Fumata nera al vertice tra le forze di centrodestra che dovevano sciogliere i nodi sulle candidature a sindaco di Milano e Roma; dopo un’ora e mezza di riunione, si è deciso di non decidere rinviando tutto alla prossima settimana. A nulla è servito, dunque, il rosario di Fatima regalato da Matteo Salvini agli altri leader del centrodestra; un fuoriprogramma che voleva evidentemente essere propiziatorio.
D’altra parte, il clima tra i partiti è piuttosto teso: è chiaro che non sta aiutando la spaccatura sul sostegno all’esecutivo Draghi, con Lega e Forza Italia nella larga coalizione di governo e Fratelli d’Italia a picconare da fuori; tuttavia, ci sono altri elementi di tensione: di certo, la crescita esponenziale del partito di Giorgia Meloni che, di fatto, ha lanciato la sfida alla leadership di Matteo Salvini. A fare rumore, però, è stato anche il lancio del progetto politico di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro (con la regia di Gaetano Quagliariello), Coraggio Italia!, che rischia mettere all’angolo Forza Italia.
Sia chiaro: la quadra si troverà; è altrettanto chiaro, però, che dai risultati delle prossime amministrative – e, anche, dai risultati che il governo Draghi porterà a casa - passa il futuro della coalizione di centrodestra, con riverberi che potrebbero arrivare fino all’Aquila, e nelle altre città al voto nella primavera del 2022. Di nuovo: al momento, nulla lascia credere che la coalizione di centrodestra possa arrivare divisa all’appuntamento elettorale nel capoluogo abruzzese; tuttavia, a livello locale i rapporti tra Fratelli d’Italia e Lega sono piuttosto logori e i moderati tengono aperta la porta ad eventuali percorsi politici alternativi.
DE MATTEIS: "CHI VUOLE FARE IL SINDACO DELLA CITTA' DEVE DIRLO OGGI, E NON UN MESE PRIMA DELLE ELEZIONI" Ospite di Polis, su laQtv, il capogruppo di Forza Italia Giorgio De Matteis è stato piuttosto chiaro: “Non so cosa accadrà tra un anno – le sue parole – gli orizzonti della politica attuale sono brevissimi. Dipenderà anche dal futuro del governo: se il premier Draghi dovesse essere eletto Presidente della Repubblica si andrebbe al voto per le politiche contestualmente con le amministrative all’Aquila e ciò innescherebbe meccanismi difficili da prevedere. Altro discorso se si dovesse arrivare a scadenza naturale di legislatura, nel 2023. L’unica cosa che posso dire è che chi vuole fare il sindaco della città deve dirlo oggi, e non un mese prima delle elezioni”.
Esplicito il riferimento alle aspirazioni, legittime per carità, di Pierluigi Biondi che sta lavorando per una sua candidatura alla Camera dei Deputati: se la legislatura dovesse finire anzitempo, è più che probabile che il sindaco uscente non si ricandiderebbe per tentare la ‘via romana’. Di qui, l’ultimatum di De Matteis: “chi vuole fare il sindaco della città deve dirlo oggi”.
A dire che il clima è tutt’altro che sereno e che la situazione è piuttosto fluida: “Se il centrodestra a Roma e Milano sta pensando di affidarsi a candidati civici è perché, evidentemente, il paese chiede un cambio di passo. Nulla vieta possa accadere anche all’Aquila. D’altra parte, ci sono stati due segnali importanti: i risultati delle amministrative a Chieti e Avezzano non possono essere considerati dei casi isolati. Per questo, non mi sento di escludere nulla, a priori: sono aperto alla valutazione di ciò che accade. Ho superato gli steccati partitici da tempo”, le parole di De Matteis.
Non è un mistero che ci siano interlocuzioni ben avviate nel mondo moderato, per valutare percorsi politici ‘fuori’ dalle coalizioni classicamente intese. E’ un’ipotesi in campo, certo remota ma concreta. E a questi ragionamenti non è estraneo Americo Di Benedetto che non esclude la possibilità di una terza via verso le elezioni.
DI BENEDETTO: "DIVISI SI PERDE? POTREI RISPONDERE CHE UNITI SI PERDE. MA NON SONO L'AVVERSARIO DEL CENTROSINISTRA" “Divisi si perde? Potrei rispondere che uniti si perde perché magari non si riesce ad indebolire Biondi”, il ragionamento ai microfoni di Polis. “Come si riorganizzerà il centrodestra? Chi sarà il candidato sindaco? Ufficialmente, non si sono ancora riproposti con lo stesso schieramento e con una sintesi sul candidato uscente. Su questo dobbiamo prestare attenzione tattica e politica”, chiarisce il consigliere regionale e comunale.
Se l’attuale maggioranza dovesse faticare a trovare una sintesi, insomma, si potrebbero aprire possibilità inedite: con una coalizione centrista, si potrebbe intercettare il voto moderato sfilando terreno alla destra; è questo che intende Di Benedetto: non è detto che contrapporre al centrodestra una coalizione larga di centrosinistra sia la strada giusta, a sentire il leader del Passo Possibile, è possibile che un terzo polo possa indebolire la destra, con la certezza, a quel punto, di un ballottaggio al secondo turno che stavolta potrebbe rappresentare un problema per Biondi.
Ciò non significa chiudere ad una rinnovata alleanza di centrosinistra: “Non sono avversario del centrosinistra, il mio campo è quello ed in quell’ambito mi voglio muovere: tuttavia, non so ancora quale sia la strada migliore da seguire per provare a vincere le elezioni, in un clima assai diverso rispetto a 4 anni fa, assolutamente controvento. Attualmente, siamo nelle condizioni di poter proporre una alternativa al governo di centrodestra? No. Per farlo, ci vuole lavoro, serietà, dedizione, impegno, rispetto reciproco e tanta lealtà: gli avversari politici stanno altrove. Sto lavorando per dare la possibilità di una alternativa agli elettori della nostra città; non è una strategia contro il Pd, sarebbe suicida: la mia proposta è per la città”.
La porta al dialogo con i dem non è chiusa, insomma: “Io dialogo con tutti, credo che la politica sia declinabile attraverso il dialogo, la competizione per le differenze a patto che non sia incancrenita da questioni personali: lungi da me qualsiasi tipo di chiusura. Ma una eventuale sintesi non può partire dalla fine; il problema non è costruire una coalizione larga e lanciare lo slogan ‘insieme si vince’: può essere vero ma può essere anche vero il contrario” ribadisce Di Benedetto.
“Rispetto a 4 anni fa, ho una responsabilità politica fuori dalle parti, in uno spazio differente e con un gruppo articolato che, in città, esprime quattro consiglieri comunali, due consiglieri provinciali, un consigliere regionale eletto senza strutture di partito. E’ sufficiente? Certo che no. E’ abbastanza per fare, però, per iniziare a lavorare con le forze che, al momento, sono più in linea con la nostra prospettiva politica. Mi auguro che dall’altra parte si stia facendo la stessa cosa, e cioè darsi un metodo di lavoro, capire se viene prima chi deve candidarsi a sindaco piuttosto che l’idea di città: la nostra è già scritta da 4 anni, va solo affinata. L’obiettivo non può essere la sintesi a chiamata ma capire se in modo naturale le cose possano diventare conciliabili”.
Una sintesi che, di certo, non passerà per le primarie, almeno per Di Benedetto: “Per quanto mi riguarda, non ci sono margini di riproposizioni. Ma non è questo il momento di parlare del candidato sindaco: prima viene la prospettiva reale della qualità di governo della città che ognuno di noi ha interesse a proporre. C’è bisogno di una figura di spessore, capace, adeguata politicamente e amministrativamente, da sostenere per poter battere chi oggi ha acquisito un patrimonio elettorale. Americo c’è e ci sarà: sono disponibile a fare qualsiasi cosa possa metterci nelle condizioni di rendere contendibile la carica di sindaco”.
PALUMBO: "IL PD AQUILANO DEVE DECIDERE SE CRESCERE O INVECCHIARE. RICAMBIO GENERAZIONE E' UNA ESIGENZA" A tendere la mano a Di Benedetto è il capogruppo del Pd, Stefano Palumbo. “In diverse circostanze, in Consiglio comunale, mi sono ritrovato in disaccordo con le scelte del Passo Possibile, ritenendo che l’attuale amministrazione non meritasse gli sconti che in alcune circostanze sono stati fatti ma - e lo voglio dire con chiarezza - ritengo inaccettabili gli attacchi che il movimento e Americo hanno ricevuto, spesso gratuitamente, in particolare dal collettivo Globuli Rossi. Se l’obiettivo che ci poniamo è quello di costruire una coalizione, credo che quella esperienza di critica possa ritenersi conclusa: sarebbe un segnale utile e distensivo, e ciò non significa liquidare le vicende di questi anni mettendoci semplicemente una pietra sopra. E’ un invito ad aprire una fase nuova”.
Ancor prima della costruzione di una coalizione, il pensiero di Palumbo, “andrebbe messa al primo posto la definizione di una proposta di governo alternativa che, nell’ambito di un percorso comune di crescita, veda la partecipazione di diverse sensibilità politiche. Di solito, i soggetti politici costruiscono la propria identità in contrapposizione a quella degli altri, alzando muri invalicabili; il momento che viviamo, però, impone di mettere da parte queste ideologie, le posizioni che ognuno ha costruito negli anni, per mettere a disposizione di un percorso comune le diverse sensibilità politiche, progressista, socialista, democratica e liberale”.
In questo scenario, “il Pd aquilano deve decidere se crescere o invecchiare” l’affondo di Palumbo; “le prossime elezioni impongono alla classe dirigente più di una riflessione, alla ricerca di una nuova identità; c’è una questione anche prioritaria, però. In agricoltura, per evitare che il terreno perda fertilità si applica il principio della circolarità delle coltivazioni: vale anche in politica. Il Pd aquilano ha un bagaglio di esperienze che nessun altro partito possiede, maturato da esponenti politici che hanno rivestito incarichi in tutti i ruoli istituzionali possibili: non è una bestemmia chiedere loro di mettere questa esperienza a disposizione di un progetto rinnovato nei contenuti e nelle persone. E’ un processo naturale, quello che la città si aspetta”.
Evidente il riferimento alla così detta ‘triade’: Palumbo non ragiona in termini di rottamazione, “una pagina del nostro partito fortunatamente superata”, ma di ricambio generazionale “che non è una rivendicazione ma una esigenza, consegnata dal momento storico se pensiamo che anche l’Europa ha dato come mission della ripresa economica quella della Next generation Ue. Ci sono obiettivi che sono culturali, da portare avanti e interpretare investendo nelle nuove generazioni. Noi dobbiamo fare in modo che il partito si apra a energie che devono contaminarci: il Pd è diventato un club, un luogo chiuso. E dobbiamo interrogarci sul perché c’è difficoltà a mobilitare l’impegno di tante persone che prima animavano le stanze del partito”.
In altre parole, il Pd deve rinnovarsi per contribuire alla costruzione di un percorso aperto e condiviso con le altre forze politiche d’area: “una volta acquisita maturità e consapevolezza del progetto che vogliamo portare avanti, in maniera naturale si troverà il migliore interprete che dovrà essere contornato da una squadra di persone che abbiano chiara la missione, la determinazione di portarla avanti per 10 anni”. E Palumbo non si nasconde: “sono da sempre aperto a percorsi comuni, la mia storia lo racconta; anche per la pressione che sento su di me da tanti cittadini, credo di poter mettere la mia persona a disposizione di un percorso, non per ambizione personale ma come sfida che pongo a me stesso, per tentare di esserne il miglior interprete”.
Certo è che, al momento, tra le forze di centrosinistra si registra un certo scollamento, una sorta di sfiducia.
PERILLI: "TATTICISMO ESASPERATO HA BLOCCATO L'AZIONE POLITICA. CONFRONTO SIA SUI TEMI" “Se fino ad un anno fa c’era un desiderio di cambiamento forte tra le forze progressiste, da un po’ di tempo il pensiero tattico sta bloccando l’azione” riconosce Enrico Perilli della segreteria regionale di Sinistra Italiana: “ci si è ripiegati in una logica di tatticismo esasperato che ha bloccato l’azione politica, l’attività, la progettazione, persino la critica. Il paradigma che si sta applicando – cioè calare sul tavolo lo schema classico della sinistra radicale, del centrosinistra, dei moderati distribuendosi su questa mappa – lo ritengo profondamente sbagliato. Una mappa che non rappresenta più il paese a livello nazionale: forze radicali come Lega e Fratelli d’Italia non si pongono problemi di equilibrio con le proposte centriste, moderate e così via, prendendo molti voti; non si capisce perché a sinistra dovremmo esserne ossessionati. Figuriamoci se può funzionare a livello locale, dove le logiche di scelta sono altre: la competenza, la capacità riconosciuta dall’elettorato, oltre le appartenenze politiche. Crocifiggersi oggi con certi ragionamenti - chi è più di centro coltiva di qua, chi è più di sinistra coltiva di là - è semplicemente un pretesto in una partita tattica senza fine, iniziata cinque anni fa, e che alcune componenti dello schieramento di centrosinistra stanno giocando contro gli interessi della città, contro gli interessi delle forze progressiste che chiedono un cambiamento”.
Il confronto andrebbe fatto sui temi, ribadisce Perilli, non su posizionamenti sterili: “diamoci dieci temi, confrontiamoci e su questo definiamo chi è radicale e chi moderato; così, finiremmo per scoprire che i temi considerati radicali sono quelli che riscuotono più attenzione e più consenso in questo momento storico”.
Anche per questo, per Perilli non ha alcun fondamento di realtà pensare di strappare consensi al centrodestra con proposte moderate: “piuttosto, ci sono mondi che si spostano da una parte all’altra per interesse, interpretando il momento e provando a capire chi vincerà le elezioni per salire sul carro”.
Vanno rotti gli indugi, insomma: “il Pd pare un corpaccione pachidermico, inerme, in balia degli eventi: mi auguro che nei prossimi giorni, a livello locale, i dem prendano la guida della coalizione in maniera chiara e decisa, senza titubanze. Non è più il tempo dell’equilibrismo, del pensiero che blocca l’azione: chi ci sarà ci sarà, chi non ci sarà magari lo incontreremo per strada e se non lo incontreremo peccato. La politica è così: l’importante è avere un’identità, delle cose da dire, delle esigenze da rappresentare”.
Detto questo, l’auspicio di Perilli è che si arrivi alla costruzione di una coalizione larga, “dalla sinistra ai moderati, e spero possa esserci anche Il Passo Possibile, non ho nessuna difficoltà a dirlo e sperarlo; ci vuole un progetto di governo chiaro, e d’altra parte con molti di loro abbiamo governato negli anni di Cialente (penso a Nardantonio, Iorio e così via). Se il problema è la candidatura a sindaco, si può risolvere con primarie vere, con regole e limiti certi: il fine deve essere una coalizione unita, ampia, che dia alla città un’amministrazione migliore di quella attuale”.