Liberare i brevetti, vaccini "bene comune": produciamone per tutti e a prezzi ridotti.
E' l'appello lanciato, in queste settimane, da scienziati, organizzazioni non governative, associazioni della società civile, economisti e (pochi) politici; un appello che, in altra forma, ha lanciato anche Papa Francesco - "Chiedo ai responsabili degli Stati, alle imprese, agli organismi internazionali, di promuovere la cooperazione e non la concorrenza, e di cercare una soluzione per tutti: vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del pianeta", le parole del Pontefice - e sostenuto persino dall'Organizzazione mondiale della Sanità.
D'altra parte, il mondo è stato travolto da una pandemia che, come ha dichiarato l’Organizzazione Mondiale del Commercio, rappresenta "una devastazione senza precedenti per l’economia globale e il commercio mondiale"; l’emergenza sanitaria prodotta dal nuovo coronavirus richiede - come mai prima - condizioni di accesso rapido a tutti gli strumenti medicali, inclusi i prodotti farmaceutici, per la prevenzione del contagio e la cura delle persone malate.
La perdurante scarsità di prodotti medicali che colpisce soprattutto – ma non solo - i paesi a basso e medio reddito mette in grave pericolo la vita del personale sanitario nel mondo, determina il decesso di un numero significativo di lavoratori essenziali, prolunga la pandemia. E con essa, il declino socio-economico globale.
Una misura di politica internazionale per garantire l’accesso universale al vaccino e agli altri rimedi che possano fermare il virus SARS-CoV-2 è dunque indispensabile.
Sin dall’inizio della pandemia, infatti, la possibilità di accesso ai prodotti essenziali, nel mondo, è fortemente diseguale. I paesi più ricchi, che rappresentano il 13% della popolazione mondiale, si sono già accaparrati più di due miliardi di dosi dei potenziali vaccini contro il Covid19 attraverso acquisti preventivi che i paesi a basso e medio reddito non possono permettersi. I governi europei hanno finanziato la ricerca per il vaccino con imponenti contributi pubblici (16 miliardi di euro) ma senza porre alcuna condizione all’industria farmaceutica quanto a prezzi, strategie di accesso, trasparenza degli studi clinici.
E' chiaro che una delle principali barriere di accesso ai farmaci essenziali risieda nei diritti di proprietà intellettuale, ovvero nel regime di monopolio brevettuale della durata di venti anni che gli accordi TRIPS dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc) conferiscono alle industrie. In questo modo, però, "stiamo consentendo che il diritto alla salute di miliardi di esseri umani sia, in un qualche modo, tenuto in minore considerazione rispetto ai profitti delle multinazionali farmaceutiche e agli interessi delle politiche di potenza di alcuni Stati" sottolinea il segretario nazionale di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo. "Un tempo, quando si scopriva un vaccino era proprietà dell'umanità e ci si metteva a produrne in gran numero per salvare la vita delle persone; con la globalizzazione neoliberista, però, si è deciso che si può fare mercato su tutto, anche sulla salute".
Acerbo richiama la tragedia dell'Aids: "accadde che furono trovati i farmaci salvavita, ma costavano troppo e, dunque, i paesi del sud del mondo non potevano averne in quantità sufficiente; ciò significò la morte di 10 milioni di persone in Africa".
Da lì nacque un movimento internazionale, di cui si mise a capo Nelson Mandela, che iniziò a chiedere una deroga all'Organizzazione Mondiale del Commercio per fare in modo che, in caso di pandemia, o comunque laddove ci fossero emergenze di salute collettiva, si potesse ottenere la sospensione della proprietà sui brevetti. E il 14 novembre 2001, finalmente, gli stati membri dell’Omc hanno adottato la storica Dichiarazione di Doha, che riconosce loro la prerogativa di usare tutte le flessibilità necessarie per rispondere alle necessità di salute pubblica.
Basandosi su quella dichiarazione, sottolinea Acerbo, "Sudafrica, India e tanti altri paesi hanno chiesto ufficialmente all'Omc di permettere a tutti i paesi membri di non concedere brevetti o altri diritti di proprietà intellettuale in relazione al covid-19, e per tutta la durata della pandemia, fino al raggiungimento della immunità globale. Peccato che Unione Europea, Stati Uniti, Giappone e Brasile si siano opposti".
Ciò provoca un danno duplice; il primo: "l'Unione Europea e l'Italia sono in ritardo con la compagna vaccinale perché ci si è affidati a poche multinazionali; se i brevetti fossero liberi, avremmo già potuto implementare le produzioni nazionali. Il secondo: se i paesi del sud del mondo non dovessero vaccinare per tempo la popolazione, anche quando avremo vaccinato tutti gli europei saremo comunque a rischio considerato che potrebbero svilupparsi varianti capaci di sfuggire all'immunità raggiunta".
In altre parole, l'Italia stessa, paese tra i più colpiti dalla pandemia, avrebbe ogni interesse nel sostenere questa proposta.
Ma la vicenda è squisitamente politica: sui vaccini si sta combattendo una vera e propria guerra geopolitica. "C'è stata una forte pressione delle farmaceutiche statunitensi sull'amministrazione Biden affinché evitasse che i paesi occidentali si rivolgessero ai vaccini russi, cinesi, cubani e così via, in modo da tutelare i loro affari; uno scontro tra potenze vaccinali che va a discapito della salute nostra e dei popoli del mondo" ribadisce Acerbo. Evidentemente, "c'è chi pensa che il denaro venga prima della vita umana".
Aggiunge Acerbo: "Le multinazionali del farmaco vengono oggi presentate come benefattrici dell'umanità, ma è una mistificazione. Le aziende sono state sovvenzionate con milioni di euro dagli Stati che, poi, ricomprano i vaccini. Non lo dico io, un vecchio comunista: lo hanno fatto notare Sanders e Warren nel Senato degli Stati Uniti d'America, su The Nation è uscito un articolo che invita a parlare di 'vaccini del popolo' e non di 'vaccino Pfizer, Moderna o Astrazeneca', se è vero che sono stati finanziati con le tasse dei cittadini. Nessuno ci dice che Cuba, sebbene si trovi da 60 anni sotto embargo, ha mantenuto una struttura di ricerca e produzione pubblica capace di produrre ben quattro vaccini. Ecco perché sarebbe indispensabile avere una industria farmaceutica pubblica, nazionale o europea: c'è bisogno che sulla salute non dominino le logiche di mercato. Purtroppo, l'Europa in nome della Nato si è adeguato alle richieste degli Stati Uniti snobbando, per esempio, il vaccino russo Sputnik che è stato il primo ad essere prodotto e che si sarebbe potuto utilizzare subito".
D'altra parte, nei giorni scorsi Acerbo ha diffuso la trascrizione di un webinar tra i dirigenti Pfizer e gli investitori, trascritto e reso pubblico da un giornalista investigativo: "oltre a sottolineare gli enormi profitti che l'azienda sta incassando, si è parlato di aumentare i prezzi del vaccino non appena si sarà raggiunta l'immunità di gregge; finita la pandemia, il covid resterà una delle malattie da cui vaccinarsi e, a quel punto, le farmaceutiche puntano ad aumentare i prezzi per fare altro profitto. Parliamo del più grande affare del secolo per farmaceutica: è inaccettabile".
Ecco i motivi per cui Acerbo invita a firmare l'appello europeo "Nessun profitto sulla pandemia", l'iniziativa di cittadinanza europea che punta a raggiungere 1 milione di firme per costringere la Commissione europea a schierarsi dalla parte della salute dei cittadini e non delle multinazionali liberando i brevetti.