Ordinario di Scienza delle costruzioni, ricercatore di livello internazionale, già direttore di Dipartimento, Angelo Luongo è stato prorettore dell'Università dell'Aquila. Per anni fedelissimo di Fernando Di Orio, è stato poi esautorato per aver espresso dei dubbi sui livelli organizzativi della ricerca in Ateneo. In vista del prossimo 30 maggio, quando si sceglierà il successore del magnifico, NewsTown ha incontrato uno dei grandi favoriti per capire quali sono i suoi progetti di rilancio dell'Università dell'Aquila. E per capire cosa lo ha portato alla rottura con Di Orio.
Professor Luongo, in cosa vorrebbe differenziare l'Ateneo rispetto alla situazione attuale?
Nel "cosa si fa" e nel "come si fa". Il "come si fa" è totalmente rivoluzionario rispetto al passato. La mia politica è quella del bottom-up: le idee nascono dai dipartimenti e vengono portate all'attenzione degli organi, attraverso la collaborazione di tutti. In altre parole, auspico una forma di governo che apra un dialogo tra le componenti accademiche.Per quanto riguarda il "cosa si fa", invece, inizierei con il dare all'Ateneo un respiro internazionale, capace di guardare ai paesi emergenti. Si puo' fare con la creazione di campus che offrano dei servizi che oggi gli studenti non hanno. I ragazzi, il giovedì sera o il venerdì, tornano a casa perchè a L'Aquila non c'è niente da fare. E non si dica che il problema è il terremoto. C'è una carenza di servizi di intrattenimento: la vita sociale, prima del sisma, si svolgeva nel corso mentre, ora, non si sa più dove sandare. La mia idea, perciò, è creare delle opportunità in ambito culturale, con il teatro, il cinema, la musica, che devono tornare protagoniste della vita universitaria.
E cosa potrebbe fare l'Ateneo per essere d'aiuto?
Servono strutture e per le strutture è indispensabile l'intervento del pubblico, cioè del Comune. L'obiettivo, però, è stimolare anche i privati ad investire in questo progetto. Sia chiaro, per privati non intendo solo le multinazionali, intendo anche i cittadini di Roio e di Coppito che potrebbero formare delle cooperative, nuove imprenditorialità, nuove forme di investimento, nuovi bed and breakfast.
Penso, per esempio, alle biblioteche delle università aperte anche la domenica per tutti, a gite fuori porta a Roio che vuol dire avere una passeggiata attrezzata, un barbecue preparato. Come i romani vanno ai Castelli la domenica, gli aquilani potrebbero andare a Roio, purché si creino dei punti di interesse, non più per una città fantasma ma per una città palpitante.
Un altro punto sul quale insiste nel suo programma elettorale, da ricercatore, è ovviamente proprio la ricerca. Intende aumentare la qualità, i soldi per farlo ci sono?
Bisogna intanto cambiare mentalità: la ricerca è stata considerata erroneamente dalle università italiane complemento alla didattica, una sorta di hobby per ricchi sfaccendati. Ricerca e didattica, invece, devono essere complementari e andare di pari passo. Fondi esterni ce ne sono pochissimi, adesso però li distribuiamo a pioggia, senza investirli in dei punti di forza. Un altro aspetto fondamentale è rendere la ricerca applicabile nei poli di innovazione che, in Abruzzo, svolgono un ruolo fondamentale per lo sviluppo: la mia proposta è di entrare in tutti i poli, assumendo anche un rischio di impresa.
L'Automotive, il più grande polo di innovazione d'Abruzzo, ci ha chiesto di partecipare ad un progetto per la costruzione di un campus. Un investimento da cinque milioni di euro, di cui tre dal nostro ateneo. Per ora abbiamo rinunciato anche se, fortunatamente, il treno non è ancora partito. Andremmo quindi ad investire tre milioni di euro, che è una cifra enorme, ma il rendimento sarebbe ben maggiore perchè l'università potrebbe prestare dei servizi alle imprese, a pagamento.
Bisogna, allora, assumere una mentalità imprenditoriale che fino a ieri non c'era.
Qual'è il suo rapporto con Di Orio, adesso?
E' ottimo. Tutti sanno che sono stato esautorato dal rettore uscente: sui giornali, però, non troverà una mia parola di rammarico o di rivalsa perché penso che sia giusto che il rettore scelga i propri collaboratori a sua immagine e somiglianza.
In quell'occasione lei aveva espresso un parere negativo sulla situazione della ricerca nell'Ateneo.
Sì, ma non era una critica Il rettore l'ha interpretata male. Avevo semplicemente sottolineato che la ricerca in Italia è indietro per quel che riguarda l'autovalutazione. Non intendevo, insomma, criticare l'operato di Di Orio. Evidentemente c'erano altri problemi, una incompatibilità tra di noi, del tutto ragionevole.
Un'incompatibilità che si riflette anche in una sua linea direzionale differente rispetto a Di Orio.
Sì ma io fino a quel momento ho svolto il mio dovere in maniera assolutamente onesta, nel senso che ho fatto quello che mi si chiedeva di fare. All'approssimarsi della scadenza elettorale, in vista di una nuova era, ho cominciato a pensare con la mia testa, cosa che è incompatibile con il ruolo che rivestivo. Il prorettore deve rendere conto solo al rettore e quindi il rettore ha fatto bene a cacciarmi. Non ho nessuna rivalsa perché è giusto che lui scelga una persona che la pensi come lui.