Il 21 marzo è la Giornata mondiale per l'eliminazione delle discriminazioni razziali. Anche L’Aquila, nel suo piccolo, sta dando il suo contributo in questa battaglia sociale. E' stato infatti presentato questa mattina, presso la sala riunioni del rettorato, il progetto dell'Università degli Studi dell’Aquila, UniDiversità. Il progetto - nato in partenariato con le associazioni Ricostruire Insieme e Comitato Territoriale Arci dell'Aquila e finanziato dal Ministero dell’Interno - mira alla creazione di una società basata sulla convivenza e sulle differenze culturali.
A questo scopo, sono stati selezionati in venti tra cittadini e studenti italiani e stranieri che, dopo essere stati accompagnate lungo un percorso formativo, hanno creato cinque tavoli di progettazione partecipata. I ragazzi cercheranno di coinvolgere quante più persone interessate a portare avanti iniziative volte a favorire la convivenza e l’integrazione in modo da creare una contaminazione e una collaborazione tra cittadini e studenti che possa proseguire nel tempo.
"Si tratta di un’iniziativa importante - ha commentato la rettrice dell'Università degli Studi dell’Aquila, Paola Inverardi - non solo perché unisce università e associazionismo ma anche perché non si ferma alla formazione ma spinge verso lo sviluppo del territorio".
"Le nostre società sono in piena mutazione - ha invece detto Jean Pierre Ndayambaje, referente dell'associazione partener, Ricostruire insieme - e si tratta di una mutazione strutturale, perciò è importante che ci sia un’istituzione come l’Università che si occupi della creazione di una società multiculturale. Dobbiamo riconoscere che nulla sarà come è stato fino ad ora".
Certamente l’integrazione e l’abbattimento dei pregiudizi sono temi più che mai attuali, non solo in questo momento storico ma anche e soprattutto in una città come L’Aquila in perenne divenire dal punto di vista sociale. Quello che però un’iniziativa come questa sembra voler riaffermare è la volontà di ricostruire la città partendo dalla sua peculiarità, da ciò che la rende diversa dalle altre realtà.
"Se vogliamo cambiare il mondo - ha detto Farnaz Mirzapoor, coordinatrice del progetto - non possiamo non partire da noi stessi e per fare questo dobbiamo rompere gli schemi: mettere da parte le resistenze, dare fiducia e credere nel gruppo. Le brutte notizie si diffondono molto velocemente ed è cavalcando questa tendenza mediatica che, a mio parere, l’Isis è riuscito a crescere ma io voglio chiedere ai giornalisti di dare forza alle buone notizie come questa, perché sono queste le nostre armi".
Nel corso del suo intervento Farnaz, iraniana ma da molti anni in Italia, ha indossato il velo. "Il gesto del velo - ha spiegato - vuole essere provocatorio: sta a significare che sono una donna musulmana ma anche che voglio dire 'no' ai fondamentalismi, di ogni tipo".
A dare il via al progetto è stato uno studio sulla condizione degli studenti italiani e stranieri, curato dal professor Alessandro Vaccarelli, docente di pedagogia presso il Dipartimento di Scienze Umane. Agli studenti dell’Aquila sono stati dati dei questionari dai quali è emerso un quadro molto interessante.
"Innanzitutto rispetto al passato, - ha spiegato il professore Vaccarelli - la tipologia dello studente straniero è cambiata. Si è infatti aggiunta, oltre alla figura dello studente internazionale che proviene da Paesi come l'Iran, la Palestina o o il Camerun, la figura dello studente figlio di emigrazioni. Si tratta di un numero rilevante di ragazzi che arrivano all’università dopo aver attraversato molti ostacoli".
"I problemi che i ragazzi incontrano - continua Vaccarelli - possono essere legati sia ad aspetti pratici o burocratici, come ad esempio la conoscenza della lingua italiana, sia al clima psicosociale dato da pregiudizi e discriminazioni".
Inoltre il professore fa sapere che, per molti di loro, non c’è una forma di continuità tra scuola e università: su 100 diplomati stranieri, solo 35 si iscrivono all’università, a fronte di 50 italiani.
Quello che i dati del professor Vaccarelli mostrano è dunque il punto di partenza da cui si muoveranno i cinque tavoli di progettazione partecipata, ognuno prenderà poi una propria "strada". Quattro verranno realizzati nei poli universitari di Scienze Umane, Roio, Coppito e della residenza Campomizzi. Il quinto, rivolto alla città (si può farne parte anche solo a titolo di uditore), avrà come obiettivo specifico quello di costruire dei percorsi che portino a far conoscere nella nostra città le tante culture che la abitano per inventare nuove possibilità di convivenza. Gli incontri si terranno settimanalmente fino a giugno.
Per partecipare ai tavoli:
Tavolo Campomizzi - 24 marzo ore 16, blocco C ( Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. )
Tavolo Città - 30 marzo ore 18,30, sede di Ricostruire Insieme in Piazza D’Arti ( Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. )
Tavolo Coppito - 25 marzo ore 17, Dipartimento di Medicina ( Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. )
Tavolo Roio - 26 marzo ore 15, Facoltà di Ingegneria, Roio ( Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. )
Tavolo Scienze Umane - 24 marzo ore 14, Dipartimento di Scienze Umane, aula 3A ( Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. )