Dopo un periodo di silenzio, Ferdinando Di Orio incontra StudenTown nel suo studio, alla Reiss Romoli. Il mandato del Rettore più discusso nella storia dell'Ateneo aquilano sta giungendo al termine. Dopo aver guidato l'Università per nove anni - in seguito a ben due proroghe - è giunto il momento di tirare le somme. In questo momento, “c’è da portare a termine alcune questioni che sono state sospese negli ultimi mesi” ha detto Di Orio, per lasciare l’Univaq "in buona salute" alla neo-eletta Paola Inverardi.
L'unità d'intenti, fino al primo ottobre, sarà essenziale per decidere dei provvedimenti amministrativi che interesseranno l'Ateneo. Collaborazione che si prospetta difficoltosa, considerando che Di Orio non perde occasione per sottolineare la distanza fra le proprie idee e le strategie di risanamento che Paola Inverardi ha in mente per il futuro. “L'importante è che tutte le scelte si faranno saranno utili alla nostra città, al nostro territorio", sottolinea il rettore uscente.
Dopo aver affrontato l’emergenza del dopo terremoto, le tante critiche riguardo alla gestione dell'istituzione accademica e le "guerre intestine" all'Ateneo, Ferdinando Di Orio appare sereno, almeno all’apparenza. Le critiche e le accuse sembrano non averlo scalfito: "non considero queste cose importanti, vado avanti per la mia strada”.
Il suo mandato avrà ufficialmente fine il primo ottobre. Quali sono i suoi propositi per questi ultimi mesi da rettore?
Ci sono da affrontare alcune questioni importanti, che sono state sospese in questi mesi: mi riferisco, in particolare, alle attività di carattere sanitario. Vanno risolte le convenzioni per le strutture assistenziali con l'Asl di Teramo. Dobbiamo realizzare, poi, una convenzione quadro con la Regione Abruzzo per tutte le attività di assistenza. E' mio impegno, come Rettore, lasciare al mio successore una situazione ben definita dal punto di vista assistenziale.
Per quanto riguarda i rapporti fra l'Ateneo e l'Asl dell'Aquila?
Abbiamo già la convenzione, credo sia fra le più importanti che siano state fatte in questa nostra realtà aquilana. Abbiamo convenzionato settantaquattro medici universitari, cosa che non si era mai verificata. Faccio notare che, soltanto quindici anni fa, avevamo in convenzione non più di quindici medici universitari. Questo è molto importante, perché chi studia medicina ha bisogno di strutture assistenziali. Oramai all'Aquila abbiamo coperto le intere specialità della formazione accademica: possiamo fare un ottimo lavoro all'interno delle strutture ospedaliere.
Che "bilancio" fa alla fine di questi nove anni alla guida dell'Ateneo?
Bisogna un po' distinguere il "bilancio". Sono stato il rettore che ha vissuto l'esperienza drammatica del terremoto. Di conseguenza questi nove anni sono profondamente diversi. Il primo mandato, dal 2004 al 2007, è stato un periodo di grandi realizzazioni. Penso alla nuova sede del rettorato, al centro congressi, alla bellissima struttura di San Basilio. Abbiamo portato avanti un lavoro importante per la realizzazione di nuove facoltà: quella di Psicologia, di Biotecnologie. Così, siamo passati dall’essere un piccolo-medio ateneo ad un grande ateneo. Dal 2004 ad oggi abbiamo 12000 studenti in più. A sentire qualcuno, un numero troppo alto di iscritti andrebbe a deprimere la qualità dell'offerta formativa: la considero una sciocchezza. L'Università deve fornire il diritto agli studi a quanti più studenti possibile. Leggendo i numeri dei ragazzi che ottengono una laurea, l'Italia è indietro rispetto ad altri paesi europei. C’è da combattere questa tendenza. Oltretutto, non viviamo in una zona ricca, quindi è impensabile che i nostri studenti universitari possano studiare altrove. Non ci scordiamo che sono stati proprio questi studenti a permetterci di sopravvivere dopo il terremoto. I due accordi di programma che ho firmato dopo il sisma, estremamente complessi, li ho potuti realizzare perché portavo in dote una quantità di studenti molto alta (27.000 iscritti). Se fossero stati di meno non avrei ricevuto alcun ascolto dalle istituzioni.
Nonostante il numero di iscrizioni sia aumentato è fortemente diminuito il numero di studenti residenti all'Aquila.
Perché non ci sono state e non ci sono abitazioni. Anch'io sono senza casa, non è una novità. Abbiamo vissuto un fenomeno di pendolarismo molto alto, che adesso sta rientrando.
E quali sono i provvedimenti da prendere per invertire in maniera decisa tale tendenza, anche in previsione del fatto che fra poco si torneranno a pagare le tasse?
In futuro penso che tutte le abitazioni realizzate a L’Aquila nel dopo terremoto, ovviamente quando saranno ricostruite le case degli aquilani, dovrebbero essere messe a disposizione degli studenti. Magari con un prezzo politico, o addirittura nullo, che possa permetterci di mantenere il numero di iscritti. Continuo a credere che la popolazione studentesca è la grande forza di questa università, anche se qualcuno non la pensa così. Siamo l'unico Ateneo in controtendenza in Italia. Non nascondo che questo è dovuto al fatto che qui i ragazzi non pagano le tasse, ma in altro modo non avremmo raggiunto tale obiettivo. Prima del terremoto, una delle cose più importanti che abbiamo fatto è stata la "Carta degli studenti". Qui gli studenti vengono perché trovano una qualità della didattica e della ricerca, ma anche un confronto attivo con l'istituzione e la città.
Il mandato nel post sisma?
E' stato tremendo. Ho fatto molte cose nella vita prima di fare il rettore, sono stato anche parlamentare, però mai avevo provato un'esperienza così difficile. Ho passato più di venti giorni senza vedere la mia famiglia, che nel frattempo si era trasferita a Roma, perché casa nostra era crollata. Per varie notti ho dormito nelle tende, ed è giusto così, era il mio dovere. Spero che nessun mio successore possa provare un'esperienza simile. Ricordo quando abbiamo fatto le lauree con i nostri ragazzi, in mezzo al fango, nelle tende che avevamo strappato con le unghie e con i denti. Abbiamo fatto in modo che nessuno studente perdesse la minima attività formativa svolta. Nessun esame è stato rinviato o saltato, anche se con molte difficoltà. Ora è diverso, viviamo una situazione più tranquilla. Merito dello sforzo che è stato dedicato a trovare delle sedi provvisorie, per portare avanti didattica e ricerca. Faccio notare che, all'indomani del terremoto, avevamo perso tutte le strutture. E pur di lavorare ci siamo riuniti nell’atrio della facoltà di scienze, inagibile anche quella, con i caschetti in testa per proteggerci e con ancora tanta paura.
Ho due soddisfazioni enormi: la rete universitaria, che è stata attivata intorno al 12 aprile, e l’aver ripreso il 19 ottobre l'anno accademico 2009/2010. Quel giorno, il 19 ottobre, lo annovero fra le date più importanti della mia vita, insieme al mio matrimonio e la nascita di mia figlia. Le istituzioni mi dicevano che ormai l'Università dell'Aquila era finita: anche Berlusconi pensava fosse impossibile riprendessimo le attività, perché la terra continuava a tremare e gli studenti non sarebbero tornati in città. Tutti mi offrivano posti dove trasferire l'Ateneo, a Chieti, Pescara, a Pineto. Ma noi eravamo l'Università dell'Aquila, e non potevamo andare via dalla città. E' stata la cosa più difficile da far comprendere. Se l'università si fosse allontanata, anche solo per sei mesi, non sarebbe più tornata all'Aquila. Mi sono giocato tutto per farla rimanere qui. Adesso, che siamo il patrimonio più importante di questa comunità, mi auguro che tutti abbiano capito quanto siano valsi i nostri sforzi.
C'è stata collaborazione da parte delle istituzioni locali?
C'è stata a tratti. Nell'immediato dopo terremoto Bertolaso ci negò persino le strutture istituzionali, perché diceva che i nostri studenti erano delle "realtà sensibili" e non potevano stare alla Guardia di Finanza. Quello che abbiamo ottenuto è stato frutto dei nostri sforzi, e mi auguro che ci sia la possibilità di andare avanti per questa strada. Riporto un caso: per il dipartimento di Scienze Umane, che ho inaugurato lo scorso anno, ho dovuto insistere in modo incredibile per realizzare una conferenza di servizi con il Comune così che gli studenti avessero la mensa e i trasporti. E' stato molto difficile ottenere il dialogo con le istituzioni e devo dire che è stato anche molto lento il modo di attivare i servizi.
E per quanto riguarda la presenza di eternit nelle strutture adiacenti al dipartimento di scienze umane?
Lo sgombero deve essere fatto dall'Asl, perché loro sono i proprietari di quella struttura. L'Università ha già scritto un paio di volte per segnalare il problema e per chiedere che venisse rimosso l'eternit che, allo stato attuale, è ancora integro.
Ci sono state numerose polemiche in seguito all’inchiesta sui presunti affitti gonfiati delle sedi dell'Ateneo. Non vogliamo entrare nel merito delle indagini: cosa ha spinto in quei mesi l'Università a firmare i contratti? Ci sono stati errori della governance o la colpa è anche di una città che, in quel momento, non si è dimostrata abbastanza determinata nel difendere l'Ateneo?
Solo un contratto ci è stato contestato, per l’affitto del nucleo ex-Optimes, di cui non mi sono minimamente occupato. A queste cose pensano i dirigenti amministrativi. In ogni caso, considero importante aver dato l'input di restare all'Aquila. Penso che i miei dirigenti e i miei funzionari abbiano fatto bene a cercare quelle sistemazioni. Il fatto che si sia poi verificata questa differenza fra il prezzo stimato e il prezzo reale di mercato mi incuriosisce molto. Noi avevamo circa 6000 studenti ad Ingegneria, e quella era l'unica struttura in grado di accoglierli. Quindi abbiamo fatto il nostro dovere. Serenamente affronterò anche il processo perché sono orgoglioso di aver permesso all’Univaq di restare in città. Poi se qualcuno di noi deve essere in qualche modo esposto a critiche e a commenti non mi importa nulla, per me lo scopo era avere la facoltà di Ingegneria all'Aquila.
E' stato spesso accusato di aver guidato l'Ateneo aquilano in maniera autoreferenziale, rivolgendosi maggiormente ad una parte dell'Univaq piuttosto che alla totalità delle componenti accademiche. Come si pone nei confronti di tali critiche?
Sono sciocchezze. L'Università si governa attraverso gli organi accademici. Bisogna passare dalle decisioni del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione. E' assurdo pensare che io sia un monocrate. Penso che ci sia una caduta di tono nel pettegolezzo, ma non mi interessano queste cose e vado avanti per la mia strada.
In molti hanno scritto e detto che la Cifone fosse una "dioriana", e la stessa professoressa ha sempre difeso il suo operato. Ha vissuto la sconfitta della professoressa anche come una sua sconfitta?
Assolutamente no, le sconfitte personali si hanno quando ci si candida e si viene bocciati. Personalmente, tutte le volte che mi sono candidato ho vinto le elezioni, da preside della facoltà di medicina e da rettore. E’ una sciocchezza parlare di continuità o discontinuità. Come ha detto il mio predecessore al rettorato, Schippa, la continuità si può avere quando si candida il rettore uscente. Non è stato questo il caso. La professoressa Cifone, alla quale va tutta la mia stima, ha portato avanti un'avventura molto importante. E anche se tutti si sono divertiti a fare i guelfi e i ghibellini, la mia stima va anche alla professoressa Inverardi. Spero si faccia l'interesse dell'Università. In questi mesi, per colpa di un gruppo scomposto di persone che ha trattato l'università come fosse un comune di 1000 abitanti, si è vissuta una guerra vergognosa. Sono anche stati affissi dei manifesti indecenti. E' bene che si sappia che tutti hanno preso le distanze da questi personaggi, anche la professoressa Inverardi.
Cosa pensa di fare una volta che il suo mandato sarà decaduto definitivamente?
Vorrei dedicarmi alla mia attività di professore universitario, che ho sempre svolto con passione. Appartengo ad una scuola importante, collaboro con varie regioni d'Italia e continuo ad essere impegnato sul piano scientifico e culturale. Sono stato, fino ad oggi, il priore di un convento: ora torno a fare il frate. La parte più importante della mia vita universitaria non è stata quella da rettore, bensì quella da professore. Non ci rinuncerò mai: c’è chi ha provato a mettere in campo chissà quali strategie per farmi fuori e c'è un dato che mi allarma, in tutto questo: le illazioni, prive di fondamento, vengono riportate anche dai mezzi di informazione.
Pensa di rimanere all'Università degli studi dell'Aquila?
Appartengo ad una scuola molto importante in italia, quella degli igienisti, e mi occupo di medicina preventiva. Sono molto legato all'Aquila, anche se ho avuto momenti di delusione, in particolare quando si è sottolineato che la neo- eletta Paola Inverardi fosse aquilana. Questa cosa mi ha ferito, perché ho dato tanto a questo territorio, più di molti aquilani. Ho fatto anche il senatore per questo territorio e sono, a tutt'oggi, il parlamentare che ha operato di più in favore dell’Aquila. In ogni caso, ritengo che qui vivrò e porterò avanti la mia vita. Non vedo una mia scelta di vita lontana da questa città, non me la immagino. Se poi verrò chiamato per un periodo transitorio a ricoprire un'altra cattedra lo farò senza problemi.
E per quanto riguarda la Fondazione dell'Università degli studi dell'Aquila? Ha intenzione di continuare ad esserne il Presidente o cederà il posto?
Fino alla scadenza, poi il nostro statuto prevede che ci siano proposte da parte del rettore e del Consiglio di amministrazione. Dunque, fino alla scadenza resterò presidente. Oltretutto, proprio stamattina ho visitato dei locali per realizzare l'incubatore di aziende, un'opera della Fondazione Universitaria.
Che rapporto ha intenzione di costruire da qui a ottobre con la nuova rettore?
Assolutamente di collaborazione. Comportamenti sciocchi, i manifesti, gli attacchi personali, non sono la tradizione. Il rettore uscente, come fu per me il professor Bignardi, collabora con il rettore entrante. Prima del voto, ho fatto mettere a verbale che d'ora in poi tutti gli atti saranno concordati con il nuovo rettore. Quindi da parte mia c'è un'attenzione, come è giusto che sia, verso l'università che andrà a costruire Paola Inverardi. E' chiaro che non posso prendere in questo periodo provvedimenti che siano contrari alle sue volontà. Concorderemo insieme l'ordine del giorno del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione, le risposte da dare per quanto riguarda le scelte che faremo.
Cosa pensa riguardo alle strategie per risollevare l'Ateneo che ha intenzione di attuare la nuova rettore?
La professoressa Inverardi è una persona di grande esperienza. Ha fatto tante cose nella vita. Credo che lei sia già convinta di quale sia la sua strategia. E’ chiaro: abbiamo in mente un modello d'università profondamente diverso. Tengo molto, come detto, ad un Ateneo capace di accogliere tanti studenti. Inverardi, al contrario, fa più un ragionamento di eccellenza, di qualità. Da questo punto di vista, potrò essere utile soltanto per quel che riguarda le vicende estremamente tecniche, non certo sulle questioni politiche. Lascio un'università che sul piano economico è virtuosa, con un accordo di programma che dura ancora per un anno e mezzo. Quindi la professoressa avrà tutto il tempo per mettere in pratica le sue proposte. A settembre o ad ottobre inaugureremo la sede di Roio. Spero che tutte queste opere siano utili alla nostra città e al nostro territorio, perché la prima cosa per noi deve essere lo sviluppo dell'Aquila, dell'Abruzzo e del Paese, il resto dipenderà da come si affronteranno le questioni.
Quindi da settembre, massimo ottobre, la facoltà di Ingegneria tornerà a Roio.
E lasceremo finalmente la ex-Optimes. Sì, è tutto pronto.
E per quanto riguarda la facoltà di Economia? Non dovrebbe spostarsi proprio negli stabilimenti dell'ex-Optimes, con la governance?
No, forse… Vedremo cosa succederà con lo stabilimento Felix, ma questi sono piani che già mi superano. Arrivo a questo step e poi toccherà al nuovo rettore.