Di nuovo la guerra: Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Siria, Gaza, Yemen, Somalia, sono solo alcuni luoghi dove sono precipitate bombe e morte dagli anni '90 ad oggi.
Ora l’Ucraina.
Il mondo si ritrova arruolato in un lasso temporale di cinque giorni. Si polarizza lo scontro, l’Occidente scatenato contro il “nazista” (paradossi della propaganda bellica) Putin; Putin pronto a tutto, sanguinario e determinato come sempre. In mezzo la povera gente ucraina: citare la poesia di Trilussa del 1914 ormai è retorico, così come citare l’articolo 11 della nostra Costituzione che ripudiava la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti.
Emanuele Severino avrebbe scritto che mai durante gli anni della Guerra Fredda sarebbe potuto accadere un fallimento politico di questa portata, il mondo diviso in blocchi voleva dire equilibrio. La “fine della storia e l’ultimo uomo”, maledetto il giorno in cui Fukuyama scrisse queste 418 pagine, ci consegna un mondo caotico, ingovernabile, preda delle pulsioni libere, distruttive e voraci, che una classe dirigente inadeguata, soprattutto quella occidentale (citazione di D’Alema) non riesce a gestire e pilotare.
Il fallimento della diplomazia è un dato storico ineludibile che porta con sé l’incapacità di riconoscere le ragioni dell’Altro.
Proviamo a fare questo sforzo.
Dalla parte dell’Ucraina. Il paese, ex repubblica sovietica, ora nazione sovrana cerca faticosamente un posto nel mondo. Si libera di un presidente filorusso, Yanukovich, e ne elegge uno filoccidentale, Zelesky, che cerca di condurla tra le braccia, voraci e interessate, dell’Occidente. Cerca di barcamenarsi tra problemi di convivenza tra diverse etnie, problema comune a molti paesi dell’Est Europa, e di sopravvivere al fantasma minaccioso della Russia di Putin. Fino a quando il fantasma si materializza con i suoi armamenti e chiede sottomissione almeno di posizionamento geopolitico. La risposta è da nazione sovrana e convintamente sfida Putin: per questo viene invasa. Come tutti i popoli invasi, anche gli ucraini si appellano al diritto internazionale, chiedono rispetto dei confini, gridano la loro pena al mondo, eroicamente sfidano l’invasore. Molti ucraini sono costretti alla fuga, altri muoiono: l’orrore della guerra cade su quel paese.
Dalla parte della Russia. Gorbaciov liquida l’URSS, ritira l’esercito dalle ormai ex repubbliche sovietiche e del Patto di Varsavia, si affida all’Occidente chiedendo che la NATO non arrivi ai confini russi. Incredibilmente, affida le pecore al lupo. La NATO arriva ai confini della Russia, si espande fino ad Est, costruisce basi militari e fomenta rivolte per destabilizzare democrazie non ancora allineate. In Georgia, provocando l’intervento di Putin; in Cecenia tifa, come sempre, per l’estremismo islamico e, otto anni fa, finanzia e addestra battaglioni nazisti che daranno il loro contributo nella deposizione di Yanukovic. La CIA non ha mai smentito la presenza di suoi uomini a Piazza Maidan. Inizia la guerra a bassa intensità contro le minoranze russofone del Donbass. Dal punto di vista militare le suddette milizie filonaziste imperversano, uccidono e sequestrano cittadini e cittadine russe del Donbass. Nelle scuole veniva insegnato il russo e due ore a settimana l’ucraino: improvvisamente la lingua russa viene bandita, è vitato parlare russo, come ai curdi è vietato, dai turchi, parlare il curdo e dirsi curdi. Così le minoranze russe vengono oppresse e trovano riparo nelle milizie separatiste, protette da Mosca.
La Russia, così come mezzo mondo, vive male il ruolo di autoproclamatosi detentore dei sani valori morali e giuridici dell’Occidente. Putin, così come i cinesi, gli iraniani, alcuni presidenti sudamericani, ricordano sovente la guerra della NATO contro la Serbia, il riconoscimento bizzarro e criminale del Kosovo (si ricordi il sostegno ai paramilitari dell’UCK, poi dichiarati terroristi), il sostegno ai nazionalisti croati (con tanto di politici italiani che sfoggiavano magliette della Croazia durante la guerra iugoslava) processati poi per crimini contro l’umanità.
L’invasione di Iraq, Afghanistan, Libia, con motivazioni ridicole come l’esportazione della democrazia o il possesso di armi di distruzione di massa poi rivelatosi non vero. La odiosa doppia morale per cui gli ucraini che combattono contro l’invasore sono partigiani eroici mentre gli iracheni che combattevano contro l’occupante occidentale (Abu Ghraib…) erano terroristi invasati. La persecuzione dei palestinesi e l’indifferenza verso i curdi, usati e poi abbandonati (guerra di Siria contro Daesh).
Sentire dire da chi ha commesso tutto ciò, e molto altro, che si è dalla parte giusta della storia comprensibilmente irrita non poco.
Irritazione che è divenuta rabbia di fronte al mancato ascolto e all’uso ripetuto delle sanzioni (Cuba, Venezuela, Cisgiordania, Iran, Russia) verso chi non si allinea. Vederci con gli occhi di chi non è occidentale ci aiuterebbe a ridurre il nostro narcisismo onnipotente.
Scissione. Di fronte a queste due visioni e sentimenti così lontani ma entrambi così giusti solo un enorme sforzo diplomatico potrebbe evitare a Kiev di essere ridotta come Groznyj, al mondo scenari terribili, ai russi anni di sofferenze e stenti. Si è capaci di questo miracolo diplomatico? Chi può metterlo in campo? Siamo ancora in tempo? Queste dovrebbero essere le domande che aiuterebbero ad aprire scenari di speranza ma invece assistiamo ad una folle corsa ad armare l’Ucraina, condannandola alla distruzione, e a preparare i sistemi nucleari!
Anche se vi credete assolti siete lo stesso coinvolti, avrebbe detto De Andrè; coinvolti in una tragedia incontrollabile.
P.S.: a margine sento prepotente il bisogno di esternare il dolore per l’atteggiamento del mondo progressista. Non che avessi grandi speranze ma vedere la sinistra timida ed impacciata (intendo quella che viene chiamata sinistra-sinistra), il PD - pachiderma centrista nato per gestire il potere e non certo per cambiare la società - arruolarsi tra i falchi della guerra a tutti i costi e lasciare a Salvini, con la richiesta di corridoi umanitari e il diniego al rifornimento di armi all’Ucraina, l’unica posizione sensata e assennata (lo scrivo con la morte nel cuore), è un accadimento che fa male e segna un punto di non ritorno.
La Sinistra dovrebbe essere forza di cambiamento e contestazione del reale, dovrebbe avere senso critico e cultura non omologata, tutto quello che l’attuale schieramento progressista non è e non ha. La prova del nove viene fornita dai tanti giornalisti progressisti, abitanti stanziali dei talk, che, dopo aver osannato il reazionario Draghi, che si è contornato di lobbysti non certo riformisti, ora assumono posizioni che neanche Indro Montanelli e Mario Cervi avrebbero sostenuto.
In questo caso potremmo parlare di Fine della Storia, la storia della cultura critica della sinistra italiana.