Mercoledì, 06 Settembre 2017 17:48

Univaq, l'Udu: "Via il numero programmato o partiranno i ricorsi"

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Sospensione immediata del numero chiuso nei cinque corsi di laurea in cui è stato istituito – Scienze motorie, Psicologia triennale e magistrale, Biologia e Biotecnologie –  e cancellazione dei rispettivi test di ingresso in programma nelle prossime settimane.

E’ quanto chiede l’Udu alla rettrice dell’Università dell’Aquila Paola Inverardi alla luce della sentenza con cui il Tar del Lazio, la scorsa settimana, ha accolto il ricorso presentato dall’associazione studentesca contro la Statale di Milano, che aveva introdotto l’accesso programmato nei corsi di laurea umanistici.

Com’era prevedibile, la sentenza del tribunale amministrativo sta iniziando ad avere una serie di effetti a cascata ed è probabile che, nei prossimi mesi, ricorsi analoghi siano presentati contro altri atenei che hanno applicato il cosiddetto numero chiuso locale.

L’Udu L’Aquila, per il momento, ha notificato solo un’istanza preventiva di sospensione, visto che i test di ingresso non si sono ancora svolti. Se l’istanza, tuttavia, sarà disattesa, allora scatterà anche il ricorso amministrativo.

A spiegare, insieme ai rappresentanti locali dell’organizzazione studentesca, i profili giuridici della vicenda, è stato, in una conferenza stampa, l’avvocato Michele Bonetti - lo stesso che ha curato il ricorso contro l’Università Statale -  affiancato da Andrea Core, dell’esecutivo nazionale Udu.

“La sentenza del Tar del Lazio” hanno spiegato Bonetti e l’Udu “ha stabilito che i decreti ministeriali che in questi anni hanno introdotto alcuni requisiti per l’accreditamento dei corsi di laurea (rapporto professori/studenti, capienza strutturale delle aule ecc., ndr) non sono sufficienti a giustificare l’introduzione del numero programmato al di fuori di Medicina, Odontoiatria, Veterinaria e Ingegneria Edile-Architettura” ossia i corsi espressamente previsti dalla legge 264 nel 1999, che afferma che il numero chiuso va istituito solamente se il regolamento didattico prevede laboratori ad alta specializzazione e tirocini connessi al corso di laurea.

“Nel 2014” ha osservato l’Udu “quando la rettrice Inverardi promosse l’introduzione del numero programmato locale in quattro corsi di laurea, giustificò questa scelta come imposta da quei decreti che la sentenza del Tar ha dichiarato insufficienti dal punto di vista normativo. Nonostante le nostre richieste, la posizione della rettrice è rimasta tale anche negli anni successivi, imponendo poi nello scorso anno il numero programmato anche nella laurea magistrale in Psicologia. Riteniamo” ha affermato l’Udu affondando il colpo “che con la sentenza del Tar le nostre posizioni sul numero programmato trovino una risposta forte che smaschera le reali intenzioni e visioni della rettrice in merito al numero chiuso”.

Anche secondo l’avvocato Bonetti, la rettrice “non ha più scuse” e, qualora dovesse ignorare la sentenza del Tar continuando a perseguire la strada dell’accesso programmato, potrebbe anche esporre  l’Università a profili di responsabilità erariale e risarcitoria, visto che i test di accesso che i ragazzi devono sostenere sono a pagamento: “Il contenzioso è una perdita di tempo e di denaro per gli studenti e per la stessa università. Se la rettrice non bloccasse i test e non sospendesse il numero chiuso si esporrebbe, a nostro avviso, a diversi profili di danno e responsabilità erariale nei confronti degli studenti ma anche dell’università”.

Secondo Bonetti, i decreti ministeriali addotti dai rettori a giustificazione del numero chiuso non possono scavalcare la 264 “né può essere il ministro di turno, allargando e stringendo i parametri ministeriali, a decidere se tutta l’università italiana deve essere a numero aperto o chiuso”.

Il numero chiuso, secondo il legale ma anche secondo l’Udu, è in palese conflitto con il riconoscimento effettivo del diritto allo studio, è un regalo alle università private (che hanno buon gioco a fare incetta di quegli studenti che non riescono a passare i test di ingresso negli atenei pubblici) ed è anche una contraddizione in termini per un Paese che, pur continuando ad avere il più basso numero di laureati in Europa, anziché colmare questo gap allargando la platea degli studenti, mette sulla loro strada ostacoli che ne limitano l’accesso ai corsi universitari .

L’Università Statale ha già annunciato che ricorrerà contro la sentenza del Tar del Lazio, ma secondo Bonetti non c’è ragione per cui essa non debba essere “applicata” subito. Gli atenei e i rettori, in altre parole, non potranno tergiversare aspettando la sentenza di secondo grado, quella del Consiglio di Stato.

Anche perché proprio quest’ultimo, lo scorso anno, diede ragione all’Udu L’Aquila che aveva fatto ricorso contro il numero chiuso introdotto dall’ateneo del capoluogo nella laurea magistrale in Psicologia. Una sentenza che, secondo Bonetti e l’Udu, ha aperto in qualche modo la strada a quella del Tar del Lazio: “Siamo stati dei pionieri”.

L’Udu L’Aquila chiede alla Inverardi di ripristinare le iscrizioni libere nei cinque corsi di laurea che ora sono ad accesso programmato e di sospendere in autotutela i test, anche perché in nessuno di essi è stato raggiunto, né quest’anno né negli anni passati, il numero minimo di iscritti prefissato (lo scorso anno, ad esempio, Ingegneria Edile Architettura ha avuto 30 iscritti al test).

Secondo l’organizzazione studentesca, “la chiusura di questi corsi ha prodotto un duro colpo alle immatricolazioni e al numero degli iscritti dell’ateneo, soprattutto per quanto riguarda gli studenti fuori sede, visto che erano i corsi di laurea più attrattivi verso le regioni limitrofe quali Campania, Lazio e Puglia. L’introduzione del numero programmato è stato uno dei motivi principali del crollo delle iscrizioni - scese dalle 24 mila dell’anno accademico 2012/13 alle 17 mila odierne – e delle immatricolazioni, aumentate, nell’ultimo anno accademico, solo di 98 unità, a differenza di quanto accaduto in università come Chieti-Pescara, che ha registrato un incremento del 13,69%, o Camerno, dove l’aumento è stato del 23%. Peraltro questi sono numeri che abbiamo ottenuto dal Miur visto che la rettrice si è sempre rifiutata di darceli”. 

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