Si fa un gran parlare dei "giovani" nel denso, confusionario e talvolta sclerotico dibattito pubblico nella L'Aquila post-sisma. Tra la ricostruzione lenta del centro storico, un progetto faraonico da un lato e una grande opera dall'altro, sovente la classe dirigente e i cittadini comuni sottolineano il concetto, semplice quanto tautologico, secondo il quale "il futuro della città sono i giovani".
Ma, al di là del futuro e del (mancato) passato di tanti giovanissimi che vivono lo strambo capoluogo d'Abruzzo ogni giorno, quali sono le condizioni presenti e reali degli studenti in città? Abbiamo parlato mille volte delle condizioni dei più piccoli, costretti nei moduli ad uso scolastico provvisorio (musp) - i container di nuova generazione all'interno dei quali sta crescendo un'intera generazione di aquilani - ma meno spesso si discute delle condizioni infrastrutturali in cui versano le scuole, che potremmo definire "definitive", dell'Aquila.
L'istituto "Leonardo da Vinci - Ottavio Colecchi", nato nel 2013, comprende nella zona di Acquasanta-Collesapone gli indirizzi tecnici per geometri, l'indirizzo commerciale, e quello per esperti del settore agrario-forestale (rispettivamente ex ragioneria ed ex istituto agrario); nella zona di Valle Pretara (via Aldo Moro), invece, ci sono gli indirizzi alberghiero e odontotecnico. In tutto, quasi 800 studenti.
A Collesapone, ad esempio, alcuni dei bagni sono allagati da una settimana. A denunciarlo a NewsTown è Riccardo Cicchetti, rappresentante d'istituto al "Colecchi" e membro della neonata consulta comunale giovanile: "La scuola ha inviato ben due fax alla provincia dell'Aquila (proprietaria degli stabili, ndr), senza ricevere risposta - sottolinea - siamo d'accordo su tutto quello che si dice del futuro della città, sull'importanza dell'Università e del centro storico, ma la parte fondamentale è la scuola". Nei locali di Collesapone ci sono inoltre spesso problemi legati agli impianti di riscaldamento e a quelli fognari.
Negli edifici nuovi nel quartiere di Valle Pretara, che ospitano gli indirizzi alberghieri e odontotecnici, c'è invece il problema paradossale della mancanza di una palestra. La struttura, i cui fondi necessari alla costruzione sono stati donati da privati nel post-sisma, è ad oggi un timido cantiere fermo. Ci sono solo i pilastri, ma mancano le tamponature interne ed esterne. Sarebbe inoltre addirittura stato montato il tetto con gli scoli per l'acqua nel lato sbagliato. E quindi dove vanno gli studenti, i "giovani che sono il futuro della città", nelle ore dedicate all'educazione fisica? A chilometri di distanza, nell'area sportiva gestita dal Centro universitario sportivo (Cus) di Centi Colella, cui secondo il rappresentante d'istituto Cicchetti viene corrisposto un affitto di 80mila euro l'anno, oltre ai costi che la scuola deve sostenere per il nolo del bus Ama, necessario al trasporto dalla scuola alla palestra e ritorno: "A conti fatti, due ore di ginnastica a settimana diventano 40 minuti effettivi, tra viaggio di andata e di ritorno". Di sabato, invece, le classi vengono ospitate a Collesapone dai "cugini" del Colecchi.
A questo, fuori dalle aule si aggiunge una vita quotidiana non certo facile per i giovani aquilani: trasporti a singhiozzo, distanze siderali tra una zona e l'altra, latitanza anche nei quartieri più popolati di aree verdi attrezzate e di punti di ritrovo, anche in centro: "Vorremmo e chiediamo da anni zone ricreative, soprattutto in centro storico, come era una volta la biblioteca provinciale Tommasi, dove i giovani si ritrovavano, si incontravano, studiavano e parlavano", sottolinea Cicchetti.
Disagi fuori e dentro le scuole che sono ammorbiditi, secondo il rappresentante del "Colecchi", dalle ultime "buone nuove" in tema di alternanza scuola-lavoro, emanate dal governo: "Per quanto riguarda gli istituti tecnici - evidenzia - i ragazzi del triennio entrano nel mondo del lavoro con 400 ore di tirocinio. All'Aquila, per esempio, stiamo progettando zone verdi e collaboriamo con un cantiere della ricostruzione in centro storico".
A maggior ragione, dunque, si rendono necessarie le "buone scuole".