A quattro anni dal terremoto che ha colpito la città, con la ricostruzione paralizzata dalla mancanza di fondi certi, con ancora 20mila sfollati, il sindaco Massimo Cialente ha scritto una lettera aperta al direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli “spinto dal terrore che L'Aquila sia destinata a morire, tra l'indifferenza politica e la malcelata insopportazione nei nostri confronti che si respira, ultimamente, in tutte le istituzioni dello Stato”.
Una lettera accorata, perché venga finanziata la ricostruzione. “Le risorse si possono reperire con il meccanismo del mutuo venticinquennale con la Cassa depositi e prestiti: 60 milioni l'anno per ciascun miliardo. Si può fare”.
“Con gli ultimi finanziamenti previsti, 980 milioni di competenza per il 2013/2015, ricostruiremo altre 4mila unità immobiliari, le più complesse, cominciando ad aggredire una minuscola porzione del centro storico, con i suoi 400 ettari, tra i più estesi d'Italia. E poi? Cosa ne sarà del capoluogo d'Abruzzo, seconda città d'Italia per numero di edifici vincolati dal ministero dei Beni culturali, testimonianza autentica di una città di fondazione medievale, dove la cultura si sposa con la natura e la qualità della vita è sempre stata impagabile?
La domanda che pone il primo cittadino è cruciale: “capirà il Paese che la ricostruzione dell'Aquila rientra tra le priorità nazionali?”. A leggere i commenti apparsi nell’articolo pubblicato sul sito del Corriere della Sera, sembra che non solo la politica abbia abbandonato il capoluogo d’Abruzzo. I pensieri non sono certo rappresentativi del comune sentire del paese, ma fotografano una certa indifferenza e un vago senso di insofferenza per l’appello che arriva dall’Aquila.
“Dopo il film Draquila e il tanto fango gettato”, scrive Matematichese, “adesso piangete che nessuno si interessa più a voi? La repubblica delle banane… dove ci si lamenta, non si fa niente, si sputa per terra e in faccia a prescindere e poi si piange perché non succede quello che vorremmo”.
“Il problema caro Sindaco, è dire non fate (VOI) morire L'Aquila. Ma lo sa che siamo noi i primi artefici del nostro destino?”, si legge in un altro post, firmato da Mattia. "Questo dover dipendere dagli altri, questa presunzione nel chiedere, è sbagliata dal punto di vista formale e sostanziale. Avrebbe dovuto dire: questo è quello che NOI abbiamo fatto e vorremo fare, ci aiutereste per piacere? E aggiungere grazie all'Italia per averci aiutato molto subito dopo il terremoto. A volte la forma è sostanza”.
“E dove li tiriamo fuori 11 miliardi?”, si chiede Foscolo. “Ma che sono noccioline? L’Aquila è importante, ma ci sono altre cose piu' importanti in Italia: la sopravvivenza di tanti italiani, non politici che muoiono di fame, il lavoro che non c'è perché è caro produrre, troppe tasse, troppi trucchi come quello di Greggio, troppa ricchezza che viene trasferita all'estero, unitamente alla montagna di soldi riguardo le rimesse degli immigrati nei loro Paesi, i costi faraonici dello Stato e le retribuzioni altrettanto smisurate di pseudo dirigenti pubblici. Insomma amministrazione pessima, troppe ruberie e troppe scappatoie nella nostra giurisprudenza, per cui ognuno fa quello che vuole. Complimenti a tutti Noi italiani, che siamo tutti bravissimi e furbissimi a renderci difficile la vita”.
“Con 12000 mila vincoli il comune ci ha messo il suo”, l’idea di Andrea.
“11 miliardi???”, si chiede un altro lettore. “Bisogna studiare un progetto alternativo e finanziabile. Io proporrei di fare delle cooperative in cui coinvolgere come maestranze i futuri inquilini, almeno quelli senza lavoro, con grossi risparmi e migliore qualità. Osservo che gli attuali prezzi di costruzione mi sembrano esorbitanti, intervenga la corte dei conti prima che finiscano i soldi se no veramente non ricostruiranno un bel niente; io con grossi sacrifici mi sono potuto permettere una casa da poco più di 100mila euro che sto ancora pagando, tra l'altro pago pure una assicurazione per cui in caso di disastro non peserei sulla collettività”.
“Prima dia le dimissioni il sindaco Cialente”, leggiamo ancora dal sito del Corriere, “che ha dimostrato di non essere in grado di gestire la situazione (eufemismo). Poi L'Aquila dimostri di saper prendere delle decisioni, di saper agire e di essere in grado di spendere i fondi (tanti) che ha già a disposizione, POI, se tutto è ok, si può parlare di altri fondi”.
E ancora: “le case di Berlusconi.. Ne parla come se le schifasse. Si ricorda chi proponeva di non costruirle, e di attendere la ricostruzione? I cittadini in tendopoli e container per una ventina d'anni. E' quel che voleva? Prima era colpa di Berlusconi, poi di Monti. Ora c'è Letta. Sarà pure colpa sua? Ma da parte vostra non c'è nessun rimprovero che fareste a voi stessi?”
Un altro lettore riconosce che la situazione aquilana è assai diversa da quella emiliana e si domanda, però, se ne vale la pena di ricostruire: “Va bene recuperare il centro storico, risalente a Federico II, ma tutto il resto? Lo stato può preoccuparsi di dare un tetto agli sfollati, non di rifare tutto come prima. Mutuo o no, stiamo parlando di cifre troppo alte”.
“Soldi,soldi, sempre soldi!”, scrive Salvatore. “Che differenza rispetto ai Friulani quando da soli si rimboccarono le mani e ricostruirono Gemona! Faccio un esempio terra terra: il centro dell'Aquila è ancora pieno di detriti, cosa ci voleva mettersi di impegno in 4 anni e raccogliere ALMENO un secchio di materiale inerte per abitante per cominciare a sgomberare un po' di macerie? Vogliamo parlare dell'Università? L'Abruzzo è un caso unico in Italia: in una regione piccola che non ha certo le tradizioni culturali di un'Emilia, di una Lombardia o di un Veneto ha BEN QUATTRO sedi universitarie distanti qualche decina di chilometri l'una dall'altra. E' proprio necessario investire soldi per l'Università dell'Aquila o non è meglio sopprimerla visti i tempi di crisi e visto che ne rimarrebbero ben 3, più che sufficienti per una regione piccola? Cominciare a risparmiare qualcosa invece di chiedere soldi, no eh?”
La retorica friulana torna anche in un altro commento: “aiutati che Dio ti aiuta, stare seduti ad aspettare cosa?”
“11 miliardi?”, scrive Furetto: “ma se ci manca un miliardo per sostenere la cassa integrazione in deroga a decine di migliaia di lavoratori e di famiglie? Signor Sindaco non avete i giornali e la televisione?”
“Ma siamo impazziti?”, si legge in un altro commento. “11 miliardi sono 11mila milioni. Come dire che per ricostruire ogni appartamento ci vogliono circa 2-3 milioni. 10 volte il costo di un moderno appartamento (grande). Ma che muratori ci sono all'Aquila? Con quei soldi si costruiscono città ben più grandi e belle”.
“Il sig. Sindaco la smetta di lamentarsi e ringrazi il cielo che le famiglie a migliaia siano parcheggiate nelle case di Berlusconi e non lasciate nei container o costrette ad emigrare come sarebbe successo se ci fosse stato l' egregio Sindaco al governo”, scrive Adrian. “Il sig. Sindaco ha commesso una serie di errori politici intrisi di disprezzo verso la persona e la parte politica che soli hanno fatto atti concreti per L'Aquila tra cui le tante esecrate case di Berlusconi”.
Insomma, commenti venati di populismo, scarsa conoscenza del territorio e della specificità del terremoto che ha colpito L’Aquila e il cratere, retorica da qualche spicciolo e poco altro. Giusto ricordarlo: stiamo parlando di una trentina di commenti apparsi sulla pagina online del Corriere della Sera. Sono un campanello d’allarme, però.