Martedì, 27 Maggio 2014 23:10

Chiodi: "Sconfitta netta ma contro di me inchieste a orologeria"

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Sono passate da poco le due del pomeriggio quando il presidente sconfitto e quello neo eletto si incrociano nei corridoi del sesto piano di palazzo Silone.

Giusto il tempo per un saluto, qualche pacca sulla spalla e un rapido scambio di cortesie. Un incontro più fortuito che cercato, favorito dalla visita informale, non annunciata, che D'Alfonso ha voluto compiere nella sede della giunta regionale per parlare con alcuni dirigenti e iniziare a familiarizzare con l'ambiente.

D'Alfonso passa subito oltre per partecipare a una riunione lampo con due alti funzionari, lasciando Chiodi e il suo staff a parlare con Cialente. "Con chi te la prenderai ora?" scherza, rivolgendosi al sindaco, Giuseppe De Domincis, uno dei più stretti collaboratori del governatore uscente. Chiodi si ferma a parlare qualche secondo anche con Claudio Ruffini, consigliere regionale del Pd non ricandidato che, per l'occasione, fa da cicerone a D'Alfonso.

"Ora non dilapidate tutto il lavoro che abbiamo fatto" si raccomanda, tra il serio e il faceto, Chiodi, che, prima di andar via, torna indietro per salutare un'ultima volta il suo avversario: "Luciano, io me ne vado".

Presidente Chiodi, come commenta il risultato di queste elezioni?

I risultati mi sembrano netti e chiari. Per questo, ho scritto una lettera pubblica con cui ho inteso rimarcare alcuni contenuti. Ora inizia un'altra fase: saremo all'opposizione. Il mio obiettivo sarà far si che la Regione Abruzzo non riprenda con alcune vecchie abitudini che, in passato, l'hanno resa molto debole. E non solo dal punto di vista finanziario, ma anche etico.

Molti le rimproverano di essersi speso poco in questa campagna elettorale e di aver voluto poche liste a sostegno della sua candidatura, un fattore che, a conti fatti, l'ha penalizzata.

L'ho scritto ieri nella lettera: potevamo fare di più, magari partire prima con la campagna elettorale, costruire un maggior numero di liste. Devo dire però che in quel momento abbiamo avuto un'inchiesta giudiziaria 'ad orologeria' che ha reso quasi impossibile farlo. Abbiamo dovuto dedicare del tempo all'inchiesta, inoltre c'era la sensazione che potesse arrivare una sconfitta conseguente alla vicenda, e poi i dubbi sulla mia candidatura, le difficoltà in seno al centrodestra pescarare. E' emersa una minor forza della nostra parte politica che ha portato addirittura alcuni militanti a confluire nelle liste di centrosinistra. Abbiamo avuto difficoltà a stilare le liste, non c'è ombra di dubbio. Ecco perché definisco l'inchiesta 'ad orologeria': è arrivata nel momento più delicato per il centrodestra. Non c'era alcuna urgenza: ricordo che quando D'Alfonso venne arrestato, con misure cautelari dunque molto più importanti di un avviso di garanzia da notificare, si aspettò il termine della campagna elettorale per non influire. Stavolta, non è accaduto.

Si aspettava un maggior supporto dal suo partito e da Berlusconi?

Assolutamente no. Se fosse stato in altri tempi, Berlusconi sarebbe sicuramente venuto. Sconta però i condizionamenti che conoscete. E' stato un vento nazionale, piuttosto. Al vento nazionale che nessuno aveva previsto, così forte da spazzare via tutto, si è sommata la vicenda dell'inchiesta. Non sempre abbiamo una formazione - parlo del corpo elettorale - per comprendere gli interessi a lungo termine: di alcune questioni, magari, non si è preso sufficientemente atto. Forse perché non siamo stati bravi a comunicarle. L'Abruzzo però lascia una lezione al paese: anche una regione che è nel baratro può - in un lasso di tempo sufficientemente lungo, quattro o cinque anni - risanare il bilancio e liberare risorse, come abbiamo fatto per il 2015 grazie all'opera di risanamento, può mettere in equilibrio un sistema sanitario consentendone la prosecuzione e non il fallimento, può riprendere gli investimenti.

Di questi tempi sembra che gli elettori non ne possano più dei discorsi sull'austerity, sul risanamento, sui tagli. Preferiscono sentire delle promesse, avere delle speranze. I risultati da voi rivendicati in campagna elettorale - la riduzione del debito, l'abbassamento delle aliquote Irpef regionali - hanno inciso poco a livello di convincimento dell'elettorato.

E' probabile. La nostra formazione culturale è diversa da quella anglosassone. Vorremmo che lo Stato ci assistesse, spendesse e spandesse: dovremmo sapere però, che lo Stato quando è indebitato deve risanarsi per poter investire risorse. Il rischio che abbiamo corso è quello del consenso politico: abbiamo inteso correrlo perché la nostra visione non era ragioneristica ma - se posso usare il termine - da statisti, guardando a quello che sarebbe accaduto nel medio termine. Il risanamento è l'unico modo vero che hai per liberare risorse senza tassare i cittadini e indebitare le future generazioni: abbiamo fatto l'esatto contrario di quello che il paese ha fatto nei precedenti quarant'anni. E l'Abruzzo si trova meglio di come si trovasse prima: le speranze sono maggiori. Era una medicina forse amara per tante le corporazioni, per i tanti che vivono di spesa pubblica: era una medicina, però, che faceva guarire.

Ha incrociato D'Alfonso, vi siete scambiati un saluto: cosa vi siete detti?

Nulla di particolare. Al momento della proclamazione, ci sarà un mio saluto e poi faremo una chiacchierata per approfondire alcune delle tematiche che il presidente entrate dovrà affrontare presto. Posso intanto informarlo di alcune questioni che è bene conosca.

 

Ultima modifica il Mercoledì, 28 Maggio 2014 12:32

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