Massimo Cialente getta la maschera e si candida alla segreteria regionale del Partito democratico.
Le voci su un possibile ingresso del primo cittadino dell'Aquila nella competizione per la corsa alla carica di segretario regionale erano iniziate a circolare la scorsa settimana, dopo che lo stesso Cialente aveva pubblicato, sul proprio profilo Facebook, un'analisi abbastanza articolata sulla deriva personalistica imboccata dai moderni partiti e sulla necessità di tornare a vecchie formule e a vecchi metodi di gestione e organizzazione: "Dobbiamo tornare ai partiti veri" aveva scritto Cialente "Rifondiamoli, riavviamo i tesseramenti, torniamo a dibattere su tutte le questioni". Dichiarazioni a seguito delle quali, sabato scorso, Il Messaggero aveva titolato: "Segreteria Pd. Pure Cialente in lista tra i candidati?".
La conferma che quelle di Cialente non fossero solo riflessioni e pensieri in libertà sulla crisi dei partiti è arrivata oggi, sia attraverso un comunicato stampa del Capo di Gabinetto del sindaco, Mauro Marchetti, sia, soprattutto, attraverso le parole del diretto interessato: "E' una cosa sulla quale ho cominciato a ragionare da tempo" ha detto Cialente ai microfoni di NewsTown a margine dell'incontro sui fondi Meloni svoltosi all'Auditorium del Parco. "Sono molto preoccupato per quello che sta accadendo, in generale mi sembra che dentro il Pd vi sia uno scontro tra tifoserie che non porterà da nessuna parte. Mi sembra, dall'alto della mia modesta esperienza, che il partito liquido sia diventato un partito feudale. La mia candidatura? Voglio discutere, capire cosa prevede lo statuto. Ho delle proposte sulle quali mi confronterò. Se poi ci sarà qualcuno che avrà proposte che mi convinceranno di più, non avrò problemi a fare un passo indietro".
Parole inequivocabili, a giudicare dalle quali Cialente sembra essere preoccupato che quello che sta accadendo al Pd a livello nazionale - appiattimento del partito sulle posizioni del segretario/premier, deriva personalistica, limitazione del dissenso interno, ambizione a costruire un partito pigliatutto, attenzionee sforzi rivolti verso eventi mediatici come la Leopoloda a scapito dei tesseramenti e delle attività nei circoli e nelle sezioni - possa riverberarsi anche a livello locale.
Cosa che, in parte, sta già accadendo. Luciano D'Alfonso sembra apprezzare molto il modello di leadership renziana, veloce, accentratrice e decisionista. Il presidente abruzzese, reduce dalla tre giorni di Firenze appena conclusasi, è arrivato ad annunciare una Leopolda abruzzese, che si terrà a novembre presso la Badia Morronese di Sulmona.
Anche D'Alfonso, inoltre, così come sta facendo Renzi con il "partito della Leopolda", è impegnato a smarcarsi dal Pd per costruire un soggetto politico a propria immagine e somiglianza. Prova ne sia il movimento nato meno di un mese fa che ha messo insieme due delle tre liste civiche che hanno sostenuto l'ex sindaco di Pescara nella campagna elettorale per le regionali, Valore Abruzzo e Regione facile. Un vero e proprio "partito del presidente", nel quale, proprio come nel partito parallelo di Renzi, ci sono tanto politici di lungo corso con tessera Pd quanto transfughi pescati qui e là e naturalmente membri della cosidetta società civile.
Il 3 novembre, comunque, è prevista la direzione regionale per la convocazione del congresso. Il nome di Cialente va ad aggiungersi a quelli di Marco Rapino, Alessandro Marzoli, Alessandra Coppola, Alessandra De Crescentis e Paolo Della Ventura, gli altri papabili per le primarie. Anche se, va detto, l'unico ad aver ufficializzato la propria candidatura è stato, finora, Paolo Della Ventura, uscito allo scoperto già diversi mesi fa.
Non si sa, per il momento, se Cialente sia determinato ad andare fino in fondo o se la sua sia solo una provocazione lanciata per rimettere al centro del dibattito politico interno al Pd regionale alcune questioni, non ultima la ricostruzione dell'Aquila.
Di sicuro il suo annuncio non era atteso dalle varie segreterie, in primis quella dell'Aquila. Ed è certo anche che per la nuova generazione cresciuta in questi anni dentro al Pd aquilano, che qualche giorno fa, in un documento ufficiale firmato e diffuso a mezzo stampa, aveva chiesto più spazio e maggiori responsabilità, sarebbe difficile sostenere una candidatura come quella di Cialente senza entrare in aperta contraddizione con se stessa.
Il comunicato stampa di Mauro Marchetti
"Il sindaco si sta preoccupando di come far emergere una classe dirigente fatta di giovani. E lo sta facendo da vero uomo di partito, che ragiona solo ed esclusivamente in termini politici".
Ne è convinto Mauro Marchetti, Capo do Gabinetto del sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, la persona più vicina a quel primo cittadino che si è appena proposto come segretario regionale del Partito democratico.
"Come sempre - spiega Marchetti - insieme al sindaco si ragiona molto sul Partito democratico nazionale e regionale. Lui, d'altra parte, era ed è rimasto un uomo di partito che considera la politica al primo posto tra le priorità, cosa che invece non avverrebbe se ci si preoccupasse soltanto di fare i megafoni di quello che avviene in Regione e in Giunta. Per lui, da tempo, il futuro della classe politica aquilana ed abruzzese è un argomento molto, molto importante e si sta impegnando per poter essere il padre politico di uno storico avvicendamento generazionale".
Per Marchetti, "Cialente è uno di quei politici con una profonda cultura di partito, quella che vede il partito stesso come fulcro di tutto, il luogo in cui ci si confronta e si decide, in cui si gettano le basi per crescere, per il futuro".
Sul fronte regionale, poi, il giovane esponente del Pd aquilano mette in guardia da quelli che secondo lui sono i rischi di un partito che sostanzialmente ha un mano il governo regionale abruzzese.
"Essere un partito di governo vuol dire essere capaci di dare una mano, di 'puntellare' istituzioni fondamentali come la Regione, ma anche e soprattutto di fare da stimolo, da 'pungolo', per accendere i campanelli d'allarme ove questo sia necessario. Quando si governa una Regione si hanno grandi responsabilità, è vero, ma un partito deve rimanere un partito. Altrimenti, si corre il rischio di fare i megafoni della Giunta e nulla più".
La riflessione di Cialente su Facebook
Leggo da un po' di giorni numerosi articoli ed editoriali sulla crisi del tesseramento del PD, sulla crisi dei partiti, su come dovrebbero essere strutturati i partiti politici, se ancora oggi ha senso parlare di partiti politici, se è ancora attuale il richiamo agli stessi presente nella nostra meravigliosa Costituzione. Negli ultimi giorni il dibattito mi preoccupa un pochino, perché ormai è spostato non tanto su questi temi, quanto in una visione correntizia e di potere giocata sulle spoglie del concetto stesso di partito politico. Poi, nelle ultime ore sento parlare di partiti della nazione (sic), partiti liquidi, semiliquidi, ecc.
Modestissimamente, alla luce delle mie esperienze passate di militante, di amministratore, di deputato, ed oggi di Sindaco della città più martoriata d'Italia, vorrei dare un piccolissimo contributo.
Da anni assistiamo al progressivo affermarsi di una sorta di leaderismo, complice forse la caduta non solo delle ideologie del secolo scorso, quanto soprattutto di riferimenti valoriali, che di volta in volta vede interi paesi, soprattutto quelli europei, affidarsi, a tutti i livelli, dai comuni ai governi, agli uomini della provvidenza. L'uomo forte, l'uomo deciso, possibilmente telegenico e fine parlatore, meglio ancora se ricco o ben finanziato. Politici che hanno sempre avuto carisma e goduto della fiducia popolare ve ne sono sempre stati nella storia, e mi sembra anche giusto. Ma mi chiedo: siamo sicura che in un tempo così complesso, carico di sfide epocali, di interrogativi nuovi e complessi, penso alle questioni della bioetica o dei diritti civili, alle grandi trasformazioni economiche e sociali, ci si possa affidare ad uno o a pochi?
La democrazia, a mio avviso, va ricercata in un equilibrio: c'è chi è chiamato democraticamente a governare, c'è il popolo che dopo aver scelto deve comunque quotidianamente partecipare non dico solo al controllo, ma anche ai dibattiti sulle scelte, acquisendo comunque un protagonismo. In altre parole non c'è democrazia ove si firma una delega in bianco per tot anni ad un qualsiasi leader, sia sindaco, governatore, premier, ma c'è democrazia solo lì dove i cittadini sono informati, possono farsi un'opinione, possono confrontarsi e dire la loro.
Come si può fare? Una forma di partecipazione sono ad esempio i comitati dei cittadini. Attenzione però. I comitati, pensiamo all'esperienza aquilana, sono forti, vitali, ricchi di spunti, ma hanno un problema: sono come i fiumi carsici. Emergono su temi sentiti, vivi, ma poi , improvvisamente, tendono a sparire, per poi magari riemergere su nuove problematiche. Inoltre , il più delle volte, la loro nascita o riemersione, è legata a fatti contingenti, ad aspetti pur importanti ma circoscritti o ad eventi particolari (esempio la nostra tragedia), o a problematiche particolari (penso alla centrale a biomasse a Bazzano, problema bollette CASE, ecc. ecc.). Sono utilissimi, ma come i fiumi carsici, non hanno continuità.
Non voglio parlare invece di caricature, tipo la democrazia WEB dei 5 stelle.
Al contrario i partiti i, tutti i partiti, sono a mio avviso le vere strutture democratiche.
Anzitutto raccolgono persone che condividono insieme dei valori, un'idea di base della società, una visione comune dei destini della collettività. Ma sono anche il luogo ove si dibatte, ci si confronta, si assumono democraticamente delle decisioni, si verifica e ci si confronta con i livelli istituzionali, sia se guidati da propri esponenti, sia se diretti da avversari politici. Inoltre esercitano un ruolo fondamentale, il più importante: sono il luogo dove i giovani possono fare esperienza politica, acquisirne la passione, impararne le regole, mettersi alla prova. Percorso non facile, ma che offre poi alla società la nuova classe dirigente. Altrimeti la nuova classe dirigente nasce per cooptazione...quindi non libera veramente.
Pericoli ve ne sono? Si, se i partiti divengono quelli della battaglia delle tessere, da scatenare alla vigilia congressuale o prima di qualche elezione. Cosa difficile da evitare e controllare. Ma se poi il partito vive nei circoli o sezioni o chiamateli come volte, se cioè si riscopre quella splendida parola che è "militanza" disinteressata, interessata, costruttiva, il peso delle tessere diviene trascurabile, lasciatemi dire patetico.
Sapete bene come io sia un convintissimo sostenitore delle primarie. Ho concorso in diverse di esse. Credo sia un ottimo meccanismo per coinvolgere i cittadini. Ma pensare che poi divengano una delega in bianco...guai.
L'eletto, sia esso un amministratore o un legislatore, o un segretario di partito, deve poi quotidianamente confrontarsi con la propria base. Se il segretario di un partito è scelto con le primarie dell'elettorato di riferimento, bene. Ma poi deve confrontarsi con gli iscritti. Deve dimostrare di non essere un piccolo ras, ma un uomo capace di guidare il partito. Altrimenti diventa un gerarchetto di periferia, o uno esecutore di equilibri predeterminati.
Oggi temo che si stia andando verso una sorta di regime feudale ( mi posso definire un vassallo anch'io?), ove si governa senza confronti.
Non credo sia democrazia. Io francamente come sindaco, sento il bisogno di confrontarmi con gli iscritti dei partiti e con i comitati, ma come cittadino non mi va di affidare la mia vita ad un gruppo di persone, pur brave, senza poter mai esprimere il mio pensiero, poter partecipare.
Torniamo ai partiti veri, rifondiamoli, riavviamo tesseramenti veri, torniamo a dibattere su tutte le questioni. Basta con i protagonismi.,...a cominciare da sindaci (compreso o me) o altri. Facciamo come gli alberi: cambiamo le foglie, ma teniamo vive e forti le radici. Pensiamo a quanto sarà utile, a L'Aquila come in Abruzzo, tornare ad avere partiti forti, democratici, di tutte le idee valoriali. Secondo me è assolutamente necessario, direi indispensabile.