalla stampa, per la verità senza stupore, della circolare a firma dell'Assessora Verì che mira a restringere pesantemente le modalità di assunzione della Ru486. Una 'forte raccomandazione' si legge che, in realtà, va tradotta nell'esplicita volontà di non recepire le nuove linee guida ministeriali sull'assunzione della pillola, utilizzata nei casi di interruzione della gravidanza farmacologica e introdotta in Italia, dopo una lunga battaglia, solo nel 2009. Un atto dalla gravissima portata, solo l'ultimo di una lunga serie di attacchi al diritto all'aborto, confermati tra l'altro dall'inquietante presenza dei manifesti antiabortisti anche sul nostro territorio: dall’Umbria al Piemonte, dal Veneto alla Polonia, le recenti cronache testimoniano l'esplicita volontà della destra di riportare indietro i diritti conquistati dalle lotte delle donne. Un programma basato sull’integralismo reazionario religioso, messo nero su bianco durante il Congresso Mondiale delle Famiglie di Verona del 2019: sacrificare vite, corpi e desideri delle donne in nome del tetro motto "Dio, Patria, Famiglia".

La circolare - la presa di posizione di PaP - "non è altro che l'ennesimo atto di un assessorato e di un'amministrazione regionale tutta dalla gestione totalmente fallimentare, in balìa della peggior propaganda catto-sovranista, questa volta sul corpo delle donne. Chiediamo l'immediato ritiro e contestualmente l'esplicito recepimento nella loro totalità delle nuove linee guida ministeriali, cosi come chiaramente stabilito anche a seguito del parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità, dove viene ribadito in modo inequivocabile che l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica deve essere garantita anche nei consultori. L'aborto è un diritto e non può essere soggetto a censure o strette ideologiche di sorta! Come in Umbria e nelle Marche, se necessario non staremo a guardare".

Cgil: "Giù le mani dal diritto delle donne all'autodeterminazione"

"Apprendiamo, con preoccupazione, che sotto la forma di “forte raccomandazione alle ASL regionali”, la regione Abruzzo, per l'interruzione farmacologica di gravidanza con l'utilizzo della pillola RU 486, indica che sia preferibilmente somministrata in ambito ospedaliero e non nei consultori. Secondo l'assessora Verì è un provvedimento a favore delle donne viste le modifiche alla normativa che regolamentano l'aborto. Forse l'assessora ignora l'aggiornamento delle linee di indirizzo del ministero della Salute del 13 agosto 2020, che dopo il parere favorevole del CSS e la delibera dell'Aifa, ha rimosso le limitazioni all'impiego della pillola abortiva".

Così, in una nota, le segreterie Cgil Abruzzo Molise, Fp Abruzzo Molise, Spi Abruzzo e Molise e il Coordinamento donne Spi.

"Nel frattempo, la Regione Abruzzo, a ciascuna ASL abruzzese, ha chiesto di fornire, per ogni consultorio abruzzese, una serie di informazioni. Ricordiamo che la legge istitutiva dei consultori risale al 29 luglio 1975 e stabiliva funzioni e scopo, figure professionali e articolazioni territoriali. Nel tempo i consultori hanno subito un attacco continuo con svuotamento e chiusura di molti di essi. Ci sorprende pertanto questa quantomeno tardiva presa di coscienza della situazione dei consultori come pure la previsione, nel frattempo, del ricovero, per l'aborto farmacologico, di tre giorni, in piena pandemia e con una sottovalutazione dei problemi delle donne sulla privatezza dell'intervento e sull’impatto psicologico che questo potrebbe avere su di esse".

Sullo sfondo di tutto ciò l'alto numero di medici obiettori presenti nelle strutture ospedaliere pubbliche. "A questo punto sembra manchi solo l’attivazione dei gruppi pro - vita quale tassello di una bigotta e retriva mentalità contro il diritto delle donne all’autodeterminazione. Noi donne e uomini della CGIL non siamo più disponibili ad aspettare ed a rinunciare ad una conquista frutto di anni di battaglie. Per questo chiediamo che si avvii finalmente e concretamente un vero riordino della rete dei consultori e che si garantisca, anche in Abruzzo, la realizzazione delle linee di indirizzo del Ministero della Salute con garanzia dell’esigibilità di un diritto per le donne con piena tutela della salute e della riservatezza".

La Cgil ha dunque sollecitato, nuovamente, l'assessore Verì "ad avviare un confronto concreto sulla medicina territoriale a partire dalla rete dei consultori pubblici in Abruzzo. Siamo pronti diversamente a mettere in campo tutte le azioni di mobilitazione necessarie a difesa di quello che ribadiamo è un diritto delle donne senza se e senza ma". 

Ultima modifica il Giovedì, 11 Febbraio 2021 17:29

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