Domenica, 12 Ottobre 2014 16:07

L'Aquila, manovre per il dopo Cialente. La rivincita del contado?

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Siamo quasi al giro di boa per il "Massimo Cialente II", seconda legislatura per il sindaco dell'Aquila. E' certo che l'esponente del Partito Democratico passerà alla storia come uno dei sindaci più controversi, amati e criticati della città: è fisiologico. Negli ultimi anni, complice ovviamente il terremoto, la dimensione dei temi e l'attenzione dell'opinione pubblica sono aumentati in maniera esponenziale, elevando un Sindaco di provincia come Cialente, a una sorta di personaggio politico trans-territoriale.

Come prevede la legge, però, Cialente non potrà ricandidarsi per una terza legislatura, a meno che non venga sfiduciato dal Consiglio Comunale prima del prossimo 23 novembre. Infatti, se la Giunta comunale cade prima di metà mandato (due anni e sei mesi) e non per volontà propria (dimissioni), il Sindaco può candidarsi per una terza tornata elettorale. Nel caso aquilano, però, non si tratta solo di una asettica e vuota data dettata dalle leggi: è noto, infatti, che all'interno dell'ampia coalizione di maggioranza i malumori – per usare un eufemismo – siano molti e di diversa natura. Le settimane antecedenti all'importante approvazione del bilancio comunale lo hanno dimostrato: sono in tanti a guerreggiare. Un mese fa, in occasione dell'approvazione in consiglio dell'Imposta Unica Comunale, il presidente Carlo Benedetti è stato costretto a sciogliere la seduta a causa della mancanza del numero legale. Un episodio che ha mandato su tutte le furie diverse anime della maggioranza, e che ha causato la sera stessa un vertice infuocato, durante il quale il socialista Gianni Padovani e il capogruppo del Pd in consiglio Maurizio Capri sarebbero quasi venuti alle mani. Si rincorrono ormai da tempo le voci su un rimpasto di giunta (ve ne abbiamo dato anticipazioni qui) ma il problema non è solo legato agli esponenti importanti dell'esecutivo (vedi Alfredo Moroni) o ai piccoli partiti della coalizione – dal Psi al Prc, passando per i consiglieri centristi che "pesano", come Pierluigi Mancini o Giuseppe Ludovici – bensì anche a un disfacimento lento ma progressivo che vede per protagonista il Partito Democratico dell'Aquila. A questo punto, poi, tutte le ipotesi non sembrano da scartare. C'è chi dice che parte del Pd voglia aspettare il mese di dicembre per far cadere la giunta e impedire una nuova candidatura di Cialente, e chi afferma che quest'ultimo abbia voluto (senza successo) anticipare la mossa facendo mancare il numero legale il 3 settembre scorso, durante la votazione sulla Iuc, su un emendamento presentato da egli stesso.

Coalizione di centrosinistra. Nel maggiore partito della città, è nota ormai la furente corsa all'eredità che lascerà Cialente alla scadenza naturale del mandato, nel 2017. Dentro al Pd ci sono almeno tre anime. La prima è quella dei "vecchi dirigenti", composta essenzialmente dalla sfera di influenze creata negli anni dalla triade Cialente-Lolli-Pezzopane, che vedrebbe bene un candidato sì giovane ma non di rottura, rispetto ai rispettivi margini di controllo. La seconda è quella dei giovani dirigenti e quadri medi, di cui i due principali esponenti sono Pierpaolo Pietrucci e Americo Di Benedetto. Infine, c'è quel limbo dentro il quale confluiscono personaggi che, soprattutto per motivi generazionali, osserverebbero inermi a un passaggio di consegne tra i più esperti e i giovani rampanti. Parliamo di un gruppo dirigente che ha faticato, soprattutto negli ultimi due anni, a farsi strada dentro al partito. Ad esso confluiscono anche persone dalla storia e dalla visione politica diversa, come il presidente del consiglio comunale Carlo Benedetti e il capogruppo in consiglio Maurizio Capri. "Ora è il loro turno", qualcuno osa dire. E potrebbe esserlo davvero, soprattutto se con sapienti e apparentemente paradossali manovre di palazzo, la giunta Cialente dovesse cadere prima della scadenza naturale del mandato, tagliando fuori i giovani che a quel punto verrebbero emarginati, in quanto non ancora pronti per il salto di qualità.

Tra questi ultimi, chi non ha mai nascosto – anche ai nostri microfoni – la volontà di voler fare il sindaco dell'Aquila è Americo Di Benedetto, presidente della municipalizzata Gran Sasso Acqua e fresco di nomina a numero uno della Banca dell'Aquila. Di Benedetto è stato già amministratore del comune di Acciano, nella Valle Subequana, e la sua investitura dipenderà soprattutto da come andranno i lavori per i sottoservizi del centro storico aquilano e delle vie principali, l'appalto più grande del post-sisma e snodo cruciale per la sua carriera politica. Certo, due anni e mezzo sono tanti, e di cose ne possono succedere. Molto meno quotate le speranze di vedere Pierpaolo Pietrucci primo cittadino: il consigliere regionale, dopo lo strepitoso successo elettorale della primavera scorsa, pare che abbia perso per strada alcuni dei suoi sostenitori dentro al partito. Inoltre, non è un mistero che Pietrucci ambisca da sempre a un posto in Parlamento. D'altro canto, però, non tutti vorrebbero nel partito Di Benedetto a Palazzo Fibbioni, prossima sede dell'ufficio del Sindaco. Con un Pd così confuso al suo interno, chissà che non ci sia proprio una figura di spicco, magari all'interno della triade, capace di riunire le anime e mettere a tacere le divisioni. In questo senso, l'unica in grado di svolgere tale ruolo sembra essere Stefania Pezzopane. D'altronde, la senatrice aquilana a Roma non ha ottenuto (finora) nessun posto di prestigio. Non una presidenza di commissione, non un ruolo nel governo. E' inoltre tutt'altro scontato che le venga assegnato il posto nell'esecutivo lasciato vuoto da Giovanni Legnini, come chiede il suo partito all'Aquila. E così - considerando che con la riforma del Senato e delle province probabilmente il prossimo primo cittadino aquilano sarà contemporaneamente Sindaco, Senatore e Presidente della Provincia - Pezzopane potrebbe farci un pensierino.
Per quanto riguarda gli altri partiti di maggioranza, invece, ad oggi – ma, ripetiamo, tutto può succedere – non sembrano esserci possibilità per una candidatura a Sindaco in una coalizione all'interno del quale il Partito Democratico determina un peso specifico così imponente. Come spesso accade dalla nascita della Seconda Repubblica, bisognerà vedere come si comporteranno, dal punto di vista degli equilibri di coalizione, comunisti, ex comunisti e, soprattutto, ex democristiani.


Coalizione di centrodestra. Il centrodestra si trova ad oggi in una situazione di netto svantaggio. La coalizione che ha governato il Paese per vent'anni all'Aquila litiga, si scinde e, solo in parte, poi si ricompatta. In ogni caso, subisce lo strapotere del centrosinistra, con una dinamica simile a quella delle "città rosse" emiliane o umbre. Il problema è che non c'è una leadership forte, come già dimostrato due anni fa, quando furono due i candidati alla carica di Sindaco (Giorgio De Matteis e Pierluigi Properzi). Per quanto riguarda i piccoli partiti di ispirazione centrista, negli ultimi due anni il consigliere Raffaele Daniele ha tolto lo scettro a De Matteis, incassando anche la fiducia da parte dell'Udc regionale e della dirigenza romana. L'avvocato aquilano potrebbe sicuramente proporsi come Sindaco moderato e alternativo al centrosinistra, raccogliendo anche gli eventuali malumori da parte dei consiglieri "pesanti" (i mister "500 voti", come Giuseppe Ludovici) che, a seconda della propria convenienza politica, cambiano coalizione a ogni tornata elettorale.

Andando verso destra, la situazione si fa complicata. In Forza Italia la non elezione alle regionali da parte di Gianfranco Giuliante ha sancito il già ventilato il cambio generazionale in favore del medico aquilano Guido Quintino Liris. Potrebbe essere lui il nome da lanciare in casa forzista, ma non è scontato, perché in molti anche dentro il partito pensano che non sia all'altezza. E così, come un coniglio dal cilindro, potrebbe esserci la sorpresa Pierluigi Biondi. L'attuale primo cittadino di Villa Sant'Angelo – amico fraterno dello stesso Liris – piace a molti. Dopo il terremoto ha acquisito visibilità e la fama di "sindaco pasionario", alter ego destrorso di Massimo Cialente. Il suo secondo mandato nel borgo del Medio Aterno scade nella primavera prossima (ma per legge può ricandidarsi per un terzo mandato, essendo un comune inferiore a 1.500 abitanti) e, spinto anche dallo stesso Liris, pare che non sia un'ipotesi da escludere apriori.  Godrebbe del sostegno anche dell'altro amico consigliere, Alessandro Piccinini, e – nonostante la sua nota passione per il regime fascista – anche di qualcuno nel centrosinistra. Una sfida tra Di Benedetto e Biondi sarebbe una sorta di "rivincita del contado": due ex sindaci di borghi del comprensorio aquilano si candidano per entrare a Palazzo Fibbioni da numero uno del capoluogo di regione. Una narrazione certamente romantica e affascinante. La candidatura di Biondi sposterebbe a destra tutta la coalizione, spegnendo le (eventuali) velleità degli altri piccoli partiti, come La Destra di Luigi D'Eramo e Vito Colonna. Questi ultimi, proprio oggi, hanno attaccato attraverso un comunicato le parole della senatrice forzista Paola Pelino, dimostrando – dopo aver lasciato l'intergruppo “Rivoluzione L'Aquila”, durato solo pochi mesi – di non soffrire più di tanto gli esponenti locali e nazionali del partito di Berlusconi.

Fuori dagli schemi. Fuori dal bipolarismo classico centrodestra-centrosinistra potrà esserci di tutto. Uno dei consiglieri più attivi nei primi due anni è Ettore Di Cesare della lista Appello per L'Aquila, nata da parte dei movimenti civici che hanno animato il primo biennio post-sisma. Di Cesare è, finora, il più incisivo avversario della maggioranza di centrosinistra in consiglio comunale, tanto che sono in molti a non sopportarlo, compreso Cialente (è nota l'insofferenza reciproca). Per quanto riguarda l'altra lista civica presente in consiglio – L'Aquila che Vogliamo – Vincenzo Vittorini ha smorzato con il passare dei mesi la grinta che lo contraddistingue. E' probabile che, nel caso in cui si ripresentassero alle prossime elezioni comunali, Di Cesare e Vittorini formino una coalizione. Un'alleanza che potrebbe essere composta anche da Rifondazione Comunista, oggi pedissequamente in maggioranza ma sempre più in crisi con il governo di Cialente, su questioni cruciali come convenzioni urbanistiche e sviluppo del Gran Sasso.

Certo, lo scenario descritto è parziale e soprattutto legato all'attualità: se è vero, infatti, che solitamente per iniziare a preparare una candidatura degna di nota ci si muova almeno due anni prima delle elezioni, è altrettanto vero che in una città così densa di avvenimenti, interessi e dinamismi tutto può velocemente mutare, a causa di diversi fattori, come una frattura politica o un'indagine giudiziaria. Nel frattempo, attendiamo con ansia l'importante scadenza del 23 novembre.

Ultima modifica il Lunedì, 13 Ottobre 2014 03:04

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