Riceviamo e pubblichiamo - I ritardi nell’istruttoria delle pratiche della ricostruzione privata sono, e sono sempre stati, uno dei punti nodali della ricostruzione stessa. In particolare, continua ad essere difficile individuare le responsabilità in merito all’accertamento del mancato pronunciamento entro 60 giorni dalla presentazione del progetto, nel merito del rilascio delle necessarie autorizzazioni per la riparazione degli immobili, per la ricostruzione, o per l’acquisto dell’abitazione sostitutiva.
Sul punto numerosi sono stati i ricorsi dei cittadini presentati al Tribunale Amministrativo Regionale che ha riconosciuto essere del Comune la responsabilità del mancato pronunciamento entro i 60 giorni, condannandolo al pagamento delle spese. Sulla vicenda vi è una novità rappresentata dalla recente sentenza del Consiglio di Stato n. 2540/2014, depositata in segreteria il 20 maggio, con la quale, accogliendo il ricorso del Comune avverso la sentenza del TAR, viene imputata la responsabilità del silenzio-rifiuto all’Ufficio Speciale.
Il Consiglio di Stato accoglie le argomentazioni addotte dal Comune. Innanzitutto il nuovo quadro normativo introdotto dal Ministro Barca che vede, in sostituzione della “filiera”, l’istituzione dell’Ufficio Speciale che assume a sé l’esame delle richieste di contributo per la ricostruzione e, quindi, è responsabile delle istruttorie. Altra interessante motivazione alla base della sentenza, per altro fatta rilevare dallo stesso Comune, è che l’Ufficio Speciale è un soggetto di natura strumentale di scopo dell’Amministrazione Statale poiché è dotato di propria autonomia e distinto dall’Amministrazione comunale.
La sentenza stabilisce che il Comune non ha alcuna possibilità di intervenire sull’autorizzazione e sui tempi previsti per il suo rilascio, ma interviene, con ruolo del tutto residuale, solo per l’erogazione del contributo. Successivamente alla sentenza del Consiglio di Stato, il TAR si è pronunciato con due sentenze. La n.574/2014, depositata il 19 giugno, imputa la responsabilità al Comune, poiché il nuovo quadro normativo non ha mutato la competenza nel dover provvedere, entro 60 giorni, all’erogazione del contributo e stabilisce che le competenze dell’Ufficio Speciale non si riferiscono alla titolarità del provvedimento finale, ma solo alla fase endoprocedimentale. Attribuisce, in pratica, ai sensi della legge 241/1990, che nettamente distingue il responsabile del procedimento (Ufficio Speciale) dal titolare del provvedimento (Comune), la responsabilità del mancato pronunciamento al Comune. Lo condanna, inoltre, al pagamento delle spese di lite, agli oneri accessori di legge ed al rimborso delle spese per il contributo unificato.
La seconda sentenza del TAR (n.567/2014, anch’essa depositata il 19 giugno), non tenendo in alcuna considerazione quanto stabilito dalla prima, la ribalta: assumendo di dover tenere conto delle sopravvenute normative relative alla costituzione dell’Ufficio Speciale, nonché della recente sentenza del Consiglio di Stato e del fatto che il ricorrente abbia presentato il ricorso dopo l’entrata in vigore della nuova normativa, conclude che l’inadempimento è imputabile all’Ufficio Speciale. Vengono compensate le spese.
Appare più che ovvio che tali pareri altalenanti ingenerano un’enorme confusione che altro non è che la fotografia delle polemiche in atto fra Comune ed Ufficio Speciale e che hanno ad oggetto la definizione ed i limiti delle competenze, in particolare quelle afferenti l’Ufficio Speciale. Implicitamente, è stato stabilito che la responsabilità del procedimento e la titolarità del provvedimento fanno capo all’Ufficio speciale. Resta al Comune un ruolo del tutto residuale che esclude ogni possibilità di intervento sull’autorizzazione e sulla tempistica. Sarebbe opportuno che tale principio fosse oggetto di una norma esplicita che non dia adito a fraintendimenti di sorta e possa costituire, per i cittadini, un chiaro punto di riferimento.
Sono ormai cinque anni che i cittadini invocano chiarezza delle regole e individuazione precisa delle competenze. Troppo spesso si sono sentiti e si sentono lontani dalle istituzioni, soli a fronteggiare una situazione sempre più difficile. Troppo spesso sono schiacciati fra rimpalli di responsabilità, al centro, quali incolpevoli vittime. Oltretutto, costretti a sostenere, come comunità, anche il peso dei costi di questo particolare contenzioso, relativi alla condanna del Comune e/o dell’Ufficio Speciale.
E’ assolutamente necessario che la legge per L’Aquila ed il Cratere, che si sta discutendo a livello nazionale, contenga regole certe e chiare che permettano di individuare precise competenze e responsabilità. Ciò anche per sbarrare la strada alla criminalità organizzata e al malaffare.
Assemblea Cittadina dell'Aquila