Martedì, 25 Novembre 2014 02:16

Regione, passo indietro del Consiglio: abolito l'anticipo di indennità

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Il Consiglio regionale ha modificato la norma sull’indennità di fine mandato dei Consiglieri regionali, abrogando l’articolo che consentiva di percepire le somme in qualunque momento. Non senza imbarazzi e polemiche. 

La norma, approvata nella seduta di due settimane fa con i voti della maggioranza di centrosinistra e delle opposizioni di centrodestra, astenuti i Cinque stelle, rendeva possibile ai consiglieri rieletti in questa legislatura di chiedere l'anticipazione dell'indennità di fine mandato maturata nella passata consiliatura. In serata, l'atteso passo indietro: resta in vigore soltanto la norma che permette l’anticipazione del pagamento del trattamento di fine rapporto dei dipendenti dei gruppi consiliari a chiamata diretta che non sono stati confermati. 

Imbarazzi e polemiche, dicevamo. Se i consiglieri di centrosinistra hanno tentato di minimizzare, le opposizioni non hanno preso affatto bene la presa di posizione di Luciano D'Alfonso che non aveva mancato di sottolineare la sua contrarietà alla norma. 

"Io quella legge non la promulgo", aveva sottolineato - stizzito - il presidente della Giunta Regionale. "Non c'ero il giorno in cui hanno approvato questa legge. Si tratta di una norma intrusa, che non era nel programma elettorale e che non ha ragione di esistere. Non la promulgherò fino a revoca".

A far storcere il naso al Presidente non era solo la misura in sé - quantomeno inopportuna, visti i tempi, anche se, da un punto di vista strettamente legale, perfettamentre legittima - ma il modo in cui era stata presentata: con un emendamento "fuori sacco", non inserito, cioè, all'ordine del giorno. Un malcostume amministrativo che D'Alfonso, in campagna elettorale, aveva giurato non avrebbe più tollerato.

Un'altra ragione per cui la decisione del Consiglio era apparsa del tutto fuori luogo risiedeva nel fatto che la Regione, per problemi finanziari dovuti, secondo l'assessore Paolucci, alla mancata riscossione di alcuni crediti pregressi, era arrivata a mettere in discussione il pagamento degli stipendi di novembre e dicembre (tredicesima inclusa) dei propri dipendenti.

"D'Alfonso veste i panni del Presidente della Repubblica, senza la veste di terzietà", ha sottolineato il consigliere di Forza Italia Lorenzo Sospiri, spiegando che il Presidente non avrebbe in alcun modo potuto opporsi alla promulgazione. "D’Alfonso ha fatto il decreto per prendere sei ‘mi piace’ sulla pagina Facebook, il suo intervento suona come una mancanza di rispetto verso la maggioranza di centrosinistra e tutta l’assemblea, qui c’è autonomia e nessuno può permettersi di fare una cosa del genere", ha incalzato Paolo Gatti.

In effetti, il niet di D'Alfonso non sarebbe bastato a rendere inefficace il provvedimento. A norma di statuto, infatti, il presidente non può rifiutarsi di promulgare una legge approvata dal Consiglio. Per cancellare l'emendamento, doveva esserci necessariamente un ulteriore passaggio in aula. 

A chiudere l'imbarazzante vicenda, ha provato il democrat Camillo D'Alessandro: "Presentando una norma abrogativa, che mi vede come primo firmatario insieme con il vice presidente Paolini, alla quale ha aderito anche il gruppo Forza Italia, la maggioranza ha risolto definitivamente il problema, intervenendo prima della pubblicazione della legge. E' fin troppo evidente che l’azione del presidente D’Alfonso ha avuto un solo obiettivo: rendere certa la non applicazione della norma discussa".

 

 

Ultima modifica il Mercoledì, 26 Novembre 2014 12:46

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