Mercoledì, 26 Agosto 2015 23:52

D'Alfonso e quella frase rivolta a Renzi: "Che Dio ti benedica"

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Che l'uomo avesse stile, modi ed eloquenza curiali (con una predilezione per le agiografie) era noto.

Eppure il modo in cui, l'altro ieri, Luciano D'Alfonso si è congedato da Matteo Renzi al termine dell'intervento pronunciato al Gran Sasso Science Institute in occasione della visita lampo che il premier ha tenuto all'Aquila, ha meravigliato anche chi ormai dovrebbe essersi abituato all'ars oratoria del presidente della Regione.

Quel “Dio ti benedica” pronunciato da D'Alfonso all'indirizzo di Renzi è sembrato davvero una nota stonata, una captatio benevolentiae inopportuna e forse anche un po' patetica.

E chissà cosa avrà pensato monsignor Giuseppe Petrocchi, vescovo dell'Aquila, mentre assisteva, seduto in prima fila proprio accanto al presidente del Consiglio, alla consacrazione compiuta dal benedicente D'Alfonso.

Il quale, durante il suo (lungo) intervento - durato 16 minuti, a dispetto dei 4 annunciati prendendo la parola e anche degli inviti rivolti agli altri rappresentanti istituzionali ad essere sintetici – è apparso uscire fuori dai bordi in più di un passaggio. Come quando non ha saputo resistere alla tentazione di rievocare il suo calvario processuale o ha parlato di “pornografia giudiziaria”. Argomenti che non avevano nulla a che fare con il motivo della visita di Renzi.

Il discorso di D'Alfonso ha ricalcato un copione già visto: più che della ricostruzione e dei mille problemi ad essa connessi, il presidente ha parlato soprattutto di infrastrutture, collegamenti, del dualismo ormai obsoleto tra montagna e costa, tra L'Aquila e Pescara.

Le strade, si sa, sono un chiodo fisso di D'Alfonso (che, quando non è impegnato in politica, lavora all'Anas come funzionario).

Tra una sviolinata e l'altra (le lodi, comunque, non sono state riservate al solo Renzi ma anche al presidente della Gran Sasso Acqua Americo Di Benedetto, anch'egli presente nell'aula magna del Gssi) D'Alfonso ha in pratica chiesto al premier (che, facendo dimettere Ciucci, ha rottamato anche il vecchio blocco di potere che governava l'Anas) i soldi per costruire quella direttrice L'Aquila-Pescara che l'Abruzzo aspetta da tanto tempo.

Malgrado i salamelecchi e i complimenti sperticati, Renzi non si è lasciato andare a nessun impegno o promessa, limitandosi a invitare D'Alfonso a inserire il progetto della strada in una specie di piano Marshall per il Sud che il Governo è in procinto di approvare.

L'impressione è che le carinerie dispensate ieri non siano bastate a scongelare la freddezza con cui Renzi ha finora trattato D'Alfonso. Va ricordato come l'anno scorso, quando si votò per europee e regionali, l'Abruzzo fu l'unica regione nella quale il premier-segretario non mise piede.

Tra i due la scintilla d'intesa continua a non scoccare, malgrado ad accomunarli ci siano, oltre all'appartenenza allo stesso partito, anche i comuni trascorsi da sindaci.

Ma forse il problema è proprio questo: al di là di marcate differenze, per così dire, estetiche, di facciata, i due, nel profondo, si somigliano molto di più di quanto essi stessi sarebbero disposti ad ammettere, soprattutto nell'indole ambiziosa e nella concezione dell'esercizio del potere.

D'Alfonso scenda dal piedistalloaveva detto, qualche giorno fa, Stefania Pezzopane, richiamando il presidente della Regione a un modo di amministrare e governare meno accentratore e più dialogante. Forse, l'altro ieri, avrebbe dovuto ammonirlo anche di scendere dal pulpito.

 

Ultima modifica il Giovedì, 27 Agosto 2015 00:18

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